È una storia che ha dell'incredibile quella di Anna Leonori, mamma di due figli di 14 e 18 anni, che dopo un lungo calvario durato quasi 10 anni, ora a 51 anni si ritrova senza braccia e gambe e vive con quattro protesi agli arti e una stomia urinaria, un'apertura creata chirurgicamente che consiste nell'abboccamento dell'uretere alla parete addominale, convogliando l'urina all'interno di una sacca di raccolta esterna, che funge da collettore per drenare l'urina quando la vescica non funziona o è stata rimossa.
Il lungo calvario
Tutto ha inizio nel 2014 con una diagnosi di tumore alla vescica: "Quarto grado infiltrante -racconta Anna - Al Regina Elena di Roma mi tolgono utero e ovaie. Poi Arriva il risultato del secondo esame istologico: è negativo. La presa di coscienza non è stata immediata. All'inizio ho provato gioia. Mi hanno ricostruito una vescica ortotopica che, però, ha iniziato a dare problemi. Sono cominciati ricoveri e infezioni".
A maggio del 2017 la donna torna all'ospedale Regina Elena dove rimane per un mese. Fanno diverse ricerche pensando a un tumore al peritoneo, ma non risulta. Inizia una cura antibiotica senza che le vengano fatti ulteriori accertamenti medici. Il 7 ottobre Anna va in setticemia, "I soccorsi all'ospedale di Terni non sono stati immediati -ricorda - Sono stata in coma, sia naturale che indotto per due mesi e mezzo. Al mio risveglio era iniziata la necrosi degli arti".
Non c'è più nulla da fare, e a 46 anni le vengono amputati gli arti al Bufalini di Cesena dove la trasferiscono. "Dell'ultimo ospedale, però, non posso che parlare bene - sottolinea - ormai era troppo tardi per intervenire". Ed è così che da quel momento Anna si ritrova senza arti, con la vita a pezzi.
La forza di andare avanti per i figli
"Mi sono rimessa in piedi per i miei ragazzi. Sono loro che aiutano me. Recuperare il rapporto con mio figlio maggiore è stato più complicato - spiega - perché ha alcuni problemi e comunica con molta difficoltà". Sembra una tragedia senza fine a cui però un po' di sollevo arriva dall'incontro con la la schermitrice olimpionica Bebe Vio. "Lei e i suoi genitori mi hanno dato dei consigli, mi hanno parlato del percorso fatto da Bebe e questo mi ha fatto comprendere che si può andare avanti e continuare a vivere anche se con grande difficoltà".
Per quanto riguarda le protesi, "ci sono alcune che non sono comprese nel nomenclatore. Bisogna aggiungere 7mila euro a quelle che passa la Asl. Poi ci sono gli arti artificiali di ultima generazione che permettono di fare più movimenti" spiega. Per lei sembrava impossibile averli, ma le associazioni, i privati e la sua città l'hanno aiutata con una catena di solidarietà senza eguali. "Fino a oggi ho indossato queste protesi come fossero un bel vestito, con la paura che potessero rompersi - racconta - questo non mi ha permesso di sfruttarle al massimo".
Arriva il risarcimento
Fortunatamente, e non è scontato dirlo, per lei è arrivata giustizia per i numerosi errori medici. Dopo nove anni dall'inizio di tutto, ha ottenuto un risarcimento di oltre due milioni di euro. "Guardare indietro è tostissimo, oggi vorrei pensare al futuro e vivere con più serenità - racconta - perché è stata fatta giustizia, poteva succedere a chiunque. È drammatico".
Ma il percorso legale è stato lungo che però si è concluso tre mesi dopo l'incontro: "illuminante" con l'avvocato Erdis Duraci che sulla storia ha poche parole da dire se non solo a livello umano: "Ho rivisto finalmente il sorriso nel volto di Anna, lo stesso che appariva perso e senza speranza quando l'ho conosciuta", commenta il legale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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