"Le aggressioni ai medici? Frutto di troppe fake news". Intervista a Filippo Anelli

Il presidente dei camici bianchi ragiona sulle cause della violenza dei pazienti. Oggi il corteo a Foggia

"Le aggressioni ai medici? Frutto di troppe fake news". Intervista a Filippo Anelli

E pensare che un tempo il medico era «il barone» della sanità, il privilegiato, quello a cui portare il massimo del rispetto. Poi è stato «l'eroe», per qualche manciata di giorni all'inizio del Covid. Andrà-tutto-bene e via applausi dai balconi delle case. Ora cos'è? Spesso - troppo spesso - è «il bersaglio». Della rabbia, della frustrazione, dell'incapacità di domare l'istinto con il cervello. Da qui le 16mila aggressioni all'anno, le botte, gli insulti, le minacce da parte dei pazienti.

Filippo Anelli, presidente della federazione degli ordini dei medici, cosa è successo? Come mai è precipitata la fiducia nei confronti dei medici?

«I sondaggi delle case demoscopiche dicono che il livello di fiducia è alto. Ma questo non ci esime dal dover fare delle considerazioni: viviamo in una società aggressiva che ha perso tanti valori. Si usa la violenza contro varie figure autorevoli, dagli insegnanti ai giudici, dalle forze dell'ordine ai sanitari. Il medico ha una crisi d'identità».

Il medico ha perso l'autorevolezza?

«Nel tempo sì. È stato un processo lento. I cittadini chiedono efficienza dalla sanità e se non la ottengono sfociano nella rabbia. Ci sono stati tagli al personale deleteri, il tetto delle assunzioni è fermo ai livelli del 2004. In più è stata sbagliata la programmazione dei posti all'università. Dieci anni fa c'erano 10mila iscritti a Medicina e 6mila posti di specializzazione. Ma in pensione ci sono andate 15mila persone. I numeri sono stati corretti solo nel 2020 con il Covid. Ma il personale è poco, i medici fanno i doppi turni, il rischio clinico aumenta».

Che nesso c'è con le aggressioni?

«Con tutti questi problemi, i medici hanno meno tempo».

Intende tempo per curare bene i pazienti?

«Tempo per ascoltarli, per spiegare in cosa consistono le cure, quali rischi comportano. La comunicazione è già una cura. E dal momento in cui è venuta a mancare, il medico è stato visto come una sorta di tecnico, nulla di più. Quindi è venuta meno la sua credibilità e ha perso il rispetto».

Nel frattempo sono state diffuse, forse come mai in passato, fake news sanitarie di ogni tipo.

«Esatto. Hanno trovato spazio proprio nel vuoto di comunicazione che si è creato tra medico e paziente. Ovviamente un medico non può curare tutto. Il paziente cerca risposte. Per questo fanno presa soluzioni alternative (anche se soluzioni non sono), suggestive e miracolistiche».

La non-scienza ha più appeal della scienza. Per questo il medico viene rispettato di meno?

«Anche per questo. Dal momento in cui, durante il Covid, le opinioni dei medici sono state messe sullo stesso piano dei non-scienziati, allora la scienza è stata screditata agli occhi della gente. E ora deve recuperare la sua credibilità».

Ammettiamo che la recuperi. È così difficile curarsi (pensiamo solo alle liste d'attesa) che è dura avere fiducia nel sistema sanitario.

«Ecco, anche le liste d'attesa fanno perdere fiducia nel sistema sanitario. Ma non dimentichiamo che è grazie alla scienza e alla gratuità del Ssn che molte persone malate di tumore si possono curare con le Car-T, che altrimenti costerebbero 200mila euro a trattamento».

Cosa chiedono i medici?

«Al Governo chiediamo fondamentalmente due cose: promuovere la scienza e metterci in condizioni di fare i medici. Ripeto, non i tecnici. Nel momento in cui i medici avranno ancora il tempo di spiegare ai pazienti, di comunicare con loro, allora non servirà più cercare come matti le risposte su Google o rivolgersi a santoni vari. Diciamolo chiaramente: il cittadino ha diritto alle spiegazioni».

Tornando alle aggressioni: il ministro Schillaci ha annunciato l'arresto in flagranza differita per chi è violento con il personale sanitario. Che ne pensa?

«Sì, bene, come misura d'emergenza può essere molto utile, ottimo deterrente. Per questo chiediamo venga firmato velocemente il decreto legge. Abbiamo fretta di portare sicurezza all'interno degli ospedali, per far lavorare bene i medici, non con addosso la paura».

Per attuare la flagranza differita, cioè comprovata da un filmato, servono telecamere di sorveglianza. Non tutti gli ospedali le hanno. Altrimenti 40 parenti infuriati non riuscirebbero ad arrivare fino a un reparto di oncologia, come accaduto a Pescara, distruggendo porte e materiale medico.

«È fondamentale investire nella videosorveglianza, carente in molte strutture. Nel Pnrr ci sono 7,5 miliardi di euro dedicati agli ospedali. Una parte di questi può essere impegnata nelle telecamere. Occorre una telesorveglianza organizzata, con impianti collegati alle centrali delle forze dell'ordine per garantire un intervento tempestivo e non solo un filmato da usare a posteriori per identificare le persone violente».

Cosa pensa invece dell'ipotesi del Daspo sanitario? Tre anni di cure a pagamento per chi aggredisce il personale ospedaliero.

«Io penso sia un ottimo contrappasso: chi è violento e distrugge l'ospedale, non ha più diritto alla gratuità delle visite programmabili. Gli uffici legali sollevano dubbi sulla costituzionalità di questa ipotesi perché non deve ledere il diritto alle cure per tutti. Inoltre l'iter legislativo per approvarlo sarebbe molto lungo. Quindi diciamo che per ora va bene il decreto legge sull'arresto».

Oggi sarà in piazza assieme ai medici a Foggia?

«No ma ci sarà il presidente dell'ordine della Puglia. Io sono solidale ai colleghi, i particolar modo a quelli aggrediti e costretti a barricarsi in una sala per mettersi al sicuro. Scendere in piazza ora è molto importante: è ora di dire basta a tutta questa violenza. Il diritto alla salute che i professionisti della salute garantiscono non può essere disgiunto dal diritto alla sicurezza».

È un cane che si morde la coda.

«Senza sicurezza, difficilmente l'assistenza potrà essere garantita con la massima efficienza.

Questi episodi che alimentano la paura e l'angoscia spingeranno sempre più i professionisti ad abbandonare il Servizio sanitario nazionale. L'effetto sarà la compromissione non solo della qualità e dell'universalità dell'assistenza ma anche della stabilità sociale, così importante in questo momento storico».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica