ARCURI, L’AUDITEL HA SEMPRE RAGIONE

Mi spiace cari lettori ma per una volta devo fare «outing» anch’io, e confessare che la recensione che state per leggere non è quella originariamente scritta prima di scoprire con traumatico raccapriccio che la miniserie in due puntate Regina dei fiori, non paga di aver circuito 6 milioni e mezzo di telespettatori la sera della domenica, ne aveva catturati e immobilizzati davanti al video oltre 9 milioni nella serata di lunedì senza incontrare resistenze fisiche o mentali. Lo ammetto, sono stato costretto ad autocensurarmi. La versione originaria di questa recensione, infatti, ricalcava il celebre giudizio di Villaggio-Fantozzi davanti alla Corazzata Potëmkin: «Una boiata pazzesca». Parlava di un livello di recitazione generale che faceva sembrare Manuela Arcuri, rispetto agli altri interpreti, una gigante fresca reduce dall’Actor’s Studio. Buon per lei, simpatica e alla mano, un dramma per il resto della compagnia. Accennava, questa originaria recensione, a una sceneggiatura fiabesca in cui la bella fioraia di Campo dei Fiori non si limita a lottare contro le grinfie di un palazzinaro senza scrupoli che vuole impossessarsi della sua casa, ma arriva addirittura a sposarlo nel più frusto e prevedibile dei lieto fine dolciastri così cari alla fiction all’italiana. Concludeva, il resoconto fortunatamente autocassato, affermando che c’è un modo sicuro per scoprire se una fiction è debole: più bambini partecipano e più vuol dire che si cerca di accalappiare tenerezza sviando l’attenzione da come è fatto un telefilm. E qui di bambini ce n’erano ben quattro. Tutto questo avrei rischiato di mandare alle stampe prima che il giudizio supremo del dato Auditel mi richiamasse all’ordine e a più miti consigli. Prego si prenda nota, di conseguenza, della nuova versione della recensione che sostituisce a tutti gli effetti quella precedente. Regina dei fiori (domenica e lunedì su Raiuno, ore 21) è una di quelle fiction che vorremmo sempre vedere, rilassante ma mai sciocca, in cui una sceneggiatura dal polso fermo, propria di chi sa tenere la penna in mano, ci regala un mix riuscitissimo tra la voglia etica di far emergere il Bene e gli ostacoli cinici di chi vorrebbe far trionfare il Male. Una di quelle fiction che dimostra, per l’ennesima volta, che se un programma viene visto da milioni di persone vuol dire che vale e non certo che ci stiamo abituando al peggio come vorrebbe farci credere qualche ipercritico incontentabile.

Accanto a una superlativa Manuela Arcuri, che solo la tipica esterofilia nostrana non consente di apprezzare adeguatamente alla stregua di una Julia Roberts, si distingue un gruppo di attori che si mettono diligentemente al suo servizio, ben consapevoli dell’opportunità loro concessa.

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