Maternità surrogata e bambini-oggetto

A quale punto possiamo spingerci per diventare madri e padri?

Maternità surrogata e bambini-oggetto

Gentile Direttore Feltri,
una coppia italiana si è comprata un figlio in Georgia con la procedura della maternità surrogata. Che pena pensare che un bambino possa essere gestito da una donna che dopo nove mesi se lo vende a 20mila euro! Che pena pensare che ci sia gente che considera un bambino come un costoso giocattolo che si può comprare!
Gianluigi De Marchi

Caro Gianluigi,
immagino tu ti riferisca alla coppia di Piacenza che ha fatto ricorso alla maternità surrogata in Georgia, dove questa pratica è pienamente legale, quindi consentita a chiunque, stranieri inclusi, e alla relativa indagine della procura di Piacenza per falsa attestazione a un pubblico ufficiale sulla identità personale, identità della figlia appena nata in Georgia e poi trasferita in Italia. L'indagine in questione è stata archiviata per particolare tenuità del fatto. Tuttavia la notizia fa discutere e riflettere. C'è chi ritiene che la maternità surrogata debba essere resa lecita anche nel nostro Paese e chi invece la considera un abominio e vorrebbe inasprire ancora di più le leggi per vietarla pure quando viene eseguita all'estero, ovvero nei Paesi in cui è permessa, rendendola un «reato universale». Attualmente il nostro ordinamento, appunto, la proibisce in quanto tale tecnica è ritenuta una forma di violenza nei confronti della donna, poiché il suo corpo viene mercificato, trattato alla stregua di una incubatrice, un mezzo attraverso il quale realizzare il desiderio altrui di genitorialità. Insomma, detto in soldoni, la maternità surrogata consiste nella possibilità di prendere in affitto un utero come se si trattasse di un'auto a noleggio o di un monolocale, affinché quell'organo produca un figlio nostro, magari con il Dna di uno dei genitori o di entrambi i genitori se eterosessuali, figlio da ritirare al momento della nascita come si ritirerebbe un qualsiasi acquisto alla consegna da parte del corriere.

È chiaro che tale uso possa dare luogo a disumane forme di sfruttamento della donna, cosa che di fatto avviene. Ed è per questa ragione fondamentale, lo sottolineo di nuovo, che esso non è legale nel nostro Paese. Mi stupisce che la sinistra femminista, invece, approvi la maternità surrogata senza interrogarsi sulle conseguenze che ne derivano nell'ambito della tutela dei diritti delle donne e intenda renderla legittima sul nostro territorio. Io nutro molti dubbi sulla opportunità di una simile scelta. Comprendo la brama di diventare padre e madre, ma fino a quale punto possiamo spingerci per realizzare un nostro sogno, per soddisfare un nostro bisogno?

È da lustri ormai che coppie italiane si recano al di là dei nostri confini, soprattutto in Ucraina, almeno prima della guerra, in Grecia, in Georgia, o addirittura negli Stati Uniti, per affidare ad una signora il compito di tenere in grembo per nove mesi e poi di partorire un bambino per conto terzi. Sono centinaia le coppie nostrane che ogni anno hanno figli mediante la pratica della gestazione per altri. Il costo ammonta a circa 20mila euro, cifra che garantisce di diventare genitori e di portare a casa un bebè senza alcuno sforzo fisico. Ad oggi la giurisprudenza ha mantenuto una certa morbidezza riconoscendo la registrazione del figlio eseguita all'estero, ossia l'autenticità del documento fatto seguendo le procedure e le leggi del Paese straniero in cui è stato emesso. Inoltre nel 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo condannò l'Italia per avere tolto il figlio ad una coppia che aveva scelto la maternità surrogata, dandolo in adozione: i giudici italiani non avevano tutelato, secondo i giudici europei, i diritti del bimbo, che aveva già stabilito, nei primi tre mesi di vita, un legame affettivo con i genitori. Il principio applicato è questo: i figli non paghino le colpe dei genitori. Hanno commesso all'estero quello che è un reato in Italia? Ok, ma non possiamo punirli infliggendo sofferenza ad un bimbo innocente.

Certo è che questo mercato dei bambini, quando sono migliaia quelli senza famiglia e pronti ad essere adottati, mi mette addosso parecchia tristezza, e lo dico da persona che ha lavorato in un orfanotrofio. Le coppie preferiscono un figlio loro, con parte del proprio Dna, anche se viene partorito da un'estranea, piuttosto che un bambino senza famiglia e bisognoso di amore. Un po' come prediligere il gatto con il pedigree piuttosto che quello del gattile. Il commercio di bambini e di uteri non mi fa pensare tanto al desiderio di amare una creatura, quanto al bisogno di soddisfare, mediante il denaro, un capriccio. Questa è l'ennesima stortura della società del benessere e del consumo, quello in cui puoi avere e fare tutto ciò che sei capace di permetterti in termini meramente economici. Se sei ricco, non hai limiti. Se sei povero, invece, ti tocca vendere un rene o mettere in locazione l'utero, vederti strappare una parte di te e fare finta che questo non faccia male, che non annienti pure l'anima. Se c'è gente disposta ad acquistare, c'è gente disposta a darsi via, a mettersi in vendita.

L'idea di fondo è questa: se posso

ordinare la cena con un click, fare shopping online, farmi recapitare la qualunque senza alcuno sforzo, perché mai non posso comprare un figlio se ne ho voglia?

Ebbene sì, il processo è compiuto: l'essere umano è diventato cosa.

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