"Arrivano a Capri da tutto il mondo per le campanelle portafortuna"

Vicepresidente di Chantecler Maria Elena Aprea: "Con i gioielli deve scattare il colpo di fulmine. Nel 2025 faremo un cornetto con la testa di riccio"

"Arrivano a Capri da tutto il mondo per le campanelle portafortuna"
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«Bisogna trovare almeno un gioiello che fa scattare qualcosa in noi. Dev'essere come un colpo di fulmine perché si entra in un universo parallelo: ogni pietra è un mondo a sé che può provocare uno scambio energetico amplificato dai metalli tipo oro, argento, platino e titanio».

Maria Elena Aprea, vice presidente e direttore artistico del celebre marchio caprese di gioielleria Chantecler, ha le idee molto chiare sul potere taumaturgico dei gioielli. Nelle sue mani passano brillanti, rubini, zaffiri e smeraldi da mille e una notte ma anche pietre dure e semplici cristalli che lei tratta sempre come schegge di eternità. Del resto il marchio Chantecler è nato nel 1944 sulla leggenda della campanella di San Michele che avrebbe protetto e portato fortuna a un povero pastore di Capri. Da qui l'idea di forgiare nel bronzo con metodi da alta gioielleria una campana in bronzo che il Presidente Roosevelt avrebbe dovuto suonare nel buio della guerra come messaggio di pace e fratellanza tra i popoli. A farlo fu invece il suo successore, Harry Truman, quando, il 15 agosto 1945, annunciò la fine del secondo conflitto mondiale. Oggi le campanelle di Chantecler sono al tempo stesso simboli, oggetti scaramantici, pezzi unici e gioielli molto speciali per cui si creano autentici rituali.

Lei è superstiziosa?

«Sono del sud ma non ho tante scaramanzie o per lo meno non credo. Certo possiedo una parure da cui non mi separo mai: una lunga collana a tre fili di coralli sangue di bue con l'anello uguale. L'anello è fatto con una spola (nome tecnico di una pietra dal taglio cabouchon in ovale ndr) scelta da papà».

Suo padre che con Pietro Capuano ha fondato Chantecler aveva rituali o talismani sui gioielli?

«In negozio abbiamo un orologio a pendolo che secondo lui doveva sempre funzionare per cui la mattina come prima cosa lo caricava. Un giorno si è fermato e non siamo più riusciti a farlo partire. Prima o poi risolverò il problema. Un'altra sua scaramanzia riguardava l'antica portantina che abbiamo in vetrina. Lui voleva che lì dentro ci fosse sempre una coppia di spille con due galli da combattimento (il simbolo di Chantecler n.d.r.) montati su perle barocche. Ebbene per questo ottantesimo anniversario ho acquistato delle perle e riprodotto le spille da mettere nella portantina».

E i vostri clienti?

«Alcuni hanno delle vere e proprie manie. Per esempio il miliardario americano Les Wexner viene a Capri una volta all'anno e ogni volta compra una campanella per la moglie che è una donna molto chic e passa l'estate in calzoncini da mare, camicie bianche e lunghe collane con mille campanine. Poi c'è un altro marito che alla moglie regala tutte le nostre limited edition a patto che sia uno di noi ad agganciare il nuovo gioiello al polso della signora».

Ma quante campanelle ha?

«Tantissime, direi centinaia. Possiede diversi gioielli importanti ma non li mette: solo le nostre campane. Comunque la più originale è una cliente giapponese che possiede più campanelle di noi. Le compra sempre doppie perché copre di campanelle anche il suo Saki, ovvero un coniglietto di peluche che in Giappone equivale al nostro teddy bear. Lo veste e lo ingioiella con le stesse cose che indossa lei».

Quanto costano le campanelle?

«Quelle semplici in argento sui 200 euro. Poi ci sono i pezzi unici tipo il modello Jackie con l'onice e i diamanti marquise che costa 52 mila euro ma si tratta di un gioiello eccezionale con più di 11 carati di pietre. Abbiamo creato una collezione di campanine limited edition per l'ottantesimo anniversario del brand e lo stesso farò l'anno venturo con un altro gioiello-portafortuna».

Di che si tratta?

«Ovviamente del cornetto. Ne ho già preparato uno di cui sono fierissima. È il riccio-corno con la testa del riccio e il corpo del corno».

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