La storia di Matilde Serao racchiude al suo interno un iniziale paradosso che le servirà in un secondo momento a comprendere realmente le sue capacità e sfruttarle. Nasce nel 1856 a Patrasso, in Grecia, nella terra della madre, Paolina Borrelly, una nobile decaduta che s’innamora di un avvocato e giornalista napoletano, Francesco Saverio Serao, in esilio in quanto, essendo un convinto antiborbonico, rischia la forca. Entrambi diventano due modelli da seguire per la piccola Matilde. Nel 1860 la famiglia torna in patria grazie alla caduta di Francesco II che permette al padre di trovare alloggio nei pressi di Caserta e poi a Napoli.
Nonostante l’ambiente familiare intriso di cultura e le intere giornate passate con il padre in redazione, Matilde rimane analfabeta fino all’età adolescenziale. Solo all’età di 15 anni la giovane si presenta all’istituto magistrale per poter iniziare gli studi che finisce grazie al conferimento del diploma da maestra. Il bisogno di sapere dipende non solo da una condizione economica familiare instabile, ma soprattutto da un’esigenza personale.
Ancora molto giovane trova lavoro come ausiliaria ai Telegrafi di Stato, che la impegneranno per tre anni e nel frattempo comincia a scrivere piccoli articoli da pubblicare. La letteratura diventa un rifugio e così comincia a sperimentare con la stesura di breve novelle con lo pseudonimo di “Tuffolina”. Dopo la sua prima novella completa Opale, uscita nel 1878, il suo nome d’arte, con il quale firma sia la cronaca che la critica, diviene “Ciquita”.
Il trasferimento a Roma le dà l’opportunità di iniziare a frequentare i salotti mondani, famosi per essere luoghi di ritrovo per gli artisti dell’epoca. La sua risata fragorosa e i suoi movimenti poco raffinati, però, non mettono in evidenza il suo intelletto, anzi viene subito giudicata grossolana e sgraziata soprattutto dalle altre donne. Lei se ne accorge presto ma non le importa. “Quelle damine eleganti non sanno che io le conosco da cima a fondo – scriverà in seguito la giovane Matilde - che le metterò nelle mie opere; esse non hanno coscienza del mio valore, della mia potenza”. I modi garbati impartiti dalla madre in tenera età, infatti, non avevano fatto breccia nella scrittrice. Al contrario aveva sviluppato altre qualità come lo spirito d’osservazione, da questo momento infatti comincia a essere definita da alcuni come un’eroina borghese ma con occhio attento nei confronti degli ultimi, ruolo che spesso non viene ben visto dalla società che la circonda.
La critica e poi l’amore
Nel 1883 viene pubblicato il suo libro più famoso, Fantasia, per il quale si accende un dibattito tra il poeta e critico Edoardo Scarfoglio e la scrittrice. Lui le contesta: “… si può dire che essa sia come una materia inorganica, come una minestra fatta di tutti gli avanzi di un banchetto copioso, nella quale certi pigmenti troppo forti tentano invano di saporire la scipitaggine dell'insieme – con un linguaggio che – vi si dissolve sotto le mani per l'inesattezza, per l'inopportunità, per la miscela dei vocaboli dialettali italiani e francesi”. Matilde risponde dando la colpa ai pochi anni di studio da autodidatta ma senza rinnegare la sua originalità: “Vi confesso che se per un caso imparassi a farlo, non lo farei. Io credo, con la vivacità di quel linguaggio incerto e di quello stile rotto, d'infondere nelle opere mie il calore, e il calore non solo vivifica i corpi ma li preserva da ogni corruzione del tempo”.
Questo botta e risposta sarà il pretesto dell’incontro fortunato tra i due che determinò il loro sfarzoso matrimonio nel 1885, da cui nacquero i loro quattro figli. Tra una gravidanza e l’altra Serao continua a non dare limite alla sua creatività e in quegli anni pubblica altri romanzi come Pagina Azzurra, All'erta!, Sentinella, La conquista di Roma, Piccole anime, Il ventre di Napoli, Il romanzo della fanciulla.
