In Arabia Saudita a guidare la banca c'è una donna. E gli utili raddoppiano...

La chiamano la «Rosa nel deserto» ma Nahed Taher, 43 anni, è la prima e unica donna nel Golfo Persico a dirigere una banca, la Gulf One Investment Bank, che ha anche co-fondato. E nei primi sei mesi di quest'anno è riuscita a raddoppiare i profitti della compagnia, arrivando a 3,2 milioni di dollari

La chiamano la «Rosa del deserto» per la sua abilità nel far fiorire soldi da una terra arida qual è l'Arabia Saudita. Nahed Taher, 43 anni, è la prima e unica donna nel Golfo Persico a dirigere una banca, la Gulf One Investment Bank, che ha anche co-fondato. E nei primi sei mesi di quest'anno è riuscita a raddoppiare i profitti della compagnia, arrivando a 3,2 milioni di dollari. A riferirlo è l'agenzia Bloomberg.
Laureata in economia alla britannica Lancaster University, tre figli e alle spalle una famiglia «dalla mente molto aperta», Taher decise di compiere il grande salto nel 2005, fondando la Gulf One (di cui detiene il 2,7 per cento) insieme all'ex collega Ziyad F. Omar. E per farlo rinunciò anche a un prestigioso impiego presso il Fondo Monetario Internazionale.
Non solo: malgrado la Gulf One abbia il suo quartier generale nel vicino e più liberale Bahrein, Taher decise di non abbandonare la sua Arabia Saudita, mantenendo gli uffici a Gedda.
Tra i maggiori investitori della banca figurano, tra gli altri, Kuwait Investment, unità del fondo sovrano dell'Emirato, e la compagnia petrolchimica Saudi Basic Industries. Nel 2007 i co-fondatori fissarono l'ambizioso obiettivo di raccogliere 100 miliardi di dollari per investimenti delle infrastrutture; entro l'anno prossimo la somma, riferisce Taher, dovrebbe essere raggiunta. Ma non tutti i progetti ricevono il sostegno della prima banca in rosa del Golfo Persico. Per passare il vaglio, infatti, essi devono rispettare almeno tre criteri: essere redditizi, creare posti di lavoro e non danneggiare l'ambiente. «Dopo la crisi finanziaria la gente ora cerca investimenti che abbiano anche un carattere etico», spiega la manager che, oltre alla scalata nel mondo finanziario, coltiva un altro sogno: aiutare le donne saudite nel loro difficile cammino di emancipazione.
Un primo passo Taher l'ha già compiuto: circa la metà dei 75 impegati della banca sono donne. Una percentuale che ha del miracoloso in un Paese ove il gentil sesso non gode nemmeno del diritto di guidare l'automobile. Eppure, sottolinea la manager, le donne possiedono il 40 per cento degli immobili in Arabia Saudita; per non parlare dei depositi bancari con intestatarie al femminile, pari a circa 20 miliardi di rial (3,8 miliardi di euro).

Una richezza che potrebbe essere sfruttata per aiutare la crescita delle donne, sempre che le dirette interessate lo desiderino davvero. «Quando si chiede ad alcune saudite se desiderano lavorare, si rimane sorpresi. Rispodono che non ne hanno voglia. Gli uomini devono aprire le porte ma il cambiamento deve iniziare dalle donne», sottolinea Taher.

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