Anche in Europa il solito Milan si ferma al palo

Franco Ordine

nostro inviato ad Atene

Milan qualificato. E al primo posto, grazie al pareggio dei francesi del Lille. Qualificato ma battuto per la prima volta in Champions e con una lista di infortunati sempre più lunga, sempre più inquietante. Succede di tutto tra il prima, il durante e il dopo. Alle sfortune, si aggiungono gli sfondoni degli attaccanti, Inzaghi su tutti, che manca uno, due, tre gol fatti prima che Dida compia la solita papera delle sue serate peggiori.
Fatalità o fragilità? Forse l’una e l’altra stravolgono la partenza del Milan qui ad Atene, complicata dalla resa di Cafu e Jankulovski, prima di cominciare, per via di acciacchi che non si possono vincere in poche ore. Durante il riscaldamento, si ferma per un dolore tra petto e spalla anche Simic e Ancelotti invece di reclamare una benedizione collettiva sposta Brocchi sulla linea della difesa mentre Gourcuff rispunta nei tre di metà campo. E fin qui è niente se paragonato a quel che accade nei primi venti minuti della sfida. Il Milan prende di petto l’Aek, lo stritola nella sua metà campo, si procura almeno quattro golose palle-gol ma le spreca in modo sciagurato. Tre volte Inzaghi, solo davanti a Sorrentino, invece di stregarlo alla sua maniera, si lascia condizionare dalla paura di sbagliare. E se uno del suo calibro e del suo valore non ha il piede freddo, può succedere in modo plateale. Sorrentino, il portiere italiano, si esalta con un paio di uscite, la terza volta è Pippo che sbava la conclusione a colpo sicuro dopo una deviazione favorevole. Imitato anche da Kakà che da angolo coglie l’esterno della rete a meno di due metri dalla meta.
Poiché la legge dura e spietata del calcio è sempre in agguato, alla prima opportunità, i gialli di Atene passano e il Milan si ritrova addirittura sotto. Qui in verità bisogna chiamare in causa l’arbitro, l’esordiente olandese, e il portiere Dida: uno trasforma in punizione dal limite un tuffo dell’attaccante Liberopoulos, l’altro commette un errore clamoroso partendo verso l’altro palo protetto dalla barriera e lasciando scoperto il suo, su una palletta moscia, che batte a terra prima di chiudere la corsa nell’angolo. È solo sfortuna? No, ci sono errori e demeriti che derivano dalla testa e dal cuore dei milanisti: sono inquieti, insicuri, incerti, assaliti dalla paura. E sbagliano. Sbagliano a ripetizione. Anche se devono infilare le chiavi nella toppa della porta, sbagliano.
Perciò non deve affatto meravigliare se, nella ripresa, il Milan, proprio come a Empoli, non riesce a rimediare al risultato. Anzi, invece di prender quota, è come se si inabissasse nel mare con il suo gioco involuto che va in grande difficoltà appena l’avversario si chiude nella propria metà campo tagliando i viveri ai centrocampisti. Naturalmente anche in questa frazione c’è una bella porzione di maledizione che continua a inseguire le armate berlusconiane e che si possono riconoscere non solo nel palo pizzicato da Inzaghi in avvio di ripresa (si tratta del dodicesimo in tredici partite, una collana impressionante) ma anche nell’infortunio capitato a Dida quando trova lo scatto di reni per andare a deviare una palletta velenosa di Julio Cesar. Il portiere brasiliano evita lo 0 a 2 ma si procura un infortunio al ginocchio sinistro: forse menisco, chissà. Prova a resistere con dosi massicce di anestetico ma poi deve farsi da parte. E l’assalto del Milan diventa un desolante tentativo di passare con palloni alti dove svetta Dellas. E la prima sconfitta in Champions prende forma e sostanza nello stadio di Atene.

Il Milan continua a perdere partite, una dopo l’altra (cinque sconfitte nelle ultime nove), ma quel che preoccupa ancora di più è che continua a perdere giocatori. È come una vecchia, logora macchina uscita da una impolverata strada col motore che fuma e la carrozzeria che perde pezzi. Son tornati i rottoneri.

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