
"Bocciato in regia", titolano i giornali senza lasciare adito ad interpretazioni fantasiose. No, nulla da fare: quel film lì è meglio che non esca proprio, perché chi lo ha pensato non ci sa mica fare. Riannodiamo il nastro del tempo. Primavera del 1961, che poi diventa estate, perché servono almeno tre mesi per girare. Borgate romane. Raggi di sole che cadono placidi su giornate che dischiudono nuove opportunità. Lui non ne è mai sazio.
Già scrittore, poeta e intellettuale mattatore universalmente affermato, Pier Paolo Pasolini sente di dover declinare il suo debordante talento espressivo anche in un'altra forma. Non ha molta esperienza, certo, ma le idee non gli mancano. Così si mette a scrivere pure per il Cinema. Il film che dovrebbe segnare il suo luminoso esordio si chiama "Accattone" e chi dovrebbe produrglielo è la Federiz, società appartenente ad Angelo Rizzoli, che ha affidato allo sguardo lungo di Federico Fellini la ricerca di nuove scintillanti proposte.
Così Pasolini, forte del nome che si è costruito, ma pur sempre un esordiente, si mette al lavoro in un'eruzione di entusiasmo. La storia è quella di Vittorio Cataldi, un sottoproletario romano ribattezzato proprio "Accattone", perché ha sposato una filosofia di vita cristallina nel suo manifestarsi: tirare a campare con i peggiori espedienti.

Per Pasolini si tratta, a tutti gli effetti, di una trasposizione cinematografica dei suo lavori letterari, un misto tra narrazione epica e tragica. Che la pellicola possa sortire un buon successo non è affatto una convinzione campata in aria: oggi è inserita stabilmente tra i 100 film italiani da salvare.
Solo che adesso tocca tornare a quel titolo di giornale. Uffici della produzione, nel quartiere Trastevere. Lacrime che cadono a fontana sulla carta, fino a inumidire l'inchiostro. Alla scena assiste, imbarazzato, Bernardo Bertolucci. Fa l'aiuto regista di Fellini e non sa come comportarsi in un simile frangente. Perché davanti ha Pasolini che, disperato, gli dice: "A Fellini il film non è piaciuto. Mi ha detto che sono un bravo scrittore, ma che posso lasciar perdere il cinema". Pier Paolo è letteralmente in pezzi.
Più tardi, Fellini rivelerà di non aver voluto produrre il film a causa delle polemiche che erano seguite a La Dolce Vita. Di aver preferito non rischiare, posizionandosi su temi potenzialmente scivolosi, come quelli trattati qui. Eppure i due si conoscevano dagli anni Cinquanta e Pasolini aveva già lavorato con lui per la sceneggiatura de Le notti di Cabiria (premio Oscar come migliore film straniero) e per la stessa Dolce Vita.
Quando sembra che la carriera cinematografica sia sul punto di liquefarsi ancor prima di iniziare, ecco però un incontro epifanico. Il regista Mauro Bolognini entra per caso in possesso delle fotografie e del copione del film, e si propone di metterlo in contatto con il produttore Alfredo Bini.
Così "Accattone" resta in vita, prosegue la sua corsa e viene presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Da lì in avanti Pasolini girerà altri undici lungometraggi, oltre ad una quantità di film a episodi e documentari. Anche la più illustre delle bocciature, certe volte, non può arginare i programmi del destino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.