Santoro ora riapre la partita con la Rai, sfidandola a riportare in onda Annozero, nonostante si sia licenziato, anche al costo di un solo euro. Il «martire» non se ne poteva andare così, semplicemente, era chiaro.
Però, qualunque cosa ora succeda, il giornalista ha sempre in serbo il suo piano B. La valvola di sfogo. Si chiama «Zerostudio’s». E già il nome dice tutto. È la società che Michele insieme alla moglie ha aperto lo scorso anno, proprio nel periodo delle prime furibonde trattative con l’allora dg Mauro Masi per uscire dalla Rai, e che poi si sono arenate. «Zerostudio’s»potrebbe essere il mezzo per continuare a lavorare con la Tv di Stato, da esterno: il nome ovviamente riprende Annozero e si abbina a «studio», cioè al desiderio del giornalista di diventare un produttore di trasmissioni televisive o anche, come si legge nell’oggetto della società, di opere multimediali e addirittura musicali. Insomma, vi ricordate le famose docufiction, quelle che il giornalista avrebbe dovuto produrre se fosse riuscito a concludere l’accordo del maggio scorso con Masi? La Rai avrebbe sborsato circa sette milioni di euro per la realizzazione di una serie di reportage per la prima e la seconda serata. Poi non se ne fece nulla e ora Santoro è uscito dall’azienda con un incentivo all’esodo di 2,3 milioni di euro. Diretto verso La7... Almeno così si continuava a ripetere. Ma, visto quanto ha detto ieri sera nell’anteprima di Annozero, la tv della Telecom non è il suo primo obiettivo o perlomeno non è l’unico.
L’idea che frulla nella mente dell’anchorman - lo ha detto più volte lui stesso in passato- è quella di essere libero, non legato con l’esclusiva a nessuna azienda, di produrre in proprio. Quindi anche per la Rai, rifacendo pure Annozero . Ma a viale Mazzini nei giorni scorsi assicuravano che le regole aziendali stabiliscono che il dipendente che si licenzia con l’esodo incentivato non può collaborare da esterno. Dunque? Qualcuno dovrà dare delle spiegazioni. Il comunicato ufficiale del giorno dell’addio recitava che «le parti hanno convenuto di risolvere il rapporto di lavoro riservandosi di valutare in futuro altre e diverse forme di collaborazione». La chiave sta nella parola «futuro»: quanto tempo dura questo futuro? Già da settembre, come vuole Michele o qualche anno, come probabilmente intendeva la dirigenza della Rai?
Comunque la società (a responsabilità limitata) è registrata, anche se per ora inattiva: Michele l’ha costituito a maggio dell’anno scorso insieme alla seconda moglie Sanja Podgayski, che di lavoro fa la psicologa, ma ha accettato di diventarne amministratore delegato unico. La società ha sede in corso Francia 221 a Roma: capitale sociale di 60mila euro, di cui 42mila in quota a Santoro e 18mila alla consorte. Insomma, può anche darsi che il giornalista decida di dare dei contenuti a questa azienda nominale e dunque, sotto qualche forma, tornare a lavorare con la Rai. Se poi l’azienda di Stato non raccoglierà di nuovo la sua sfida e non rimetterà in onda Annozero (e qui la manfrina andrà avanti per settimane), allora potrà decidere di lavorare, sempre da esterno, senza esclusiva, con La7 o con qualsiasi altra azienda.
Tra l’altro Santoro ha grandi mire: infatti nell’oggetto della società non c’è soltanto la «realizzazione, distribuzione importazione ed esportazione» di prodotti radiotelevisivi, ma anche «cinematografici »e anche nell’ambito di«applicazioni internet, opere multimediali, audiovisivi, cd».
E la società ha interesse anche in «attività editoriale in genere, finalizzata alla realizzazione di ogni tipo di pubblicazione, sia a carattere unico sia a carattere periodico». Insomma non si preclude nulla, come normale quando si costituisce una società. Che vuole navigare in molte acque.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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