Anche la Ue rompe con l’Iran Nuove voci di un attacco Usa

Solana: «Teheran non ha interrotto le attività nucleari quindi l’Europa sosterrà l’idea di imporre sanzioni»

Marcello Foa

Anche l’Europa non crede più all’Iran. E dunque stop alle trattative sul nucleare, sì alla richiesta americana di imporre sanzioni. La decisione verrà formalizzata martedì nel corso della riunione dei ministri degli Esteri dei Venticinque, ma di fatto è già stata presa.
«Teheran non ha interrotto le attività nucleari e quindi, in linea con le conclusioni della riunione del 5+1 (le cinque potenze del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania) di Londra dello scorso venerdì, l’Unione europea sosterrà l'idea di imporre misure contro l'Iran come indicato dall’articolo 41 della Carta dell'Onu», ha spiegato un portavoce di Javier Solana, l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera e di sicurezza.
Bruxelles ritiene che il dialogo possa riaprirsi in qualunque momento, ma su basi più solide rispetto al passato. Se Teheran vuole un accordo deve dimostrare di far sul serio e credibile. Ma può essere credibile un personaggio come Mahmoud Ahmadinejahd, il presidente che promette di cancellare Israele dalla faccia della Terra? La risposta sia dell’Amministrazione Bush, sia, ovviamente, del governo Olmert, è no. Per questo aumentano le voci di un possibile blitz contro le installazioni nucleari iraniane. I tempi potrebbero essere strettissimi. Tra una settimana la portaerei Eisenhower sarà nel Golfo Persico e secondo fonti vicine al Pentagono, i raid potrebbero partire tra il 21 e il 25 ottobre.
Di certo Israele continua a premere in questa direzione e la crisi con la Corea del Nord avrebbe fornito nuovi argomenti ai «falchi» di Washington. Quando un regime ottiene la bomba atomica diventa di fatto inattaccabile, dunque è necessario prevenire. E siccome con Teheran le vie diplomatiche si sono dimostrate inefficaci è inutile continuare a perdere tempo; meglio agire subito. Questo il loro ragionamento, che è rafforzato da considerazioni elettorali. I sondaggi indicano che i repubblicani sono destinati a perdere il controllo del Congresso alle elezioni del 7 novembre. Solo un fatto colossale e imprevisto, capace di ricompattare il Paese attorno al presidente, permetterebbe di ribaltare il pronostico. Quel fatto potrebbe essere un attacco all’Iran. Non si tratterebbe di un’invasione, ma di bombardamenti mirati su centinaia di obiettivi da condurre nell’arco di cinque giorni.
Le voci si rincorrono sui siti specializzati e sono state rilanciate anche dalla radio pubblica israeliana Kol Israel, mentre l’Amministrazione continua a tacere. Se davvero intende colpire, lo farà all’improvviso, per sorprendere gli iraniani. Uno degli esperti più informati sembra essere l’ex colonnello dell’Air Force, Sam Gardiner. In una recente intervista alla Cnn, ha dichiarato che il piano d’attacco è sul tavolo della Casa Bianca», il che significa che i preparativi sono in fase molto avanzata. Altri esperti sono però più cauti e ritengono che l’azione militare verrà condotta tra qualche mese, comunque entro la primavera del 2008.


La speranza degli strateghi americani è che i raid, oltre ad annientare il programma atomico degli aytollah, possano provocare una rivoluzione popolare in grado di rovesciare il regime fondamentalista sciita. Un evento che Washington prepara da almeno 18 mesi con grande riservatezza e ingenti fondi.
marcello.foa@ilgiornale.it

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