Anche Travaglio tiene famiglia Ecco il girotondo dei suoi parenti

MilanoLa domanda è di quelle che seminano inquietudini: ma quanti sono i Travaglio? C’è già Marco: sulla rete, sulle reti, sul satellite, sugli scaffali. Dappertutto. La parte del Paese che non ne può più dei suoi sermoni, che i suoi fan considerano orazioni civili, pensava di aver pagato un obolo più che generoso alle ragioni del politically correct. Errore. Ora si scopre che la parola va coniugata e maneggiata al plurale: i Travaglio. La moglie di Marco, Isabella, dialoga su Facebook con, nientemeno, Gioacchino Genchi, il perito del Pm Luigi De Magistris, il tecnico che avrebbe monitorato mezza Italia. Non solo: Bruno Tinti, l’ormai ex Pm ed ex magistrato, dopo essere stato folgorato da Travaglio senior, classe 1964, e avergli dedicato il suo bestseller «Toghe rotte», ora è inciampato per la seconda volta nella famiglia e ha scoperto Franco Travaglio, un «ottimo regista». Soprattutto colui che trasformerà in una pièce teatrale, Extra legem, le sue riflessioni sulla giustizia. E «dirigerà» Tinti sul palcoscenico al suo debutto come attore.
Come si vede, è il cerchio, anzi i cerchi che si chiudono fra toghe, invettive, sarcastiche riflessioni sull’Italia berlusconiana. Spiega Tinti: «Nel 2002 il governo Berlusconi modificò la legge sul falso in bilancio. Un abominio e di questo abominio io parlavo con Marco. Lui coniò la frase: sono i ricchi che rubano. Così nell’incipit di Toghe rotte ho scritto che aveva capito tutto». E adesso? «Ora mi ha chiamato la stessa compagnia che porta sul palcoscenico il teatro di Marco, Promemoria, e mi ha chiesto di poter lavorare sui miei libri per produrre uno spettacolo. Va bene, è stata la mia risposta: io reciterò sul palco, sarò attore. A quel punto mi hanno spiegato che il regista sarebbe stato Franco Travaglio, fratello di Marco. Così ho appreso dell’esistenza di un secondo Travaglio, un ottimo professionista». Insomma, cerchi un Travaglio, ne trovi due. Distanti, per l’anagrafe, otto anni, assai vicini culturalmente. E in più si affaccia il dubbio che presto anche il colto Tinti verrà arruolato dal battaglione giustizialista di Di Pietro: «Non posso negare - dice l’interessato a Repubblica - che un partito che ha come programma il rispetto della legge mi sia simpatico».
Per la verità l’idea che Marco tenesse famiglia era già balenata tempo fa quando la solita Repubblica aveva dedicato quattro puntate di una saga infinita alle vacanze siciliane del popolare giornalista. E in quell’occasione, la penna fratricida di Giuseppe D’Avanzo aveva svelato un presunto maneggio in salsa siciliana: Michele Aiello, un imprenditore poi condannato in primo grado per mafia, avrebbe pagato le vacanze di Marco e del suo clan nell’estate del 2002. Lui aveva risposto con durezza parlando di notizie false e calunnia in un duello furibondo a colpi di assegni, letture dietrologiche, rapporti vischiosi a priori, solo per il fatto di esistere e di esistere in Sicilia. Un trattatello sul pregiudizio.
Pensavamo che la famiglia si sentisse a disagio in quel clima plumbeo di visioni oblique e retropensieri. Invece, a quanto pare, ci sguazzano. Gioacchino Genchi, il tecnico che avrebbe infilato nel suo archivio mezza Italia, dialoga su Facebook con la signora Travaglio. Lo rivela lui stesso al sito Dagospia: «Sono molto amico di lui, della sua famiglia, di sua moglie, anzi sono più amico di sua moglie di quanto non lo sia di Marco, perché se non altro con lei abbiamo più tempo per sentirci anche su Facebook, mentre lui è impegnatissimo e non si riesce nemmeno a parlarci».
«Mai stato su Facebook», conferma il primo titolare del marchio Travaglio, «ma certo conosciamo bene Genchi e la sua famiglia». Insomma, se Marco non ce la fa, è la signora Isabella a tenere i contatti con l’esperto che mezza Italia considera un pericolo pubblico. Invece no: a casa Travaglio si baloccano con casa Genchi e viceversa. Questione di gusti.
Ora poi sulla scena irrompe Franco Travaglio, apprezzato da Tinti, lo stesso Tinti che era stato lanciato, oltre che dal proprio indiscutibile talento narrativo, dalla brillante e feroce prefazione di Marco Travaglio al suo Toghe rotte. Un girotondo perfetto, altro che quelli di Nanni Moretti e Pancho Pardi.
Spiega Travaglio senior: «Franco ha fatto una lunga gavetta, ha maturato una professionalità importante nel musical, certo io non l’ho aiutato e anche se avessi voluto non avrei saputo neppure da che parte cominciare». Continua Travaglio junior: «La Promo Music di Bologna porta in scena autori impegnati come Margherita Hack, Piergiorgio Odifreddi e Marco. Ora tocca a Tinti. Ma io lavoro soprattutto nei musical: ho tradotto i dialoghi per la Bella e la bestia che aprirà la prossima stagione del Nazionale a Milano, ho scritto con Gianluca Cucchiara, il figlio di Tony, la versione musical di Notte prima degli esami». Riprende Marco, srotolando come un tappeto un pezzo del curriculum del fratello: «È stato anche assistente di Dario Fo». Meglio non insistere.

Ma il futuro potrebbe riservare altre sorprese: «Ci siamo già divisi il palcoscenico - conclude Franco - successe al teatro dell’oratorio di Torino tanti anni fa. Io facevo Totò, Marco l’onorevole Trombetta». E domani? Due Travaglio in uno schermo solo? Due per un Santoro? «Ma no - replica Marco - siamo soggetti singolari. In tutti i sensi».

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