La diagnosi è di quelle che farebbero tremare chiunque: "carcinoma renale al quarto stadio". Una condizione dalla quale non si torna indietro. Ma Michela Murgia - bisogna riconoscerlo - ha una tempra tostissima. La stessa forza con la quale conduce le proprie battaglie a sfondo ideologico, la scrittrice sarda l'ha sfoderata per affrontare la malattia e reagire all'idea di dover fare i conti con la morte (come tutti, del resto, prima o poi). In un'intervista rilasciata al Corriere, la drammaturga ha confidato di avere un cancro per il quale non avrebbe senso operarsi. "Le metastasi sono già ai polmoni, alle ossa, al cervello", ha detto, spiazzando tutti. La notizia, in effetti, è di quelle che non possono lasciare indifferenti e che suscitano un'istintiva reazione di umana vicinanza: su queste pagine abbiamo più volte criticato le teorie di Michela e ci auguriamo di farlo ancora per tanto tempo.
Ma la scrittrice sarda non è persona da pietismi e infatti, anche ora, non vuole che si parli di battaglia in riferimento alle cure che sta effettuando. "Non mi riconosco nel registro bellico. Mi sto curando con un'immunoterapia a base di biofarmaci. Non attacca la malattia; stimola la risposta del sistema immunitario. L’obiettivo non è sradicare il male, è tardi, ma guadagnare tempo. Mesi, forse molti", ha affermato al Corriere. Poi si è soffermata sul proprio rapporto con la malattia e sull'accettazione di questa. Il cancro - ha detto - "non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Me l’ha spiegato bene il medico che mi segue, un genio. Gli organismi monocellulari non hanno neoplasie; ma non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano. Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno" (come invece aveva fatto Oriana Fallaci).
La drammaturga già tempo fa già avuto il cancro, che fortunatamente era stato curato per tempo. In questo caso - ha però spiegato - è stato diverso. "Non respiravo più. Mi hanno tolto cinque litri d’acqua dal polmone. Stavolta il cancro era partito dal rene. Ma a causa del Covid avevo trascurato i controlli". Nell'intervista fiume, la scrittrice ha anche aggiunto: "Il dolore non si può cancellare; il trauma sì. Si può gestire. Hai bisogno di tempo per abituare te stessa e le persone a te vicine al transito. Un tempo per pensare come salutare chi ami, e come vorresti che ti salutasse. Io non sono sola. Ho dieci persone. La mia queer family". Chiaramente in molti si saranno chiesti che cavolo sia una famiglia queer e a spiegarlo è stata la stessa scrittrice: "Un nucleo familiare atipico, in cui le relazioni contano più dei ruoli. Parole come compagno, figlio, fratello non bastano a spiegarla. Non ho mai creduto nella coppia, l’ho sempre considerata una relazione insufficiente. Lasciai un uomo dopo che mi disse che sognava di invecchiare con me in Svizzera in una villa sul lago. Una prospettiva tremenda".
Ora, ha aggiunto Murgia, "ho comprato casa, con dieci posti letto, dove stare tutti insieme; mi è spiaciuto solo che mi abbiano negato il mutuo in quanto malata. Ho fatto tutto quello che volevo". Poi l'annuncio: ora mi sposo. "Lo Stato alla fine vorrà un nome legale che prenda le decisioni, ma non mi sto sposando solo per consentire a una persona di decidere per me. Amo e sono amata, i ruoli sono maschere che si assumono quando servono", ha motivato. Ed è incredibile come, anche riflettendo su certi argomenti, la drammaturga non abbia fatto alcun ripensamento sul fronte politico, rilanciando anche la propria ostilità al governo di Giorgia Meloni.
"Ricordatemi come vi pare. Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai", ha affermato. Infine, l'emblematica chiosa: "Quando avevo vent’anni ci chiedevamo se saremmo morti democristiani. Non importa se non avrò più molto tempo: l’importante per me ora è non morire fascista".
Dopo le reazioni all'intervista, la
scrittrice ha ringraziato quanti le hanno rivolto messaggi d'affetto con un post su Instagram. "Grazie per i vostri messaggi. Non ce la faccio a rispondere a tuttə, ma tutto ho letto e ricorderò. Grazie davvero".
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