Uno degli ultimi, in ordine di tempo, è stato il Comune di Genova. Da qualche mese i dipendenti dell'ufficio Cultura possono andare al lavoro accompagnati dal proprio cane. L'idea è partita come una sorta di sperimentazione, avviata in un luogo non aperto al pubblico. L'obiettivo è favorire e migliorare la comunicazione tra i dipendenti. Perché i vantaggi di questa pratica sono molti, e sempre più aziende italiane pubbliche e private lo stanno capendo. Dalla sede milanese di Google, alla Nintendo Italia di Vimercate dove gli animali domestici sono ammessi ogni venerdì. Solo una moda passeggera? A quanto sembra no, visto che diversi studi scientifici hanno messo in luce come la presenza dei pet in ufficio faccia benissimo, non solo all'umore ma anche alla produttività. Condividere l'ambiente di lavoro con cani e gatti diminuisce i livelli di stress, favorisce la socializzazione e la collaborazione, migliora l'umore collettivo e incrementa il senso di attaccamento alla professione e all'azienda. Negli Stati Uniti lo hanno capito da tempo, e infatti oggi questa pratica è ordinaria amministrazione in una realtà produttiva su cinque. Gli animali considerati sono una risorsa importante, perché hanno il potere di rinforzare l'empatia, di aumentare l'autostima e creare un'atmosfera più rilassata. Lo sanno molto bene, fra gli altri, gli impiegati della stilista italiana Elisabetta Franchi: al progetto Dog hospitality, tutti i dipendenti possono portare con sé al lavoro il proprio cane. Che li può seguire anche in mensa, dove ad aspettarlo c'è una ciotola piena di croccantini. Una recente ricerca promossa dal programma Purina human-animal bond studies, condotta dall'University of Lincoln in Gran Bretagna, ha messo in luce come le persone che portano spesso il proprio cane in ufficio siano più soddisfatte (+22 per cento) delle loro condizioni di lavoro, rispetto ai dipendenti che sono costretti a lasciarlo a casa. Sempre secondo lo studio, la presenza di un animale aumenterebbe la concentrazione (+33,4 per cento), la dedizione (+16,5 per cento), la soddisfazione nella gestione casa-lavoro (+14,9 per cento) e la qualità della vita professionale (+16,9 per cento). Agli intolleranti che vedono gli animali come una fonte di distrazione, i ricercatori spiegano che è vero esattamente il contrario: «Le persone sono molto più concentrate e dimostrano una maggiore dedizione, con un aumento generale nell'attaccamento verso la propria professione», confermano. Non è un caso che oggi, nel nostro Paese, il 75 per cento dei lavoratori sia d'accordo con queste iniziative. A rivelarlo è un'indagine condotta dalla piattaforma di recruiting online InfoJobs. Dallo studio emerge che il 37 per cento dei dipendenti vorrebbe poter potare l'animale domestico al lavoro ogni giorno, mentre il 16 per cento si accontenta di qualche giorno o ora alla settimana. Il 13 per cento indica invece che lo farebbe soltanto se ci fosse un pet sitter o comunque un ambiente dedicato perché, seppur dispiaciuto di doverlo lasciare a casa da solo, dichiara di non potersene prendere adeguatamente cura durante le ore di lavoro (43 per cento). Ma c'è anche chi dice di non voler arrecare disturbo a clienti o colleghi allergici (34 per cento) o di non voler imporre la presenza del proprio pet a chi non lo desidera (23 per cento).
Ma se i dipendenti sono generalmente favorevoli a una sorta di pet therapy da ufficio, il vero problema sono le aziende visto che ancora oggi il 91 per cento non ammette l'ingresso di animali e soltanto il 7 per cento ha avviato una policy strutturata per poterli accogliere con regolarità. Una piccola parte infine due per cento - prevede questa possibilità ma solo come eccezione una o due volte all'anno. Insomma, lavorare con gli animali fa bene. Ma la strada da percorrere è ancora molta.
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