Gaza, rabbia per i Bibas. Sventata la strage sui bus

Restituiti 4 corpi. Tel Aviv, ordigni su 5 mezzi: dovevano esplodere insieme stamattina: "Vendetta da Tulkarem"

Gaza, rabbia per i Bibas. Sventata la strage sui bus
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«Un dolore insopportabile, mescolato alla rabbia», lo chiama il primo ministro Benjamin Netanyahu, interpretando gli umori di tutta la nazione israeliana, che ieri ha assistito con sgomento e per la prima volta al ritorno in una bara di quattro degli ostaggi sequestrati il 7 ottobre e ha appreso in serata di un mega-attentato terroristico sventato a Tel Aviv. I quattro rapiti tornati cadavere sono più rappresentativi di chiunque altro della barbarie degli islamisti. Perché si tratta di due bambini e della loro mamma, conosciuti in tutto il mondo come i Bibas, da quel cognome divenuto familiare in questa attesa di ritorno lunga 503 giorni: Shiri, 32 anni, Kfir, 9 mesi, e Ariel, 4 anni, strappati alla loro pacifica quotidianità insieme al padre, Yarden, l'unico ad aver fatto ritorno da Gaza venti giorni fa. Infine Oded Lifshitz, 83 anni, fondatore del kibbutz Nir Oz e attivista per la pace.

Dolore e rabbia dominano in Israele, che ha accolto nel silenzio e fra le bandierine i corpi dei rapiti, in una giornata densa di tensione, conclusasi con lo choc per una strage di civili sfiorata e in parte sventata a Tel Aviv, dove tre autobus sono esplosi e due sono stati trovati carichi di esplosivo. Gli ordigni, tutti dotati di timer, sarebbero dovuti esplodere stamattina, nell'ora di punta. «Un attacco terroristico strategico», lo definiscono le autorità, che cercano altri esplosivi e fermano i trasporti, mentre Netanyahu convoca una riunione di emergenza sulla sicurezza e il ministro della Difesa israeliano Katz annuncia di aver ordinato all'esercito di intensificare le operazioni in Cisgiordania. Dietro l'attentato ci sarebbe il battaglione Tulkarem di Hamas, che dichiara: «La vendetta dei martiri non sarà dimenticata finché l'occupante sarà presente sulla nostra terra. Questa è una jihad di vittoria o martirio».

In giornata, i feretri neri esposti al pubblico nell'ennesimo spettacolo a favor di telecamera, con tanto di foto delle vittime, messaggi di propaganda e una gigantografia del premier israeliano nei panni di un vampiro hanno scosso come non era mai successo prima, in sedici mesi di guerra, l'opinione pubblica israeliana. «La voce del loro sangue grida a noi dalla terra - tuona Netanyahu - Ci obbliga a fare i conti con gli assassini infami, e faremo i conti con loro. Siamo tutti furiosi con le bestie di Hamas».

Fino al ritorno del convoglio con le bare a Tel Aviv, dopo la consegna dei feretri alla Croce Rossa a Khan Younis, Israele non ha confermato il decesso dei quattro, segno della totale mancanza di fiducia nei confronti del gruppo estremista. Una sfiducia ribadita dai controlli sulle bare, per verificare che non ci fosse esplosivo, dopo che i feretri sono stati consegnati sigillati, ma senza chiavi. L'ufficio di Netanyahu ha aspettato l'esito degli esami dell'Istituto di medicina legale prima di ammettere l'amara realtà: in una delle bare c'era proprio Lifshitz, mentre si attende l'esito dei test sugli altri cadaveri. L'Idf ha comunicato che l'ostaggio di Nir Oz è stato ucciso più di un anno fa in prigionia dalla Jihad islamica.

Quanto ad Hamas, oltre all'ennesima parata della propaganda, sono arrivati i proclami, le accuse che a uccidere gli ostaggi siano stati i raid israeliani. Sotto l'immagine vampiresca del premier, la scritta: «Il criminale di guerra li ha assassinati con i missili. Ritorno alla guerra, ritorno dei rapiti nelle bare». Il presidente Herzog si dice senza parole e chiede perdono, Netanyahu promette: «Li distruggeremo».

Le immagini irritano le Nazioni Unite, che le definiscono «abominevoli» e ricordano tramite l'Alto commissario per i diritti umani Volker Turk come «secondo il diritto internazionale, la consegna delle spoglie di un defunto deve rispettare il divieto

di trattamenti crudeli, inumani o degradanti, garantendo il rispetto della dignità del defunto e delle sue famiglie».

Domani, sabato, gli ultimi 6 ostaggi vivi dei 33 previsti nella prima fase dovrebbero tornare in Israele.

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