Utilizzavano i social per avvicinare nuovi adepti al mondo dello Stato islamico. Su quelle pagine virtuali riversavano messaggi d'odio e incitamenti alla jihad, la guerra contro gli infedeli. I due egiziani arrestati stamani nell'operazione antiterrorismo della procura di Milano frequentavano il web e lo utilizzavano come megafono per le violente teorie della rete terroristica alla quali si ritiene fossero affiliati. "Sparare con un'arma da fuoco ti fa avere un cuore di ferro", si legge in uno dei tanti messaggi rintracciati dagli inquirenti nelle chat. E in altri non mancano inquietanti riferimenti agli ebrei, alla situazione in Medio Oriente e minacce al premier italiano Giorgia Meloni.
Nell'ordinanza di custodia cautelare a carico degli egiziani accusati di terrorismo viene infatti riportata anche "una minaccia rivolta alla presidente del Consiglio". Uno dei due indagati, Alaa Refaei, il 3 ottobre 2022 rispondendo a un post di commento a un video nel quale c'era l'immagine di Meloni con Silvio Berlusconi, scrive testualmente. "Non ti preoccupare per noi, sappiamo benissimo come zittirli e fermarli al momento giusto... Viviamo con loro da banditi... Pronti a colpirli a ciabattate".
Nelle chat i toni sono altrettanto perentori. "Il nostro immediato appuntamento è a Gerusalemme", recita uno dei contenuti rintracciati in rete, accompagnato da un insulto proprio agli ebrei. L'obiettivo "unico" dei due arrestati - come spiegato dal capo della digos Daniele Calenda nel corso di una conferenza stampa - era "avvicinare chiunque" frequentasse quei gruppi social all'Isis. Per loro quelle pagine erano dunque un "palcoscenico virtuale" sfruttato per "il proselitismo, lo scambio di immagini, video, pensieri, propositi anche su cosa andare a fare". E i toni di quelle conversazioni erano sempre "violenti, aggressivi", farciti di minacce verso chi non professava il loro credo.
I pm hanno inoltre chiarito che i due egiziani in quelle chat ostentavano nche il loro "odio verso Israele e l'incitamento alla jihad in Palestina". Il più anziano, stando alle indagini, avrebbe indottrinato il più giovane. In questi casi - hanno spiegato ancora le autorità - il pericolo è che, agendo in questi contesti virtuali con condotte di istigazione, "si possa portare il lupo solitario a passare all'azione e chi lo fa può essere spinto proprio da questi gruppi". Gli inquirenti stanno ora setacciando quelle conversazioni per capire quali fossero i contatti virtuali intrecciati nel tempo dai due. Le indagini, inoltre, vanno avanti sia sul fronte delle minacce "ad organi istituzionali", sia sull'eventuale partecipazione di altre persone alla presunta "cellula" di proselitismo creata dagli arrestati.
Dall'inchiesta è emerso che i due avrebbero effettuato anche "numerosi versamenti" per "qualche migliaio di euro", circa 4mila euro, verso Yemen, Palestina, Siria, Libano ed Egitto, in particolare verso donne, vedove di combattenti della "jihad islamica". Il procuratore di Milano, Marcello Viola, ha chiarito che l'operazione di stamani non ha una "contemporaneità specifica con la situazione" attuale, perché queste "indagini erano già in corso" da tempo.
Erano passate per competenza da Perugia a Milano, dove per un paio di mesi sono andate avanti con l'uso del troyan, il captatore informatico, sui telefoni dei due. Dispositivi, poi, sequestrati e analizzati nel dicembre del 2022 e nuovamente oggi con gli arresti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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