Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, studioso e scrittore, non solo dei grandi leader mondiali, ma anche e soprattutto di figure centrali per la nostra cultura del ‘900, come l’amatissimo Giuseppe Prezzolini a cui ha dedicato una preziosa e laboriosa biografia Giuseppe Prezzolini: l’anarchico conservatore (Mursia 2007), è giunto a Firenze per l’inaugurazione delle Reali Poste nel complesso vasariano, tornate a nuova vita e pronto ad accogliere un ristorante e pasticceria rigorosamente italiani.
L’arrivo in città del ministro giunge a pochi giorni dalla diffusione dei dati del 2022, da parte dell’amministrazione del museo che ha messo in evidenza, con innegabile soddisfazione, numeri sempre più in crescita per questo inestimabile patrimonio italiano e mondiale: oltre otto milioni di visitatori – più del doppio dello scorso anno -, incassi totali intorno ai 35.000.000 di euro - +51,6% rispetto al 2021 – e continui lavori di ristrutturazione e inaugurazioni come la Reali Poste ma anche il gioiello della Biblioteca Magliabechiana ecc…
Il direttore Eike Schmidt ha infatti commentato: “Il museo è pronto a raggiungere nuovi traguardi nel 2023”. Come a dire, bene i risultati raggiunti, ma non fermiamoci, c’è ancora molto da fare. E dopo qualche ‘dissidio’ tra direttore e governo, voci di corridoio e di palazzo sembrano andare nella giusta direzione, ovvero la riconferma dello storico dell’arte tedesco di fama internazionale, con un grande amore per l’Italia.
Il ministro Sangiuliano, prima di salire per una breve visita nella Galleria degli Uffizi, ha voluto portare un mazzo di fiori in Via dei Georgofili all’Albero della Pace, opera del maestro Andrea Roggi, in ricordo delle vittime della strage di mafia del 27 maggio 1993: "Nella lotta alla mafia non dobbiamo mai abbassare la guardia".
Schmidt ha quindi accompagnato il ministro tra le meravigliose stanze del museo, dove ha potuto anche vedere (e gustare) due ritratti di Croce e Prezzolini, intellettuali di riferimento per Sangiuliano. Non a caso appena si è insediato al ministero si è recato a Napoli, sua città natale, dove è andato a portare i saluti alla Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, a Palazzo Filomarino, presieduta dal nipote del filosofo liberale, il professore Piero Craveri che lo ha definito “un napoletano colto”.
Da Napoli a Firenze, il pensiero del ministro è il medesimo, “conservare i valori, conservare la tradizione e conservare la storia. Io d’altronde sono un conservatore”.
Mentre le principali istituzioni toscane e fiorentine prendevano posto e stringevano la mano al ministro - dal presidente Valdo Spini, al sindaco Dario Nardella, passando per il governatore Eugenio Giani, attento conoscitore della storia fiorentina, chissà se l'ex direttore del Tg2 ripensava a quando più di un secolo fa, tra il Caffè Le Giubbe Rosse e la tante taverne e osterie, note anche come “buche”, si ritrovavano quei giganti di “strapaese” venuti dalla campagna a far chiacchiere, baldoria e diffondere il proprio genio. Perché l’arte non era salotto ma convivialità, libertà e frenesia artistica. Montanelli ad esempio ricordava che quando uscivi da un incontro con Longanesi, eri talmente immerso nella sua vena e foga creativa che avresti scritti più di un romanzo. E in queste vie passarono figure come Soffici, Maccari, Malaparte, Papini, Campana, Vallecchi, Rosai, Prezzolini ecc… fondando, sfasciando e ricreando amicizie, quadri e riviste, tante riviste; Il Leonardo, La Voce che Curzio Malaparte definì “la serà calda del fasciamo e dell’antifascismo”, Lacerba, Il Selvaggio, la casa editrice Vallecchi… Proprio sul Selvaggio, la cui anima fu Maccari che insieme a Longanesi, Malaparte definì “nani di strapaese”, risaltava la vera genuinità di una toscana contadina, profumata di paglia, latte, di strade ghiaiose, piccole case immerse nella natura, orti poveri ma essenziali, cipressi altissimi e comignoli fumanti, comparve questa scritta: “Strapaese, o genti porche, Darà il sacco a Novaiorche/ Da Colle d’Elsa fino a Mosca/Trionferà la gente tosca”.