Nonostante le convenzioni di quell’epoca, che dipingevano la donna come colei che doveva occuparsi della casa e della prole, la famiglia Scarfoglio-Serao rappresenta una rottura completa degli schemi. È proprio il critico infatti a convincere la moglie a fondare un giornale tutto loro e nel 1885 inaugurano il Corriere di Roma. Il suo decollo però avviene in modo nebuloso e a tratti interrotto da un vero gigante dell’editoria di quei tempi, La tribuna, che gode di un vasto pubblico e firme prestigiose. Il Corriere di Roma invece rimane di nicchia e non riuscirà mai a stare al passo con le altre testate. Per questo motivo i profitti cominciano a essere meno dei debiti, demoralizzando gli animi.
Lo scoraggiamento iniziale tuttavia è spazzato via da un incontro casuale a Napoli con il banchiere Matteo Schilizzi e proprietario del quotidiano Corriere del Mattino. La conversazione tra i tre si trasforma in un accordo: il banchiere si sarebbe accollato i debiti e in cambio la coppia avrebbe preso in mano le redini del giornale. Nel 1887 il Corriere di Roma cessa quindi le sue pubblicazioni e si fonde con il Corriere del Mattino dando via al Corriere di Napoli, con sede nella città partenopea.
Dopo varie vicissitudini Scarfoglio e Serao decideranno di cedere la loro parte della proprietà e lanciarsi nuovamente nella fondazione di un nuovo giornale, sperando di trovare più fortuna della prima volta. Il 16 marzo 1892 esce il primo numero de Il Mattino dove anche Matilde scriverà alcuni articoli sotto pseudonimo di “Gibus”.
Il tradimento, lo sparo e la separazione
L’insieme di cambiamenti, emozioni, sofferenze, affaticamenti destabilizzano presto la salute di Matilde per cui, sotto suggerimento, cerca di evadere dalla routine e rifugiarsi per un periodo di riposo in Valle d’Aosta. La situazione a casa senza la colonna portante però crolla vertiginosamente senza un punto di non ritorno. Il marito conosce una cantante di teatro, Gabrielle Bessard, con la quale inizia una storia extraconiugale. Al ritorno della moglie è costretto a rivelare il tradimento e dopo una prima incertezza Scarfoglio decide di rimanere con Matilde lasciando definitivamente l’amante. Quest’ultima, che aveva dato alla luce il frutto dell’adulterio, un giorno si presenta alla porta della loro casa e, lasciando la bambina tra le braccia della Serao, si spara un colpo di pistola al cuore. Accanto al suo corpo esanime gli agenti trovano un biglietto: "Perdonami se vengo a uccidermi sulla tua porta come un cane fedele. Ti amo sempre".
Questo gesto segnerà per sempre Matilde e il marito. Nonostante l’insabbiamento iniziale, la notizia inizia a dilagare tra le varie testate giornalistiche, ormai tutti sono a conoscenza del fatto. Il nome della famiglia è infangato e c’è persino chi la compatisce. Lei però è una che tiene testa alta soprattutto nelle difficoltà e senza neanche pensarci troppo adotta la piccola orfana alla quale dà il nome di sua madre, Paolina. La storia del tradimento non è una novità. Scarfoglio la ama davvero ma per lui non è l’unica donna della sua vita. I due finiscono così per separarsi definitivamente.
Le accuse e la rinascita
Il periodo nero è solo all’inizio. Le voci sulla cattiva condotta e le polemiche su una vicenda di corruzione diventano sia per il critico e sia per la Serao motivo di grande diffamazione. Entrambi vengono accusati di aver fatto favori in cambio di denaro durante la conduzione dei loro quotidiani. Dalle voci si passa ai fatti quando entrambi vengono allontanati gradualmente dal settore giornalistico facendo svanire i loro cognomi dai vari articoli.
