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Oggi - per non essere snob e mostrare quanto siamo nazionalpopolari - parliamo anche noi di musica.
Cioè di Scala.
Ecco. È successo che nei giorni scorsi sono state decise le nomine per il Consiglio di amministrazione del Teatro alla Scala. La Scala: non stiamo parlando di canzonette.
Bene. Poiché i nomi indicati dalla Regione Lombardia (Barbara Berlusconi) e dal ministero della Cultura (Marcello Foa e Melania Rizzoli) sono tutti di area centrodestra, la sinistra si è indignata. Strano.
Noi a quel punto ci siamo indignati due volte. La prima perché non siamo stati scelti noi, visto come portiamo bene lo smoking. La seconda perché ci siamo ricordati chi nominava la sinistra quando era al governo. Un esempio a caso. Sotto il «Conte II» a controllare la Scala erano: Franceschini che sceglieva; il finanziere con cuore a sinistra Francesco Micheli che comandava; il sindaco Sala che presiedeva (quello presiede sempre); il sovrintendente Meyer, con un'esperienza nel «Parti communiste français», che dirigeva; e Maite Carpio in Bulgari - lussuosa romana del Pd, una che l'unica scala che aveva visto fino ad allora era quella della sua villa che alzava la mano.
E Lorenzo Ornaghi, già rettore della Cattolica, quando divenne ministro nominò alla Scala un vertice della sua (ex) università. Per dire.
A noi, sinceramente, la nuova Scala non spaventa. L'unica paura è che Beppe Sala (gira voce) voglia fare una ciclabile fra il bookshop e il foyer.
Speriamo che il Cda voti contro.
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