Arriva il wine-it, bottiglia in pvc unica al mondo

Arriva il wine-it, bottiglia in pvc unica al mondo

È un vino universale quello celebrato dalla quarantaseieseima edizione del Vinitaly, che si apre domani alla Fiera di Verona. Un vino sempre meno chiuso nel buio delle cantine e nella cerchia degli iniziati e sempre più libero di circolare. Un vino che viaggia in aereo, in treno, in nave, che ci accompagna a teatro e nei musei, che spopola in tutte le più innovative forme di comunicazione, da facebook a twitter, con «app» per ipad e iphone. Un vino che è ovunque tranne, verrebbe quasi da dire, sulle nostre tavole. I consumi interni continuano infatti a contrarsi (-1 per cento nel 2011 rispetto al 2010, con un consumo annuo pro capite sceso in quindici anni da 55 a 43 litri), compensati per fortuna da un vero boom dell’export (nei primi undici mesi del 2011 ben 23 milioni di ettolitri e 4 miliardi di euro di fatturato, contro i 3,7 dell’intero 2010) che fanno dell’Italia il primo paese esportatore, con una quota di mercato mondiale di circa il 22 per cento del totale. Insomma, ogni cinque bottiglie vendute (e bevute) nel mondo, una (e un mezzo bicchiere in più) è italiana. Dati confermati in parte dall’indagine sul settore vinicolo reso noto ieri dall’ufficio studi di Mediobanca, che segnala un aumento del 9,2 per cento del fatturato delle prime 107 società italiane operanti nel settore nel 2011 rispetto al 2010, frutto di un aumento forte nelle vendite all’estero (+11,5 per cento) e più ridotto nelle vendite interne (+7,1).
Recuperare il mercato interno avvilito dalla crisi economica, dai nuovi stili di vita, dal codice della strada è uno dei temi forti del Vinitaly 2012, che quest’anno sperimenta una nuova formula: quattro giorni invece di cinque, da domani (domenica 25) a mercoledì 28 invece che, come negli scorsi anni, dal giovedì al lunedì. Una piccola rivoluzione che vuole favorire gli operatori professionali a discapito del grande pubblico, al quale è destinata solo l’ouverture di oggi. Per il resto, i numeri sono sempre monstre: dodici padiglioni, 95mila mq di area espositiva, 4mila espositori da tutto il mondo, l’intenzione di bissare i 156mila visitatori nel 2011.
Tra le chicche dentro il calice, il primo vino di Venezia, il Venissa bianco prodotto dalla Bisol (azienda tra le più note di Valdobbiadene) nella recuperata omonima tenuta di Mazzorbo Burano, nel cuore della laguna, a base di Dorona, vitigno autoctono coltivato nei veneziani fin dal XV secolo. Il nuovo Barolo docg Gianni Gagliardo che prova a sfatare il mito che l’austero grande vino piemontese debba essere atteso per anni alla prova del bicchiere. La «carta delle rarità» di Bellavista, sontuoso portabandiera della Franciacorta, che a Verona sciorina la sua storia con undici grandi annate di bollicine - alcune vere rarità - comprese tra il 1988 e il 2002. E a proposito di degustazioni da non perdere, c’è quella che si svolge oggi pomeriggio, alla vigilia dell’inaugurazione, al Palazzo della Ragione con i 100 «great producers» italiani selezionati dalla bibbia americana del vino, la rivista «Wine Spectator» nello storico «Grand Tasting Opera Wine». All’interno del Vinitaly domenica al palaexpo della Fiera la degustazione di tutti i «tre bicchieri» della guida 2012 del Gambero Rosso, una sorta di fermo immagine del meglio dell’attuale produzione italiana. Un tuffo nel passato invece mercoledì nel padiglione della Campania con il viaggio attraverso «due età dell’Aglianico»: tante etichette dal 1995 a oggi del grande rosso meridionale. E poi c’è la degustazione «Di padre in figlio: il passaggio generazionale nelle grandi famiglie del vino», curata da Civiltà del Bere. E «Le grandi biografie del vino», dedicate a brand storici come Gaja, Florio, Tenuta dell’Ornellaia e Frescobaldi.
Al Vinitaly non si degusta soltanto. Si tracciano anche, con convegni e seminari, le linee di tendenza di un mondo in equilibrio precario tra spinte innovative e richiami alla tradizione. Si presenteranno studi che indagano sul consumo di vino nella grande distribuzione, sul consumo dell’alcol fuori casa, sul passaggio generazionale nelle aziende vitivinicole, sul futuro del vino italiano all’interno e all’estero, con focus sui mercati internazionali di Stati Uniti e Asia, sul corretto uso dei tappi di sughero, sulla sostenibilità ambientale delle aziende vinicole.
A 20 chilometri da Verona e sfruttando la scia del Vinitaly, cresce anche Viniveri 2012, la manifestazione che Cerea da oggi a lunedì dedica ai vini prodotti senza l’uso della chimica in sintesi in vigna e senza l’uno di addizioni e stabilizzazioni forzate in cantina, secondo un protocollo cosiddetto «naturale».

Non un antitesi del Vinitaly ma una sorta di controcanto, che completa l’offerta enologica del set veronese: 120 i vignaioli in mostra, provenienti da tutta Italia ma anche da Francia, Slovenia, Croazia, Austria, Spagna e Georgia, ognuno con storie uniche, come il viticultore dell’isola del Giglio che coltiva uva Ansonico su terrazze a picco sul mare. O come le suore trappiste del monastero di Vitorchiano, in provincia di Viterbo, vignaiole per vocazione, è proprio il caso di dire.

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