In occasione della grande mostra pubblica fiorentina - organizzata da Oblong Contemporary Art Gallery in co-produzione con il Comune di Firenze - di Antonio Signorini, scultore di origine toscana che vive e lavora tra Dubai, Londra e il capoluogo toscano ed è noto a livello internazionale per le sue grandi sculture fatte di figure sottili ma solenni, che sono esposte in piazza del Carmine, piazza San Firenze e piazza del Grano, l’Hotel Savoy di Firenze inaugura un’iniziativa particolarmente innovativa: dal 26 Gennaio 2023 fino al 31 Marzo, infatti, una serie - in dimensioni ridotte - delle grandi sculture dell’artista verrà esposta all’interno dell’albergo, in dialogo aperto con la città e con la sua eterna tradizione di alto artigianato artistico.
Le opere di Signorini, presenti in diversi spazi comuni della struttura oltre che in alcune delle suite, saranno visibili dagli ospiti dell'hotel; e, grazie allo speciale pacchetto "The Artist Suite", anche acquistabili.
Il lavoro di Signorini, appassionato studioso di antropologia, fortemente ispirato dai graffiti rupestri del paleolitico, legato a Firenze anche dal fatto che le sue opere vengano forgiate presso la storica Fonderia Artistica Ciglia & Carrai, si confronta quindi con la storia e anche la preistoria, individuando simboli e archetipi che svestono il suo linguaggio da vincoli temporali.
Questa particolare esperienza, unica nel suo genere, inaugurerà inoltre un percorso artistico del tutto nuovo, denominato da Rocco Forte Hotels - gruppo cui il Savoy fa capo - "Percorso dei Giganti": un tour guidato che accompagni gli ospiti alla scoperta delle opere monumentali di grandi artisti inserite nel contesto fiorentino, come Henry Moore o Igor Mitoraj. Un'iniziativa molto interessante di artentainment che pone l'accento sul rapporto speciale tra la città di Firenze, l'arte e l'ingegno umano.
La tua mostra diffusa nelle piazze fiorentine, a partire già dal nome, "Attraverso", sembra sottolineare l'importanza del rapporto tra la tua arte e i contesti urbani e architettonici...
“Attraverso” è un titolo che ha diversi significati: sicuramente richiama l’attraversare di un cammino, ma ha anche un significato strumentale: attraverso l’arte io esprimo un pensiero. Questo per me è il vero utilizzo dell’arte in senso etimologico. Le figure che rappresento, che per me sono molto importanti, arrivano da un percorso di prove di manualità. Oggi viene data grande importanza all’arte digitale e video, ma io amo ancora moltissimo la mano: come diceva Leonardo da Vinci, che affermava come spesso il suo cervello operasse attraverso la sua stessa mano. Questa peraltro è una cosa che mi piace sottolineare perché siamo in una città come Firenze che ha una gloriosa storia di arte e artigianalità, con l’auspicio che continui ad averla. E dico questo ovviamente in generale, non solo per me, così come sta facendo l’hotel Savoy dando questa possibilità agli artisti.
Come nasce questa collaborazione con L’Hotel Savoy?
Da un dialogo molto bello e costruttivo tra il mio gallerista e Barbara Lo Giudice che cura le pubbliche relazioni dell’Hotel. Io non ero neanche presente. Mi hanno proposto di portare la mia arte - che ora è presente nelle piazze pubbliche di Firenze - anche all’interno del Savoy con un progetto, “The Art Suite”, che per me è del tutto nuovo, che permette di creare una vera e propria esperienza.
E l’esperienza è certamente fondamentale: possiamo anche cercare di capire il significato di un’opera, quello che voleva dargli l’artista, ma poi di fatto è soggettiva la sensazione che prova ognuno di noi di fronte all’arte…
Io penso che addirittura l’artista dovrebbe tacere: l’opera dovrebbe essere raccontata dallo spettatore. Portando un esempio sulle mie opere, io rappresento le mie figure senza gli occhi: così si instaura lo sguardo, che però è quello di chi guarda l’opera, dello spettatore, che ha un effetto specchio e può interpretare le mie sculture come allegre, felici o tristi.
L’occhio inganna, e anche l’orecchio, sempre come diceva Leonardo. In questo senso tu hai l’opportunità e la libertà di far sì che un’opera sia di fatto terminata da chi la osserva, che automaticamente diventa operatore esso stesso della sua realizzazione. Si tratta di una questione intima che non si può scindere.
E da oggi l’esperienza può essere vissuta anche all’interno di un Hotel nelle parti comuni e perfino in una suite, forse per qualche collezionista o appassionato d’arte è addirittura un sogno.
Questo è proprio l’intento, quello di avere un’esperienza intima. Come quando fortuitamente riesci a visitare un museo in solitudine. Quindi non è un discorso commerciale; poi, certo, le opere sono anche in vendita, ma non è l’aspetto principale. È un discorso di continuità tra la città di Firenze e un luogo intimo all’interno della città.
In Piazza San Firenze si trovano i guardiani, un tema per te ricorrente. Cosa rappresentano in particolare questi due guardiani, quello del cielo e quello della fede?
