Sono sospettati di "aver causato lo sterminio, usato la fame come metodo di guerra, compresa la negazione di forniture di aiuti umanitari". Per questo il procuratore della Corte penale internazionale ha chiesto l'emissione di un mandato di arresto nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e del suo ministro della Difesa, Yoav Gallant. I due sono stati messi così sullo stesso piano dei leader di Hamas, verso i quali è stata deliberata la medesima richiesta. La decisione ha chiaramente suscitato clamore, anche in riferimento alle accuse rivolte contro Tel Aviv, così somiglianti a quelle che alcune organizzazioni filopalestinesi muovevano già all'indomani del 7 ottobre. Quando ancora Israele non aveva iniziato le operazioni di terra a Gaza.
Già in quella fase, diverse fonti ostili allo Stato ebraico avevano diffuso voci sulla presunta volontà di Israele di affamare i civili palestinesi. E di usare quella strategia come un'arma. In alcuni casi questa versione si è trasformata in una vera e propria campagna mediatica diffusa tramite i canali anti-israeliani. Ebbene, di fronte ai gravosi sospetti avavanzati dalla Corte penale internazionale, è lecito chiedersi da dove siano arrivate le notizie che hanno spinto l'Aja ad accusare Netanyahu e il suo ministro. Spesso, infatti, le denunce sulle presunte nefandezze di Israele arrivavano proprio da Ong e da organizzazioni umanitarie dichiaratamente nemiche dello Stato ebraico, che considerano fuori legge (quando invece è l'unica democrazia del Medioriente).
Al riguardo, Ngo Monitor - che da Gerusalemme monitora l'attività delle Ong - ha puntato il dito contro alcune "organizzazioni non governative anti-israeliane, molte finanziate da governi europei e alcune legate al gruppo terroristico Fronte popolare per la liberazione della Palestina", accusandole di aver promosso le stesse tesi che oggi motivano la richiesta di mandato d'arresto. In un report sull'argomento vengono menzionate alcune Ong quali Al-Haq, Al Mezan e il Palestinian Center for Human Rights, che già dopo il 7 ottobre si appellavano alla comunità internazionale per "fermare le uccisioni e la fame dei civili palestinesi". Da quel momento, una serie di analoghe accuse erano state ripetute a cadenza pressoché mensile.
Ngo Monitor con le proprie rimostranze non ha risparmiato nemmeno Amnesty International, ricordando come - già il 9 ottobre scorso - un suo esponente avesse dichiarato: "Israele, la punizione collettiva è un crimine di guerra. Anche l'uso della fame come arma di guerra è un crimine di guerra". E in una pubblicazione del 25 ottobre - secondo quanto riportato - Oxfam scriveva: "La fame come arma di guerra usata contro i civili di Gaza". Nel report filo-israeliano vengono poi citate altre Ong americane e europee come Democracy for the Arab World, "finanziata da Rockefeller Brothers Fund e Open Society Foundation".
In una lettera aperta al procuratore della Corte penale internazionale, l'Ong lamentava: "In combinazione con le dichiarazioni di alti funzionari della difesa israeliani secondo cui non sarà consentito introdurre cibo, acqua o carburante nella città di Gaza, i gruppi per i diritti umani hanno avvertito che ciò equivale a usare la fame come arma".Da Tel Aviv rigettano però quelle accuse e rilanciano tutto contro il mittente: a fare pressioni sulla Corte - contrattaccano - sarebbero state proprio quelle organizzazioni.
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