"Era una fiaba". L'inno di Benigni al comunismo

L'attore torna in tv e si lascia andare a una nostalgica esaltazione del comunismo: "Le case del popolo erano una palestra di democrazia, una cosa meravigliosa". E su Berlinguer: "Era puro come un bambino"

"Era una fiaba". L'inno di Benigni al comunismo
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I toni appassionati, l'enfasi, la teatralità dei gesti. Roberto Benigni ci ha messo tutto l'afflato possibile. Su La7 l'attore toscano si è così lasciato andare a una sorta di ode al comunismo, da lui descritto in toni elegiaci velati di nostalgia. "Era come una fiaba". Ospite d'onore di Corrado Augias, l'interpete è tornato in tv per commentare la messa in onda del film "Berlinguer ti voglio bene", di cui egli stesso fu protagonista e interprete. Al cospetto del giornalista, il premio Oscar ha prima celebrato la figura del compianto leader del Pci con particolare trasporto. "Vedendo in lui la purezza di un bambino, decisi di prenderlo in braccio", ha raccontato, riferendosi a una celebre istantanea che lo ritrare mentre solleva da terra il politico sardo.

Preso dalla passione dell'amarcord, tuttavia, l'attore toscano non si è limitato a ricordare Berlinguer. A un tratto, infatti, Roberto si è spinto in una nostalgica descrizione del comunismo, sempre in un crescendo di esaltazione retorica. "A quell'epoca, le case del popolo in Toscana erano una palestra di democrazia come non ne sono mai esistite in Italia. Una cosa meravigliosa! Adesso non ci sono più, sono tutti locali lap dance". E subito dopo, quasi senza nemmeno prendere il fiato: "Era come una fiaba. Il comunismo fatto vivere come una fiaba. Non si poteva non essere comunisti a quell'epoca". Mancavano solo i violini in sottofondo a sottolineare l'ode dell'attore all'ideologia rossa, tra case del popolo, pugni chiusi e compagni.

Così, i telespettatori si sono beccati una struggente rievocazione dei tempi andati, presentati come un periodo ideale. Come se le "palestre di democrazia" fossero solo e soltanto quelle con la bandiera rossa. Alla faccia delle esperienze politiche liberali, democristiane e della destra sociale, che pure diedero un apporto fondamentale all'espressione della pluralità democratica nel Paese. "Il marxismo e il comunismo non sono una scienza, sono un grido di dolore", ha proseguito ancora Benigni, interrotto con difficoltà da Augias che cercava di inserirsi in quel che ormai era diventato un monologo. "È come l'età evolutiva adulta, quando lo spirito dell'uomo comincia a bollire ed esplodere, la prima volta da soli, poi in compagnia. Una cosa naturale...", ha proseguito Roberto.

Nostalgia canaglia. Qualcuno era comunista, cantava Giorgio Gaber: stando al racconto di Benigni, dovevano esserlo tutti.

Ma anche alla soggettività dei ricordi forse c'è un limite, visto che in nome della bandiera rossa sono stati anche elaborati progetti politici fallimentari e controversi nella loro applicazione. Una "fiaba", ma senza lieto fine.

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