«Anche l’Italia chiuderà le porte per bloccare il terrore islamico»

La Lega: «Non è stato consultato Castelli». Calderoli ironico. La risposta del Viminale: erano solo indicazioni

Alessandro M. Caprettini

da Roma

«Il terrorismo bussa alle porte d’Italia» rileva in toni gravi nell’aula di Montecitorio Giuseppe Pisanu, predicando «concordia politica» e snocciolando una serie di interventi - «ma nessuno pensa a leggi eccezionali» puntualizza - che dovrebbero essere attuati per prevenire le possibili minacce. Ma la sorpresa, perché di essa si tratta, il ministro degli Interni la confina in un angoletto, quasi al termine della sua informativa alla Camera. «Asseconderemo, com’è nostro dovere - dice infatti - la decisione della Francia di sospendere gli accordi di Schengen. E per parte nostra preferiamo rafforzare la sorveglianza lungo i confini con l’Austria e la Slovenia».
Stop alla libera circolazione nella Ue. Possibile? Tutto vero. In serata dal Viminale ammettono che sono già alcuni giorni che i doganieri francesi son tornati al lavoro - su esplicito ordine di Parigi che, come da trattati, s’è limitata a comunicarlo agli altri soci Ue - e chiedono i passaporti a chi proviene da Stati confinanti. Ma forse non è che l’inizio: perché quest’oggi, nel programmato summit dei ministri degli Interni dei 25 è più che probabile che la sospensione di Schengen finisca all’ordine del giorno. Il che significherebbe la ripresa dei controlli a tutto campo alle frontiere, nei porti, negli aeroporti di tutta Europa.
Un passo indietro forse inevitabile, vista la gravità del momento. Pisanu del resto, che nei giorni scorsi ha parlato a lungo col suo omologo britannico, ha fatto sapere che Londra ritiene che alcuni attentatori siano ancora nell’isola. Che possano tornare a colpire. Come del resto si pensa che anche l’Italia sia nel mirino del fanatismo islamico.
«L’esistenza di questa minaccia - ha detto il ministro degli Interni ai deputati che l’ascoltavano in religioso silenzio - non è avallata da elementi precisi e inconfutabili. Tuttavia la valutazione di circostanze e indizi convergenti ci spinge a considerarla possibile. Prego perché i fatti mi diano torto, ma al tempo stesso sento l’obbligo di fare il possibile per continuare a tenere ben salde le porte di casa».
Alcuni provvedimenti sono già stati presi: Pisanu è tornato a parlare dei 13mila obiettivi sensibili su cui vigilano costantemente le forze dell’ordine e dei 2.500 militari che «sorvegliano numerosi altri siti» in numerose province, ammettendo che fino a questo momento stazioni ferroviarie e porti erano un po’ l’anello debole della catena, per la loro «vulnerabilità». Ma è piuttosto su quanto vorrebbe fosse fatto - in attesa delle decisioni comuni che si dovrebbero prendere quest’oggi a Bruxelles - che naturalmente si è soffermato più a lungo. Niente leggi eccezionali, comunque, come pure qualcuno avrebbe preferito: «Non possiamo limitare la libertà dei nostri cittadini per combattere i nemici della libertà. Se lo facessimo, concederemmo loro una vittoria».
Si tratta piuttosto di concretizzare «limitate modifiche o mirati adattamenti» delle leggi in vigore. Come ad esempio estendere all’antiterrorismo misure già utilizzate nella guerra contro la mafia, tipo i “colloqui investigativi” con i detenuti (a scopo di prevenzione) o di istituire un “permesso di soggiorno per motivi investigativi” per i possibili informatori. Ancora, il Viminale, che rivendica titolarità unica nella guerra al terrore, vorrebbe controlli più stringenti per chi si addestra al volo, l’estensione del fermo di polizia da 12 a 24 ore, e la nominatività delle schede telefoniche così come si fece con le denunce degli affitti nella guerra alle Br. Ancora, si chiede l’adozione di intercettazioni preventive e l’accesso alle banche dati dei gestori telefonici e di Internet. Anche una modifica alle norme sul terrorismo, per colpire meglio le ramificazioni internazionali, sarebbe gradita. Così come un «miglior coordinamento» della magistratura che, pur nella sua autonomia, dovrebbe cercare di unificare indagini e metri di giudizio. E naturalmente il tutto dovrà esser condito da provvedimenti di espulsione per «motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato».
Naturalmente tutto ciò ha un costo. Pisanu non l’ha nascosto, ma ha anche precisato di aver avuto «rassicurazioni tanto dal presidente del Consiglio che dal ministro Siniscalco». Ma accanto a tutto ciò, il titolare del Viminale ha chiarito che il Governo muoverà anche sul fronte diplomatico. Gianfranco Fini - ha annunciato - incontrerà nei prossimi giorni gli ambasciatori dei Paesi islamici accreditati, visto che è necessario approfondire il dialogo col «fronte moderato che considera il terrorismo un nemico comune».

E lui stesso muoverà sui Paesi sull’altra riva del Mediterraneo per costruire una rete ancor più efficace che blocchi l’immigrazione clandestina, nelle cui pieghe, spesso, si possono celare gli estremisti. A questo proposito Pisanu ha rivelato di esser volato la sera prima nella Sirte dove ha incontrato Gheddafi per rafforzare ulteriormente la cooperazione italo-libica. A quanto pare, con buoni risultati.

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