Sono guerrieri di pace e guardiani dei valori dell’umanità, un monito a prendersi cura delle cose essenziali della nostra vita. Questi grandi guerrieri che corrono e stanno in equilibrio arrivano da lontano. Perché la mia influenza arriva dai disegni degli uomini primitivi del neolitico che rappresentavano la loro civiltà graffitando le grotte. E che rappresentavano, appunto, questi guerrieri che probabilmente andavano a cacciare o combattere nella natura solo con queste piccole frecce e senza nessuna protezione e probabilmente si trovavano davanti a questi esseri immensi e feroci. E mi colpisce proprio il fatto che questi uomini, dopo aver vissuto una vita così difficile, arrivassero a disegnare le loro esperienze. Pensa se lo facessimo anche noi oggi che invece siamo così presi dalla nostra vita, che tendiamo ad appiattire. Loro invece andavano oltre con quella che era la loro scrittura - che poi e l’arte, che è la lingua universale che ci permette di comunicare.
Ma secondo te lo facevano per comunicare, come cronaca, o era una forma espressiva artistica?
Sono 25 anni che studio questa cosa e non so darti una risposta certa. La mia teoria è che rappresentavano il loro quotidiano ma era un gesto che riguardava anche la fede, una fede che non ha niente a che fare con nessuna religione, ma con la fiducia nel futuro e nel procedere. Ad esempio, prendi il Guardiano del Cielo: il cielo non poteva essere considerato qualcosa di contenibile o comprensibile nella sua grandezza. E tutti questi grandi enigmi che avevano quegli uomini credo siano ancora attuali, nonostante l’Illuminismo e le nostre conoscenze scientifiche, figuriamoci nel Rinascimento. Ecco che per me arrivare a Firenze e non essere di disturbo verso le altre opere, così importanti, è davvero meraviglioso.
Immagino che per te, che sei cresciuto nelle botteghe pisane, in particolare l’esporre nelle piazze della città di Firenze abbia anche un significato particolare.
Per me esporre a Firenze è meraviglioso. Firenze poi è una costante della mia vita, perché le fusioni delle mie opere vengono fatte proprio qui. Sono toscano di origine, ho l’atelier qui e espongo qui… l’unica cosa che non è totalmente fiorentina sono io!
Essere qui è un continuo crescere, imparare e trovare ogni volta dei dettagli che ti sono sfuggiti la volta precedente. Gli artigiani con cui lavoro sono dei maestri, e dovrei essere io a chiamare maestri loro, invece succede il contrario.
Le mie opere poi hanno una notevole componente ingegneristica e quindi necessitano di una precisa tecnica per farle stare in equilibrio ed è davvero difficile realizzarle. Firenze perciò è l’università, il luogo cui uno può attingere costantemente e avere sempre delle risposte anche alle domande più difficili. E questo è una rarità per una città. Firenze è stata un polo di attrazione - e forse potrebbe tornare ad esserlo - per le grandi menti, perché l’influenza di ciò che ci circonda è sempre davvero importante. Questo purtroppo succede anche in negativo: ad esempio, i luoghi dove si sono svolte le grandi guerre nelle generazioni precedenti influenzano quelle successive. A Firenze, invece, c’è stato il Rinascimento.
Tu però porti anche all’estero queste tue origini, ora vivi a Dubai.
Prima sono stato in America e in Inghilterra. A Dubai sono venuto per visitare un sito archeologico e poi mi sono innamorato della non Dubai, cioè della Dubai un po’ meno conosciuta, che è quella degli scavi e dei ritrovamenti archeologici molto importanti che ci sono in diversi punti come Al Ain e Sharjah, che sono altri emirati. Mi sono imbattuto in questi pochissimi artefatti che avevano trovato e, chiacchierando con la direttrice, lei mi disse che facendo lo scultore avrei dovuto ispirarmi a queste opere, e così fu: feci per loro un’opera poi diventata per me importantissima, che si chiama DNA ma rappresenta i sette emirati arabi.
Come vivi il contrasto tra la tua vocazione alle origini, all’essenzialità e all’arte e l’artificialità della città di Dubai?
Nell’etimo di artificiale c’è la parola arte. E io questi grattacieli li vedo come un’opera di ingegneria che riesce a far stare in piedi queste enormità; se poi penso che là in alto si riesce anche a fare la doccia… lo trovo affascinante. La vedo dal punto di vista ingegneristico, insomma, e per me è segno di innovazione.
A me piace molto avere a che fare con gli architetti e gli ingegneri migliori del mondo. L’Atlantis The Palm, che ha appena aperto, trovo che sia forse il palazzo più bello che esista. In ogni caso trovo fuori luogo fare paragoni, perché tutto ciò che sta avvenendo lì e anche in Arabia Saudita è semplicemente frutto di altre culture.
I tuoi progetti futuri?
I miei progetti sono in realtà dei sogni, perché quando raggiungi un obiettivo è sempre un sogno che si realizza.
Non poi così tanto dal punto di vista delle vendite, che sono comunque ovviamente importanti per proseguire nel lavoro.A Londra ci sarà una grande mostra in uno spazio pubblico a cui stiamo lavorando notte e giorno. E Londra è un’altra città dove ho vissuto, ma non ho mai esposto lì: un altro sogno che si realizza.
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