ATTENZIONE ALLE TRAPPOLE

La maggioranza concede il riconteggio delle schede bianche e nulle al Senato della Repubblica e la prima reazione del centrodestra e dell’uomo della strada che ha votato per la Cdl è di esultanza. Un giocatore di biliardo, vista la situazione, direbbe però: «Calma e gesso».
Calma, perché quando la sinistra concede qualcosa solitamente ha già fatto i propri calcoli e sa come finirà la partita. Gesso, perché per mandare la palla in buca bisogna riuscire in un gioco di sponda che - vista la disposizione delle biglie sul panno verde dopo il primo colpo di stecca - a noi sembra qualcosa che può riuscire soltanto a un esperto giocatore.
Non siamo facili né all’entusiasmo né alla depressione ma, se mettiamo in ordine due o tre cose, il quadro non è poi così chiaro.
Il primo punto è che non verranno ricontate tutte le schede depositate nell’urna, ma quelle bianche e nulle; quelle valide, soltanto a campione. È una scelta opinabile perché quando una maggioranza è in carica grazie a soli 24mila voti di scarto alla Camera dei deputati, un controllo serio imporrebbe il riconteggio di tutte le schede. Non a caso Silvio Berlusconi ha insistito proprio su questo punto: «Ricontare tutte le schede». È come se un condominio decidesse una ristrutturazione e dimenticasse il piccolo particolare che le fondamenta scricchiolano.
Il secondo punto interessante riguarda il fatto che il riconteggio non parte dal ramo del Parlamento con il minimo distacco, ma dal Senato. A Palazzo Madama il meccanismo dei premi di maggioranza su base regionale aveva decretato la vittoria del centrodestra su base nazionale per 155 a 154, ma grazie al voto estero l’Unione è riuscita a ottenere quei seggi che le hanno consentito il sorpasso. Proprio da quest’ultimo punto - il voto estero - sarebbe dovuta partire la verifica delle schede, perché il caos totale, il marasma nel capannone di Castelnuovo di Porto, sono un macigno che pesa sulla legittimità del risultato elettorale.
Così non è.
Il terzo punto riguarda i tempi della verifica delle settecentomila schede. Secondo alcune stime occorreranno mesi e mesi di lavoro. Nel frattempo l’Unione potrà predisporre e dispiegare la sua strategia di legittimazione del risultato elettorale. Come? È di una disarmante semplicità: se i controlli sulle regioni confermeranno il risultato delle elezioni, partirà una campagna politica - e soprattutto mediatica - per sostenere che non c’è bisogno di altre verifiche, men che mai quelle sul voto estero, e che le istituzioni dunque devono continuare il loro lavoro. In un sol colpo un risultato dubbio sarà trasmutato in certezza adamantina, nonostante non siano state fatte le verifiche sui 24mila voti di scarto alla Camera che - ricordiamolo - sono pari a un infinitesimale 0,6 per mille dei suffragi. Da qui bisognava cominciare e non dal Senato.
Così fatto, il riconteggio dei voti è solo un primo passo, un risultato apprezzabile perché è il frutto del pressing del centrodestra, una concessione che la sinistra ha dovuto fare perché in crisi di legittimità e immagine dopo la manifestazione del 2 dicembre e l’inchiesta boomerang di Deaglio sul voto taroccato.

Ma per diventare una vittoria politica le verifiche devono essere estese alla Camera (e dopo la decisione del Senato, sarà difficile per Montecitorio dire no) e a tutte le schede, non solo a quelle bianche e nulle.
Una verifica parziale non è un’operazione verità, ma solo un paravento per coprirla.

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