Dal primo gennaio a Milano sarà vietato fumare per strada, fuori dai bar, seduti in panchina al parco, poggiando i gomiti sul davanzale di casa propria guardando le stelle o il tram che sferraglia. La regola, che prevede multe salate per i trasgressori, è stata promulgata dal sindaco Beppe Sala, che in tal modo leggo tra le motivazioni non solo si preoccupa della salute dei fumatori e dei non fumatori che passeggino vicino al malintenzionato vizioso delle bionde, ma vasto programma - anche a tutela dell'umanità intera. Infatti secondo studi resi noti dall'apposita assessora all'ambiente il filo di fumo che esce dalle sigarette e sale su, distribuisce ovunque polveri sottili, destinate a fare collassare in men che non si dica l'atmosfera seppellendoci tutti. I fumatori si consolino. Ci sono altre nemiche di Sala e affini in giro: le vacche alpine e quelle di pianura, le quali sono un pericolo pubblico non per il cospicuo lascito di letame fumante, ma per rutti e flatulenze metanifere dovute al loro essere ruminanti. Non potendo multarle direttamente, e considerando l'attenuante della loro utilità di generose lattaie, ritengo che l'allarme lanciato riguardo alle gentili bovine sia per preparare la deportazione di quella categoria di umani ritenuta causa preponderante di tali emissioni contaminatrici: e chi se non i vecchi? Noterete che il tono della mia prosa è tra il mesto e l'ironico, ma in realtà sono incazzato come una biscia a sangue freddo. Non temo che i vigili urbani compilino delle contravvenzioni: sarebbe se non altro una bella novità lo scorgere qualche antico ghisa o moderno esponente della polizia locale circolare tra i milanesi. Anche se ci fossero, non li vedo impegnati a usare il naso come radar. Non conosco nessuno infatti che, fumando in ospedale alla finestra o alla toilette, per ridurre lo stress di cure che non finiscono mai, sia stato multato, e neppure chi si sia visto appioppare una sanzione pecuniaria perché sorpreso ad accendersi un Toscano nei presi di una fermata di un autobus o mentre alle transenne osservava passare il giro d'Italia.
Sono multe da gride manzoniane, carte su carte, una più severa dell'altra, ma tutte inapplicabili come si ricava dal fatto che in nessun caso si sono materializzate in sanzioni utili a ingrassare le casse comunali. Semmai a spolparle. A suo tempo furono concepiti, stampati e distribuiti a controllori, che per fortuna avevano ben altro da fare e controllare, moduli di verbale già ai tempi delle disposizioni antifumo dilagate dal 2005 in poi, ma sono rimasti intatti, soldi buttati. Conoscete qualcuno che ha pagato una contravvenzione per fumo? Ho smosso durante le feste giovani virgulti del mio largo parentorum a cercare su Internet casi di sanzioni realmente appioppate a qualche sventurato individuato in flagranza di alito tabagista. Hanno rintracciato un solo sventurato, a Trento, il quale, multato per 50 euro, ha riconosciuto il torto ma non avendo redditi non ha potuto sborsare il conquibus, per cui finito in tribunale ha accondisceso a pagare a rate.
Il ridicolo non è l'aspetto più deleterio, anche se non è bello che disposizioni dell'autorità scivolino nel comico, poiché a rimetterci è la serietà delle istituzioni e il rispetto che dovrebbero meritare. Come si fa a prendere sul serio l'ipotesi di nasi fini e vendicativi radunati in commando, e capaci, oltre che di individuare i consumatori di tabacco, in futuro anche anziani col pannolone non regolamentare? Il pericolo è un altro, ed è l'innesco per futili motivi di micro conflitti di vicinato. Come se non bastassero i demenziali inviti alla rivolta sociale di Landini, vedo già i militanti del presunto civismo ecologico che, da zelanti cittadini, telefonano al 112 e indicano al popolo indignato gli untori lanzichenecchi che uccidono gli ignari bambini trafficando con la pipa in bocca.
In realtà, Sala, che non è fesso, anche se fa di tutto per sembrarlo, si adegua alla nuova religione pubblica: quella del divieto di tutto ciò che suona in dissenso dai dogmi del politicamente corretto. Valeva già per il linguaggio, ora, come la ginnastica obbligatoria in Cina, si esercita come dittatura salutistica, erigendo a comandamento divino
qualunque ipotesi scientifica, anche strampalata, purché apocalittica. La Nuova Religione del Divieto ha i suoi kapò che hanno messo le mani sull'aria fresca, e il fumatore è il deviante da raddrizzare. Questi divieti lungi dal far guadagnare qualcosa in salute ci privano di un bene essenziale, espropriando i luoghi di convivialità e socialità, i picnic sui plaid e le tavolate sotto il bersò, trasformandole in cliniche dell'aria pura vigilate dalla polizia igienista. Tolgono il piacere di chiedere «disturbo se fumo, magari mi sposto», espropriando il diritto e il dovere di un minimo di tolleranza.
Ma chi sente davvero il bisogno di uno Stato etico, in realtà tirannico, che ci imponga come vivere? Ma non ci si accorge che questa mania collettiva di proteggere la salute altrui stia diventando una vera e propria forma di schiavismo omologante? Forse sarebbe ora di rivalutare le priorità e di considerare che il vero problema non è la sigaretta, ma la perdita della libertà di scelta.
In un mondo dove si cerca di controllare ogni aspetto della nostra vita, dove si ha paura di tutto e di tutti, fumare all'aperto, tra amici, non è solo un gesto del potere conviviale del tabacco, ma un atto di ribellione contro il conformismo.
E se uno sbuffo di una sigaretta, come Humphrey Bogart a Casablanca, disturba l'aria fresca, non è forse una meraviglia anche per chi non fuma saperla inondata dalle chiacchiere, dalle risate e dalle cantate di una compagnia? E dopo, a veniale bisboccia dispersa, osservare chi sistema i tavolini e rovescia i portaceneri, la consolazione di vedere un bar pieno di fumo che l'alba ripulisce d'incanto. Cito a memoria un poeta, Giorgio Caproni: «Amore mio, nei vapori d'un bar all'alba». Ricordiamoci di preservare la nostra umanità, chi può, ancora fumando- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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