Rimasta sola e con pochi spiccioli, la Serao non si fa abbattere e continua con quello che sa fare meglio: scrivere. Non solo, grazie alle strategie comunicative delle quali conosceva ogni segreto, riesce ad anticipare i tempi, per esempio con la proposta di abbonamenti ai lettori in cambio di sconti e gadget.
La sua rinascita è merito soprattutto di una rubrica “Api, mosconi e vespe”, con la quale tratta di temi di vita quotidiana, indagando sugli usi e costumi sia nei contesti borghesi che in quelli più umili. I rapporti con l’ex marito, però, diventano sempre più tesi fino a quando Matilde decide di lasciare Il Mattino e si mette in proprio.
La stessa rubrica, ma dal nome “Mosconi” verrà pubblicata nel giornale fondato nel 1904 dalla Serao, prima donna nella storia del giornalismo italiano, Il Giorno che divenne ufficialmente la concorrenza del Il Mattino di Scarfoglio. Nel 1911 il nome di Serao già nuovamente noto ai lettori, appare nel settimanale simile a una rivista “La moda del giorno”, edito da Antonio Quattrini, di cui assume la direzione.
Il suo concetto di femminismo
Il femminismo della Serao è un attivismo implicito nelle sue battaglie personali molto distante da quello che si intende oggi. Durante un’intervista nel 1904 dirà infatti: “Femminista? Non mi sono mai occupata della questione. Ma crede lei che abbia ragione d’essere una questione femminista? Il femminismo non esiste. Esistono solo delle questioni economiche e morali che si scioglieranno o si miglioreranno quando saranno migliorate le condizioni generali della donna: assicurare alla donna il sacrosanto diritto di vivere”. Matilde Serao è una donna pratica nella vita di tutti i giorni e lo è anche nei suoi ragionamenti. “Maledetta questa mia gonna!”, scriverà riguardo al rammarico che aveva provato sapendo di non poter accedere alle case chiuse per raccontare la storia di prostituzione dentro quelle mura.
Un’altra inchiesta forte è quella dal titolo “Le vie dolorose delle maestre”. Fatta l’Italia infatti si dovevano formare gli italiani: dunque il collante doveva essere innanzitutto la lingua parlata, unica per tutti. Lo Stato decide quindi di mandare le maestrine in tutto il Paese per insegnare alla gente a leggere e scrivere. Il viaggio di queste ragazzine simili a delle soldatesse, in missione non verso una terra bellica ma verso destinazioni incognite e spesso in realtà molto diverse da quella natale, era motivo di grande sofferenza. Giovani donne completamente sole, mal pagate, esposte e spesso in balia di tragici destini che la scrittrice trasformerà in protagoniste nei racconti della sua rubrica, donne che altrimenti sarebbero cadute nell’oblio della memoria.
Gli ultimi anni
La vita sentimentale della giornalista si riaccende quando conosce un giovane giornalista dal nome Giuseppe Natale con il quale concepisce una bambina dal nome Eleonora, in onore della storica amica Eleonora Duse. I due si sposano alla morte di Scarfoglio, ma dopo qualche anno anche Giuseppe Natale muore lasciando un vuoto incolmabile nella vita della donna.
Nel 1926 un altro evento grandioso segna la sua esistenza: la candidatura al Premio Nobel per la letteratura. Ma - nonostante il repertorio di 26 romanzi e 160 novelle e collaborazioni con più di 100 testate italiane e straniere - le sue idee, segno di un’indipendenza intellettuale, non le permettono di aggiudicarsi l’ambito premio che quello stesso anno vincerà un’altra donna, Grazia Deledda.
La fine dell’esistenza
di Matilde Serao è memorabile come la sua vita. La morte infatti la coglierà con la penna in mano nel 1927, proprio mentre era intenta a scrivere un articolo per allietare il suo pubblico e la sua anima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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