"No alle psicosi". Pericolo squali sulle nostre coste: tutto quello che c'è da sapere

Roberto Sandulli, biologo marino dell'Università Pathenope di Napoli, ci ha spiegato a cosa sono dovuti i frequenti avvistamenti di squali in questi giorni e come comportarci se ne vediamo uno

"No alle psicosi". Pericolo squali sulle nostre coste: tutto quello che c'è da sapere

Negli ultimi giorni alcuni esemplari di squalo hanno fatto capolino nei nostri mari. Dalle coste siciliane, fino a Livorno dove è stato avvistato addirittura uno squalo bianco. Non è il primo anno che succede, ma alcuni bagnanti, travolti dallo stupore, hanno immediatamente filmato con il cellulare e postato sui social. Hashtag, condivisioni e like. Ma qualcun altro si è pure domandato se questi episodi concentrati in così poco tempo siano una casualità, o siano determinati da qualche fattore in particolare. Senza dimenticare i timori – che a volte sfociano in psicosi – sulla pericolosità dell’animale. Che nell’immaginario collettivo è spesso visto come il peggior nemico del bagnante inerme. È davvero così? Per avere chiarezza abbiamo deciso di rivolgerci a un esperto. Roberto Sandulli è ordinario di Zoologia e Biologia marina all’Università Parthenope di Napoli e nella sua carriera si è occupato di aree marine protette, di habitat protetti e di specie aliene.

Roberto Sandulli

Professore, come mai tutti questi avvistamenti in pochi giorni?

Nel Mediterraneo sono in atto diversi cambiamenti che possono generare fenomeni insoliti per il nostro mare. E non parliamo solo di riscaldamento globale. Gli squali sono predatori e, soprattutto quelli pelagici (che vivono a largo) potrebbero avvicinarsi alle coste perché non trovano abbastanza cibo nel loro habitat naturale. I nostri litorali, infatti, sono pieni di sostanze nutritive ed organiche che possono innescare catene alimentari più ricche di quelle al largo dove, invece, c'è un fenomeno di sovrappesca. Vicino alla costa gli squali possono, infatti, trovare nuove prede come sgombri, tonnetti e alletterati. Inoltre, il turismo negli ultimi anni è aumentato anche nel periodo di maggio e giugno, con conseguenti occasioni maggiori di avvistamento.

C’è da preoccuparsi?

Me lo chiede dal punto di vista del bagnante o da quello del biologo marino? In entrambi i casi direi di no. Nel Mediterraneo gli attacchi registrati sono circa una sessantina in 300 anni, di cui una quindicina vanno considerati dubbi. Solo in 17 casi l’attacco si è rilevato fatale. Se si tiene conto che tale statistica viene fuori da circa tre secoli di monitoraggio potremmo dire che è molto più pericoloso farsi una passeggiata in centro che una nuotata in mare.

Mettiamo ordine, ci sono specie più pericolose di altre?

Alcune specie sono particolarmente voraci e potenzialmente aggressive. Tra tutti, certamente lo squalo bianco (Carcharodon carcharias) è il più temibile, ma, nel Mediterraneo, ci sono anche altre specie pericolose come la verdesca o squalo blu (Prionace glauca). Di quest'ultima specie c'è praticamente una segnalazione al giorno. Non solo in Sicilia, ma anche in altri litorali tirrenici. Il mako o ossirina (Isurus oxyrinchus) e lo smeriglio (Lamna nasus), invece sono stati visti di meno in questi mesi, ma sono egualmente aggressivi. C'è da dire, comunque, che la maggior parte delle specie di squali viventi in Mediterraneo non sono da considerarsi pericolosi per l’uomo. Molti vivono esclusivamente sui fondali marini e sono di piccole dimensioni. I più comuni sono il gattuccio (Scyliorhinus canicula) e il gattopardo (Scyliorhinus stellatus), altri sono di maggiori dimensioni, ma quasi sempre vivono in prossimità del fondale e non salgono in superficie, come il pesce bove (Hexanchus griseus).

Lo squalo bianco è la specie più temuta dall'uomo forse anche per i numerosi film che lo riguardano. Perché attacca l'uomo?

Lo squalo bianco attacca tutto se decide di farlo. L’unica specie che ne fa strage è l’uomo. Ma, soprattutto nell'Oceano, ha un nemico naturale nell’orca, un cetaceo dotato di forte dentatura e immensa intelligenza. Chiariamo una cosa: in generale, gli squali non attaccano l’uomo per ‘fame’. Nella quasi totalità dei casi di attacchi mortali, gran parte del corpo, infatti, non viene ingerito. Non va mai dimenticato che questi esseri meravigliosi sono gli abitanti naturali del mare. Siamo noi bagnanti, subacquei e diportisti ad invadere il loro territorio. Quasi sempre gli squali mostrano un comportamento territoriale: hanno un home range, cioè uno spazio-casa intorno al loro corpo e guai ad invaderlo. Talvolta a noi capita di invaderlo inavvertitamente, e loro non ne sono tanto felici. Gli squali segnalano il disagio con dei comportamenti particolari, ma non sempre noi li percepiamo e siamo in grado di interpretarli. Io suggerisco sempre ai miei studenti di mettere una maschera, un boccaglio e un paio di pinne nella loro sacca del mare. Magari lo squalo non lo incontriamo, ma almeno ci possono essere utili per avvistare le meduse.

Ecco, come bisogna comportarsi in caso di avvistamento?

Se lo avvistiamo dall’imbarcazione, mi sembra superfluo suggerire di non immergersi in acqua per scattargli una foto memorabile. Ad ogni modo questa è una bellissima esperienza e se vogliamo gordercela a pieno senza rischiare, bisogna tenersi a debita distanza e spegnere il motore. Occhio a non tentare di toccarlo: potremmo farci male noi o danneggiare lui trasmettendogli eventuali parassiti umani.

Se invece siamo in acqua?

Se l'incontro avviene in immersione, mai dargli mai le spalle. Dobbiamo avvicinarci al più presto all’imbarcazione di accompagnamento per stare al sicuro. Se dovesse attaccarci, l'unica che possiamo fare è tentare di spaventarlo colpendolo con un oggetto appuntito sul muso. Ma per fortuna non succede spesso. Se siamo in acqua a farci il bagno, invece, l’animale dovrebbe essere avvistato più facilmente con la classica pinna affiorante. In questa occassione si potrebbe avere più tempo per tornare a riva o salire in barca.

Secondo lei bisogna incrementare il controllo delle coste per tutelare i cittadini da questi possibili attacchi?

No, non direi che allo stato attuale delle cose dovremmo incentivare una ‘psicosi da squalo’ con campagne di prevenzione. Non siamo sulla Grande barriera corallina australiana – dove, peraltro gli animali più pericolosi per l’uomo non sono gli squali (che pure ci sono!) ma alcune piccole e terribili medusine a forma di cubo (Chironex fleckeri).

Basta essere più attenti e guardarsi sempre intorno quando si è in mare usando una maschera sub. In conclusione possiamo asserire che non c'è nessuna emergenza e bisogna stare tranquilli. Io, piuttosto, sarei dell’idea di osservare questi fenomeni con curiosità.

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