Migranti, Open Arms torna in mare. E non perde occasione per attaccare il governo

Accendendo la solita polemica con il governo italiano, la nave Open Arms ha ripreso la rotta verso il Mediterraneo centrale dopo lo stop amministrativo di 20 giorni

Migranti, Open Arms torna in mare. E non perde occasione per attaccare il governo
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La nave Open Arms ha ripreso il mare dopo 20 giorni di stop amministrativo nel porto di Crotone. L'equipaggio è stato ritenuto colpevole di aver intralciato le operazioni di soccorso di una motovedetta libica su un barchino di migranti intercettato nelle acque Sar di competenza del Paese africano. "Come ribadito più volte, in alcun modo la nostra lancia ha potuto intralciare le operazioni della cosiddetta Guardia costiera libica, essendosi limitata a constatare la presenza della motovedetta lasciando immediatamente l'area di interesse", rifericono dalla Ong, che ha effettuato l'ennesimo ricorso contro una decisione delle autorità italiane.

Nella sua nota, Open Arms ricostruisce dal suo punto di vista quanto accaduto durante l'evento contestato dalla Guardia costiera italiana. Ma la verità soggettiva della Ong, secondo la quale tutti gli interventi sono stati coordinati dalle autorità italiane e non c'è stata alcuna manovra di disturbo con la Guardia costiera libica. "Informata la nave madre, la lancia aveva immediatamente invertito la rotta, tornando verso la Open Arms", scrivono dall'organizzazione non governativa. Ma la ricostruzione effettuata dalla Guardia costiera, anche raccogliendo il verbale di intervento della motovedetta libica, racconta un'altra versione dei fatti, diversa, che ha portato al fermo amministrativo in porto per 20 giorni.

Se le autorità italiane sono arrivate a emettere il dispositivo amministrativo, evidentemente esistono rilevanze diverse, anche perché il comandante, prima del fermo, è stato ascoltato per ore dai militari italiani. "Insistiamo tuttavia su una questione per noi molto importante. La Libia non può essere in alcun modo considerata un luogo sicuro, come ribadito più volte dalle più importanti Organizzazioni internazionali e dalle Nazioni Unite che in quei territori lavorano", scrivono dalla Ong.

Le organizzazioni come Open Arms, però, omettono sempre un particolare. A bordo delle imbarcazioni che partono dalla Libia, i libici si contano metaforicamente sulle dita di una mano. La maggior parte dei migranti che compongono quei barchini sgangherati provengono da altri Paesi. Sono persone che si recano volontariamente, in modo illegale, in Libia per poi partire alla volta dell'Italia. Dire che i migranti a bordo di quei barchini sono "persone vulnerabili che proprio da lì fuggono", infatti, è una mezza verità. Perché prima di fuggire hanno deciso di entrarci.

Certo, quando le Ong scrivono che "le violenze a cui vengono sottoposte nei centri di detenzione presenti sul territorio, rappresentano una gravissima violazione dei diritti umani che le democrazie europee dovrebbero condannare con forza" hanno ragione. E infatti tutte le democrazie europee le hanno condannate. Ma esiste anche il pregresso, che ignorano perché non utile alla loro narrazione.

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