Ed è proprio dal ruolo delle avanguardie fiorentine dei primi del ‘900 che il ministro dice al Giornale.it “di voler assolutamente farne una rievocazione, valorizzandone il loro patrimonio storico e culturale”.
E nel corso del suo appassionato intervento richiama appunto Prezzolini, il fascino di Firenze e la bellezza che trasmette in ogni angolo che si incontra.
“La Toscana e Firenze sono la punta della lancia di questo sistema culturale nazionale, perché immaginando l’italiano nel mondo, rinvia molto a questa città, a questi luoghi e a questa regione per quello che ha rappresentato dal punto di vista storico”, ed ecco il riferimento a Prezzolini: “Ne sono consapevole anche per motivi personali. Chi mi conosce sa che io ho scritto la biografia di Giuseppe Prezzolini, e ogni volta che ne avevo l’occasione, chiedevo ai direttori dei giornali in cui lavoravo di essere mandato – per qualche scusa – qui a Firenze, e costruire meticolosamente quella che fu la storia delle avanguardie culturali dei primi del ‘900 che si svolsero tra queste strade”.
Quindi il richiamo ai grandi maestri fiorentini, particolarmente apprezzati anche da un altro ministro della Cultura, ai tempi dei Beni Culturali (ministero da lui fondato su volere di Moro e La Malfa), ovvero l’illustre fiorentino Giovanni Spadolini: “A parte i diari di Prezzolini che sono un rimando continuo al rinascimento e alla storia di questa città, ricordo sempre che la prima mostra degli impressionisti francesi fu fatta nel 1910 qui a Firenze, e fu voluta da Ardengo Soffici, Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini che sfidavano il mainstream dell’epoca. E furono accolti molto male dalla cultura del tempo, anche se poi la storia gli ha dato ragione”.
La conclusione del discorso che completa una serie di interventi, da Giani a Nardella, sull’importanza del patrimonio museale e culturale fiorentino, coronato al momento con il restauro della Reali Poste, è un invito ad una stretta collaborazione con regione, comune e corpi intermedi, con la precisazione che “sulla mia scrivania ci sono tante cartelline e ce n’è anche una con scritto Firenze per affrontare le varie questioni che per molto tempo sono rimaste in sospeso”.
Uno degli ultimi libri che Prezzolini scrisse negli anni ’70, L’Italia finisce, ecco quel che resta, “rende chiara una nozione, la necessità che gli italiani di oggi siano adeguati al loro grande passato. Firenze, la Toscana, hanno avuto un grande passato, e noi cittadini di oggi dobbiamo essere all’altezza di questo passato. Dobbiamo essere coerenti con quello che il passato ci ha trasmesso, con la bellezza che ci è stata consegnata”.
E in quel lungo applauso che ha accolto il ritorno tra il pubblico del ministro, si sarebbe, forse, ritrovato anche un grande amico di Giuseppe Prezzolini, quell’arci-toscano di Indro Montanelli che amava ripetere: “Un paese che ignora il proprio Ieri, non può avere un Domani”.
Chissà se da Prato, dall’alto del suo mausoleo, costruito sulla cima del Monte Le Coste, abbia dato uno sguardo anche il controverso e camaleontico Curzio Malaparte che sulla sua tomba fece scrivere: “E vorrei avere la tomba lassù, in vetta allo Spazzavento, per sollevare il capo ogni tanto e sputare nella fredda gora del tramontano”.
A fine
serata, un’autorevole fonte del mondo intellettuale fiorentino raggiunta al telefono dal Giornale.it ci dice in esclusiva che probabilmente il ministro tornerà a breve in città per ricordare un grande personaggio...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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