La sconfitta dei manettari, quel sondaggio su Toti e Forti: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: la furia giustizialista non sposta voti, la morte di Raisi e Netanyahu

La sconfitta dei manettari, quel sondaggio su Toti e Forti: quindi, oggi...

- Come spesso accade, hanno tutti ragione. Si poteva evitare di andare a Pratica di Mare ad accogliere Chico Forti, condannato per omicidio, per quanto con una sentenza contestata? Sì. È stato tuttavia un grande colpo politico, che permetterà a Meloni di conquistare il favore degli italiani a cui - volente o nolente - deve fare riferimento? Sì. La politica, purtroppo, si muove sempre nel fastidioso crinale tra l’opportunismo e l’opportunità. Difficile, a volte, scegliere il modo migliore di comportarsi.

- Al titolo di ieri del Fatto Quotidiano su Chico Forti risponde un bel prezzo di Libero di oggi che ricorda come il fratello della vittima, Dale Pake, intervistato dalle Iene, disse che secondo lui Forti era innocente, vittima di un errore giudiziario e s’è pure mosso con il governatore della Florida per cercare di scarcerarlo. Ma si sa: dalle parti del Fatto non è concepita l'ipotesi che un tribunale sbagli.

- Raisi è morto, ora è ufficiale anche se sembrava scontato anche ieri. Molte le analisi e le ipotesi lette in queste ore, anche se la più convincente appare quella di chi sostiene che - al netto degli smottamenti che questo decesso provocherà - alla fine della fiera il regime degli Ayatollah è ancora abbastanza solido per sopravvivere. Non era il presidente Raisi il fulcro del potere della Repubblica islamica. La Guida Suprema è ancora viva.

- La Corte Penale Internazionale chiede la cattura di Sinwar, il tagliagole di Hamas che ha pianificato il massacro del 7 ottobre. Bene. Ma a sorpresa il procuratore vorrebbe mettere alla sbarra anche Bibi Netanyahu e il suo ministro Gallant. Ed è uno scandalo. Non perché Israele non possa essere criticata. Non perché Tel Aviv sia esente da ogni errore. Non perché non si possa discutere di come sta conducendo la guerra militare sulla Striscia di Gaza. Ma - come dice Blinken - è inaccettabile che un giudice equipari uno stato democratico, che ha reagito militarmente ad una aggressione, a chi ha svegliato migliaia di famiglie dal sonno massacrando, stuprando, sgozzando.

- In Veneto è nato un gruppo Facebook a sostegno del presunto Fleximan, pizzicato nei giorni scorsi dalla polizia, e qualcuno sta già organizzando una raccolta fondi per pagare le spese legali. Perché alla fine sono poche le cose che accomunano gli italiani: il calcio, la pizza e l’odio per gli autovelox.

- I sondaggi europei vanno letti con molta attenzione. E almeno da due punti vista. Partiamo dall’Italia. Con la candidatura di Giorgia Meloni ed Elly Schlein, poi seguite da quasi tutti gli altri leader, l’elezione assume anche una valenza nazionale. I partiti si conteranno. E da questo punto di vista, le ultime rilevazioni danno FdI tra il 27% e il 28% mentre il Pd non dovrebbe andare oltre il 20,5%. Cosa significa? Che Meloni, che aveva fissato l’asticella al 26%, potrà cantare vittoria. Ma anche Elly, se non scende sotto il 20%, in qualche modo potrebbe salvare la faccia. Male invece Conte, che ad oggi vedrebbe sfumare sempre più la leadership del mai esistito centrosinistra stile campo largo.

- Diverso invece il discorso per quanto riguarda la formazione della prossima Commissione europea. Primo appunto: la nomina dei commissari si fa a livello di Consiglio e dipende dunque dal governo in carica in quel momento nei vari Paesi. L’Italia, insomma, vadano come vadano le elezioni, nominerà comunque un Commissario “conservatore”. Per quanto riguarda il presidente della Commissione, invece, questi deve ottenere la fiducia del Parlamento. Ed è qui che entrano in gioco le famiglie europee. I sondaggi dicono che il Ppe sarà il primo partito (e indicherà il suo candidato), poi ci sono il Pse, i macroniani e infine Ecr di Meloni e Id di Salvini. Le famiglie politiche di destra cresceranno molto e le opzioni sono due. Primo: liberali, popolari e socialisti se ne infischiano e ripropongono la maggioranza Ursula (ne avrebbero i numeri). Secondo: la maggioranza attuale si “apre” alle istanze dei conservatori “europeisti”, in sostanza quelli più moderati ed atlantisti, tipo Meloni, in modo da evitare che le future politiche portate avanti dalla Commissione e dai Commissari si inceppino nei rivoli di voti di Bruxelles. Sarebbe la scelta più logica. Ma molto, moltissimo dipenderà dai voti finali dei vari schieramenti.

- C’è un sondaggio, realizzato da Euromedia Research, sullo scandalo ligure che dovrebbe far riflettere i fan della furia giustizialista dei giornali. E, forse, è anche una cartina di tornasole di quanto poco incidano ormai le campagne stampa sul corpo elettorale. In merito alla vicenda Toti, infatti, è stato chiesto ad un nutrito gruppo di elettori se il suon di manette in Liguria ha fatto loro cambiare idea su quale partito votare alle Europee. Risposta: no. Un secco no. Solo lo 0,5% “probabilmente” cambierà area politica e un altro 4% forse si rifugerà nell’astensione. Sia chiaro: il 4,5% di voti può impattare in una tornata elettorale, ma a leggere le cronache di questi giorni e i titoloni sparati a nove colonne ci si sarebbe attesi ben altra reazione. Difficile dire se gli italiani si siano risvegliati meno manettari. Forse no. Ad essere interessante, tuttavia, è l’effetto che lo spulciare dei cronisti e la grancassa mediatica sulle indagini riescono a produrre sull’elettorato. Casinò, spiagge private, colazioni offerte e presunti finanziamenti leciti: ormai conosciamo a menadito le ragioni dell’accusa, spesso anche con dettagli che nulla c’entrano con l’inchiesta, eppure l’82,9% degli elettori continuerà a votare esattamente come votavano prima.

È un segnale, direi incoraggiante, per il Paese che forse non si fa influenzare più così tanto dai grandi blitz dei pm. E un monito per quei partiti che tanto sperano nelle inchieste della magistratura per provare a sconfiggere

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