Cara Paola,
io penso che sia davvero facile risolvere il quesito che lei pone il quale è essenzialmente questo: i grandi mammiferi selvatici vivono a loro agio all'interno di strutture itineranti come il circo? La risposta, a mio avviso, è logica e nessuno mai riuscirà a persuadermi che mi sbaglio, né le celebri famiglie circensi né i domatori né gli addestratori né gli etologi. Ed eccola qui: no, queste bestie non campano affatto beate e contente poiché nessun essere vivente può essere beato e contento dietro le sbarre, rinchiuso in cella, in uno stato quindi di prigionia. In ciascuna creatura è insito l'amore per la libertà nonché l'istinto ad essere e mantenersi libera. Nessuno di noi sogna le catene. E perché mai dovrebbero dunque bramarle gli animali?
A prescindere da questa considerazione essenziale, sottolineo un altro elemento, che non è affatto secondario: teniamo questi esseri meravigliosi in gabbia allo scopo di attirare spettatori, ovvero li usiamo come fonte di attrazione e di lucro. Questo non è etico. È qualcosa di anacronistico, che risulta totalmente scollato dai valori e dai principi che sono propri della nostra civiltà occidentale, la quale, soprattutto negli ultimi lustri, ha compiuto importanti passi in avanti sulla strada del riconoscimento dei diritti degli animali. Oggi è consapevolezza universale che siano esseri senzienti, proprio come noi, capaci di provare emozioni che pure noi proviamo. Perché seguitiamo a reputarci a loro superiori tanto da vantare una sorta di diritto a catturarli e imprigionarli per poi adoperarli come strumenti per arricchirci? In questa azione ci riveliamo semmai a loro inferiori.
Si continua a dire che questo povero leone, Kimba, esemplare bellissimo di otto anni che sabato scorso se ne è andato a zonzo per Ladispoli, sia lieto di vivere nel circo e di stare recluso e di spostarsi frequentemente a bordo di camion, viaggi lunghi ed estenuanti, per raggiungere una nuova destinazione, ma questa è una stronzata.
Se nutrite dubbi su questo punto, osservate gli occhi di Kimba, disperato, confuso, perso, impaurito. Noi abbiamo paura di lui mentre lui ha paura di noi e ne ha buone ragioni. Non escludo che quel lucchetto lo abbia rotto lui stesso per fuggire, in un impeto di disperazione e di rabbia, per poi rendersi conto miseramente che non ha dove andare. Ed eccoli lì quegli uomini, pronti a braccarlo. Lo abbiamo catturato ancora e rinchiuso ancora. E Kimba non può che rassegnarsi. E lo ha già fatto ormai. Si legge nel suo sguardo, mentre osserva i bambini urlanti che lo osservano e ridono con i genitori che ridono non si sa di cosa. Mio Dio, quanto siamo imbecilli e crudeli!
Per quanto fugga, Kimba si ritroverà ancora lì,
al di là di quelle sbarre di metallo. Al di qua delle quali c'è una esistenza libera che gli è stata preclusa da esseri umani liberi.E stasera si lavora ancora. Si esce soltanto per quello. Perché stasera è un altro show.
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