Si potrebbe dire: da sempre, dalla costruzione del Palazzo di giustizia alla Metropolitana al passante ferroviario, buona parte delle grandi opere milanesi sono state storicamente accompagnate dal frusciare della bustarella. E quindi non dovrebbe destare meraviglia che anche la più gigantesca opera di riconversione post- industriale di questo secolo, quella sulla Falck di Sesto San Giovanni, sia stata lubrificata dall’olio della tangente. Ma stavolta a fare un certo effetto è la simultaneità delle news: pratiche amministrative e rivelazioni giudiziarie arrivano in contemporanea in questo scorcio d’estate, i verbali con le accuse all’ex sindaco sestese Filippo Penati finiscono sui giornali mentre il Consiglio comunale, nella notte di venerdì scorso, approva il piano di intervento. Scandalo e riconversione viaggiano su binari separati, come se non si trattasse della medesima area, degli stessi sterminati capannoni che per tutto il Novecento hanno visto sfornare acciaio, e che ora giacciono abbandonati tra le tangenziali e le case. A marzo del prossimo anno, o al più tardi entro l’estate, alla Falck arriveranno le prime ruspe. Distruggere, bonificare, costruire: una sequenza che difronte alla dimensione ciclopica dell’operazione- un milione e quattrocentomila metri quadri, impestati in profondità dalle scorie delle lavorazioni siderurgiche rende impossibile fare previsioni sulla conclusione dei lavori. Davide Bizzi, il taciturno businessman che guida la cordata, aveva detto che l’obiettivo era ultimare il primo lotto nel 2015. Ma se si guarda il progetto di Renzo Piano, e lo si confronta con la fotografia dello stato attuale delle aree, la sensazione è che per farcela in tre anni bisognerà andare dannatamente veloci. E ancora più imprevedibile - anche se nella tabella di marcia depositata in Comune a Sesto, l’ultimo mattone dovrebbe venire posato nel giugno del 2023- è quando si potrà considerare compiuta una opera che, nel progetto del grande architetto genovese, dovrebbe consistere di quasi un milione di metri quadri di costruito, tra case, uffici, negozi, centri commerciali, terziario, alberghi: insomma il mix consueto di tutte le riqualificazioni postindustriali, dove solo a cose fatte si vedrà se la mano di Renzo Piano avrà saputo produrre qualcosa di più convincente di altre esperienze su questo fronte, come ad esempio la nuova Bicocca di Vittorio Gregotti. Si viaggerà in quattro fasi: la prima per trecentomila metri quadrati nel pezzo più settentrionale dell’area, a ridosso dello scalo ferroviario che diventerà la nuova stazione di Sesto, e si andrà avanti scendendo verso sud, in altre tre fasi, fin oltre la tangenziale. É, come si vede guardando le tavole, una impresa grande e costosa. Le aree sono finite alla holding di Bizzi a un prezzo quasi di realizzo, 434 milioni. Ma almeno duecento milioni se ne andranno solo per bonificarle. Più di un miliardo e trecento milioni di euro, nei piani presentati in Comune, sono i costi preventivati di costruzione. Duecento milioni di euro se ne vanno solo in progetti e in consulenze. E poi ci sono parcheggi, oneri di urbanizzazione, spese finanziarie che fanno arrivare il budget totale della rinascita della vecchia Falck a ridosso dei quattro miliardi di euro. Per fare fronte ad un impegno economico di simili dimensioni, Bizzi ha arruolato una squadra di soci decisamente vasta ed eterogenea. Sul fronte interno si è coperto a destra e a sinistra:l’ultimo entrato è Mario Resca, che il governo Berlusconi ha nominato direttore generale dei Beni Culturali, ma che è anche attivo nel settore immobiliare con la sua Rile Development, e che- nonostante le condizioni non floridissime in cui versa la sua azienda - è entrato con una quota del 5 per cento nella Sesto Immobiliare; mentre sul fronte progressista all’operazione partecipano le Coop rosse di costruzione (il cui vicecapo Omar degli Esposti è peraltro sotto inchiesta insieme a Penati proprio per l’affare Falck), che detengono il 10 per cento della holding.
Poi ci sono i soci internazionali, e anche qui la cordata è variegata: c’è il poderoso fondo di investimento coreano Honua, che insieme a Bizzi ha già realizzato un grattacielo sulla Quinta Strada a Manhattan, e che già in passato aveva cercato di rilevare per intero l’area Falck; ma c’è anche una vivace signora americana di nome Donna Hook, fondatrice e amministratore delegato della New Valley Inc. con sede a Minden, in California.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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