"Chi sa parli, i miei figli non erano soli il pomeriggio in cui finirono nel pozzo, sanno qualcosa i loro compagni di giochi e anche i loro genitori". È l'appello di Filippo Pappalardi, il papà di Ciccio e Tore, i due fratellini scomparsi a Gravina di Puglia, una cittadina distante poco più di 40 chilometri da Bari, il 5 luglio 2006. I corpi furono ritrovati all'interno di un pozzo, in una casa abbandonata, dopo un anno e mezzo di ricerche andate a vuoto. Era il 25 febbraio 2008, 15 anni fa. "Chi ha detto troppo poco, chi ha ritrattato, chi ha depistato, si metta una mano sulla coscienza", dice Filippo in un'intervista a Repubblica.it in cui chiede di riaprire le indagini.
La "casa delle cento stanze"
Se c'è un dettaglio inquietante in questa storia drammatica, uno dei tanti, riguarda il luogo che per oltre 200 giorni ha custodito il segreto di due giovani vite spezzate troppo presto: Ciccio aveva 13 anni e Tore appena 11. Furono estratti dal fondo di un pozzo in un casolare abbandonato, la "casa delle cento stanze", dove i ragazzini del posto erano soliti incontrarsi nel tardo pomeriggio. Lo hanno fatto fino a quando quel vecchio rudere non è crollato, forse, sotto il peso greve di verità inconfessabili. "Credo che in quella casa sia accaduto qualcosa di inconfessabile, che nessuno tra i coetanei dei bambini e tra gli adulti ha potuto dire Perché un segreto così conservato, costi quel che costi, è un segreto per forza importante", afferma Mauro Valentini, il giornalista e scrittore che assieme all'ex comandante dei Ris di Parma, Luciano Garofano, ha scritto un libro dedicato alla vicenda dei fratellini morti a Gravina di Puglia.
"Abbiamo segnalato nomi e cognomi"
C'è un groviglio di testimonianze in questa tragedia, di parole non dette e ritratte. Filippo Pappalardi ha chiesto per ben due volte alla procura di riaprire le indagini. L'ultima nel luglio 2021, quando è stata respinta l'istanza formulata dal suo legale sulla scorta di una relazione stilata dal generale Garofano. "Abbiamo segnalato alla Procura nomi e cognomi di persone che hanno mentito o non detto tutto ciò che sapevano. I compagni di Ciccio e Tore, che presumibilmente erano con loro, all'epoca non erano imputabili e anche oggi se parlano non rischiano nulla. - spiega l'ex comandante dei Ris a Repubblica - Inoltre, ci sono reperti - una bomboletta spray, la batteria di un telefono, un palloncino - che potrebbero essere rianalizzati alla ricerca di elementi dattiloscopici e genetici con tecniche che quindici anni fa non esistevano. Non è giusto che un padre non sappia cosa è accaduto ai suoi figli, che di fatto sono morti di stenti".
L'appello: "Chi sa parli"
Filippo Pappalardi fu il principale sospettato in questa vicenda. Il 27 novembre 2007 fu arrestato con l'accusa di duplice omicidio aggravato da futili motivi e dai vincoli di parentela e occultamento di cadavere. Il 4 aprile 2008 ritornò in libertà e, l'anno successivo, la sua posizione fu definitivamente archiviata. Gli inquirenti conclusero che Ciccio e Tore fossero morti per via di una lunga agonia e per le ferite riportate a seguito della "caduta accidentale" nel pozzo. Il padre dei due ragazzini non crede alla tesi della procura: dopo 15 anni chiede ancora verità e giustizia per i suoi figli.
"Non mi rassegnerò mai a non sapere cosa è successo e per quale motivo. - dice - So che è difficile per lo Stato mettere sotto inchiesta parte dei suoi apparati ma lo deve a me, che sono stato accusato ingiustamente. E soprattutto alla memoria dei miei bambini".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.