La tristezza e lo sgomento sono gli stessi di un anno fa. È ancora difficile, forse impossibile farsene una ragione. Sì, perché morire a 24 anni è una crudeltà inimmaginabile, morire in sella alla propria moto facendo quello per cui si è nati è un paradosso. Marco Simoncelli era nato per correre sulle due ruote ed è morto proprio mentre guidava la sua Honda.
Il pilota di Coriano moriva un anno fa, alla undicesima curva del Gran Premio di Sepang in Malesia, coinvolto in un terribile incidente: scivola al secondo giro e rimane aggrappato alla moto che, inspeigabilmente, invece di uscire dalla pista ritorna nel circuito. Nello stesso istante sfrecciano veloci Rossi ed Edwards, l'impatto è devastante. Il corpo del Sic viene travolto e sbalzato lontano come fosse una piuma, il casco scivola lontano dal suo corpo che rimane per lunghissimi attimi fermo, inerme sull'asfalto ancora caldo. Le immagini parlavano chiaro ma la speranza era troppo forte.
I soccorsi arrivano immediati ma sono inutili, nonostante i tentativi di rianimazione, il giovane pilota dai capelli ribelli e dalla risata contagiosa muore. Nel silenzio e nello sgomento generale si alzano le grida di dolore del papà Paolo che a bordo pista assisteva alla morte di suo figlio e della fidanzata Kate.
Oggi i fan lo ricordano tapezzando le proprie bacheche di Facebook e i profili Twitter con splendide foto del Sic e con moltissimi messagi d'affetto. A Coriano invece nessuna manifestazione di piazza.
La famiglia di Marco infatti ha chiesto espressamente che venga rispettato il loro dolore: "Non ce la siamo sentita - ha dichiarato il papà - di organizzare qualcosa. Non in questo giorno, che vorremmo cancellare dal calendario. Il dolore è ancora troppo forte".
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