Archeologia del gusto «antico»

Nica Fiori

Fino al 21 settembre la visita agli scavi di Ostia Antica è ancora più intrigante del solito grazie alla mostra tematica sull’alimentazione in età imperiale, nell’ambito del progetto Cibi e sapori nel mondo antico, promossa dal ministero per i beni culturali. Nell’antiquarium ostiense alcuni pannelli illustrano l’approvvigionamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle derrate alimentari, in particolare grano, olio e vino provenienti dalle province, la fabbricazione del pane e le ricette culinarie dell’epoca, la vendita di carne e pesce: tutte cose documentate con rilievi provenienti dalla necropoli della vicina Isola Sacra (Fiumicino) e da ritrovamenti avvenuti nella stessa Ostia.
Ma, al di là dell’interesse didattico di questa esposizione, che prevede anche attività di laboratorio per i ragazzi delle scuole, è possibile compiere un suggestivo percorso lungo le «vie del cibo», che conduce a particolari edifici connessi con l'alimentazione: un vero invito alla scoperta del vissuto storico del II e III secolo d.C., il periodo di massimo splendore della città. Il caseggiato dei Molini, nella via omonima, e un panificio poco distante lungo la Semita dei Cippi conservano numerose macine in peperino che venivano fatte ruotare spinte da asini, come è raffigurato su un rilievo in terracotta esposto in mostra. Negli stessi edifici avveniva anche la panificazione, entro grandi vasche utilizzate per mescolare la farina con acqua e sale, e successivamente la cottura nel forno.
Sparse per l'antico abitato si trovano numerose popinae, luoghi simili alle nostre osterie, dove si beveva e si poteva mangiare qualcosa. Il più famoso di questi locali è senza dubbio il cosiddetto Thermopolium della via di Diana, a due passi dal Foro. Al suo interno è ancora possibile ammirare alcuni arredi tipici: il bancone in muratura rivestito di marmo con annesse le vaschette per sciacquare le stoviglie, mensole in marmo per l'esposizione dei cibi e un dolio interrato per la conservazione di olio o vino, lontano dalla luce e dal calore. In questo tipo di locale si beveva soprattutto il vino, che di norma era servito caldo e addolcito con miele. Veniva accompagnato da semplici piatti, forse uova, olive e rape, come sembra suggerirci un piccolo affresco sopravvissuto su una parete. Nelle cauponae (locande) del Pavone e di Alessandro, la cucina doveva essere più elaborata, secondo le ricette dell'epoca che prevedevano l'uso del garum, una salsa ricavata dalla macerazione delle interiora di pesce con aceto.
L'itinerario prosegue con la visita dei magazzini e di alcuni mercati, tra cui il macellum, destinato alla vendita di ovini, suini e pollame. Caratteristici sono alcuni rilievi di mestiere, vere e proprie insegne inserite nelle facciate delle insulae, che segnalavano la presenza dei venditori.

Direttamente sul decumano massimo, la strada principale della città, si affacciano le tabernae dei pescivendoli con tavoli di vendita e vasche di marmo e decorate da mosaici pavimentali, a volte anche divertenti come quello «dell’invidioso», così detto per la scritta inbide te calco, ovvero «invidioso, ti calpesto».
Orario della mostra: 9-12; 14,15-16,15 (lunedì chiuso).

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