Che cosa è la Parigi-Dakar e quali sono le tappe 2023

Da sogno di scavezzacolli avventurieri e romantici a vetrina per le innovazioni tecnologiche più avanzate, la Dakar rimane una delle corse più fascinose del panorama motoristico mondiale. La storia e le curiosità del rally raid più famoso al mondo

Che cosa è la Parigi-Dakar e quali sono le tappe 2023

Era nata un po’ per scherzo, un po’ come ultima coda dell’epoca eroica dei viaggi stile hippy a giro per il mondo ma da qualche anno il calendario dei motori non potrebbe fare a meno della corsa più fascinosa e fuori di testa, quella che nell’immaginario collettivo rimarrà sempre la Parigi-Dakar. Da quando nel 1977 uscì dall’immaginifica mente di Thierry Sabine, un mezzo "matto" capace di inventarsi una corsa da eroi dopo essersi perso nel deserto libico, di sabbia sotto le gomme degli esperti del rally raid ne è passata davvero tanta. La Dakar, però, rimane sempre come se l’era immaginata il suo inventore: “Una sfida per chi parte, un sogno per chi rimane a casa”. Ripercorriamo insieme la storia di questa corsa leggendaria, il suo difficile presente e come il raid più famoso degli ultimi decenni continui a tracciare il futuro della storia dell’automobilismo.

Perché Parigi-Dakar?

La storia della nascita del raid più pazzo e massacrante della storia recente del motorismo è legata a triplo filo alla figura leggendaria di Thierry Sabine. Questo personaggio decisamente sopra le righe era un figlio degli anni ‘60 e ‘70, un incrocio tra meccanico, appassionato di motori, sognatore ed avventuriero stile romanzo d’appendice. Sabine amava correre in moto ed imparò ad amare il deserto proprio quando avrebbe avuto tutte le ragioni per odiarlo. Nel 1977, mentre partecipava alla Abidjan-Nizza, raid organizzato dall’amico Jean-Claude Bertrand, si perse nel deserto libico, passando tre giorni nel mezzo del nulla. Quando fu ritrovato dagli organizzatori aveva preso la “febbre del deserto”, malattia che coglie gli europei una volta sotto la vetta stellata impareggiabile delle notti nel Sahara.

Quando venne a sapere che Bertrand non avrebbe più organizzato la corsa, pensò di poter fare meglio. Sabine capì che senza copertura mediatica il suo sogno sarebbe rimasto roba da trafiletto in ultima pagina, quindi pensò di far partire la gara a Parigi, dove hanno sede tutti i media transalpini. Come punto d’arrivo serviva una città iconica, che avesse presa sul pubblico ma allo stesso tempo pratica per riuscire a tornare indietro rapidamente. Quindi, niente Timbuktu, fascinosa ma troppo distante dal mare, meglio Dakar, capitale del Senegal dotata di aeroporto internazionale e porto capace di gestire ogni genere di carico. Quando il 26 dicembre 1978, 170 equipaggi si ritrovarono all’ombra della Tour Eiffel, era nato un mito.

Dakar Rally tappa 8 / 2

Dove si trova Dakar?

La capitale del Senegal è sulla costa atlantica dell’Africa Occidentale, uno dei pochi porti capaci di gestire le grandi navi container che dominano il trasporto mondiale. Nelle prime edizioni eroiche della corsa il vero scopo di chiunque partisse da Parigi era quello di vedere la mitica spiaggia di Dakar, dove era sempre sistemato l’arrivo, dopo settimane passate a masticare la sabbia del deserto ed impazzire per rimettere in sesto il proprio veicolo. Con gli anni il roadbook fornito dall’organizzazione, ovvero le indicazioni date ai corridori per arrivare a destinazione, divenne sempre più preciso ma nel mare di sabbia del Tenerè o nei tratti più pianeggianti e privi di punti di riferimento perdersi era più una certezza che una possibilità.

L’unica cosa che accomuna i corridori di ieri e di oggi è che non esiste GPS: hai solo una possibilità di essere recuperato se ti perdi, usare la famosa “balise”, il segnale radio a lunga distanza. Questo, però, vuol dire che ammetti di esser stato sconfitto dal deserto e che hai gettato la spugna. Altre tradizioni della corsa sono altrettanto dure a morire, come quella dei bivacchi nel mezzo del deserto, dove piloti e meccanici dormono tutti insieme, in grandi tende rigorosamente non climatizzate. Se una volta era normale partire da soli, facendo nottata per rappezzare la moto e riuscire ad arrivare al prossimo bivacco, i tempi eroici sono decisamente finiti. La memoria, però, rimane intatta.

Dakar Rally tappa 8 3

Quanti chilometri nelle varie edizioni?

Se c’è una costante nella Dakar è che il percorso è difficilmente rimasto lo stesso. Ripercorrendo la lunga storia di questo raid si nota subito come il tracciato sia cambiato spesso e volentieri, rendendo più o meno impossibile stabilire una distanza media nel tempo. Il tracciato classico, da Parigi a Dakar, è rimasto in vigore per i primi anni, per poi inserire tappe intermedie, prima ad Algeri, poi quando la situazione politica divenne più complicata, Tripoli o Tunisi. La gara, poi, difficilmente si svolgeva in linea, senza trasferimenti previsti dall’organizzazione: ecco perché si è passati dai quasi diecimila chilometri del 1979 al record del 1992, i 12427 chilometri della Parigi-Città del Capo, fino alle edizioni più brevi degli ultimi anni. Nella storia della Dakar si è davvero visto di tutto, dall’edizione 1994 che terminò a Marne-la-vallee, in Francia, a quelle del 2000 e 2003, dove l’arrivo fu in Egitto, al Cairo e a Sharm-el-Sheikh, fino alle ultime edizioni europee, quando si partiva da Marsiglia, Barcellona o addirittura Lisbona.

A costringere l’ASO, la stessa ditta che organizza il Tour de France ad abbandonare del tutto l’Africa, furono una serie di incidenti che coinvolsero il sempre più numeroso pubblico locale e, soprattutto, il fatto che ribelli e formazioni jihadiste avessero preso di mira la corsa per organizzare attacchi violenti o provare a rapire degli ostaggi. La Parigi-Dakar classica finì ufficialmente nel 2009, quando si decise di traslocare in Sudamerica, provando a trovare una casa altrettanto affascinante tra le pampas argentine ed il deserto dell’Atacama. Alla fine, però, i problemi si sono ripresentati, costringendo ad un nuovo cambio di scenario nel 2020, quando la Dakar si è trasferita in Arabia Saudita. Ancora deserto ma di un continente diverso: al futuro giudicare se il fascino del raid più famoso al mondo ne soffrirà o meno.

Chi ha vinto più Parigi-Dakar?

Questa è decisamente facile: il signore della Dakar, a due e quattro ruote, ha un nome ed un cognome: Stéphane Peterhansel. Il pilota transalpino è diventato un vero maestro del rally raid, riuscendo ad accumulare una quantità impressionante di vittorie: sei in moto, otto in auto. Nessuno sembra in grado di ripetere l’impresa incredibile del pilota della Borgogna, inseguito a debita distanza dai signori dei camion, il russo Vladimir Čagin ed il ceco Karel Loprais, entrambi ritirati da tempo. Tra i motociclisti a cinque vittorie ognuna i francesi Cyril Neveu e Cyril Despres con lo spagnolo Marc Coma mentre a quattro ruote il rivale più pericoloso di Peterhansel è Nasser Al-Attiyah, pilota qatariota che sta facendo benissimo anche nell’edizione 2023 della Dakar. Gli italiani? Molto indietro e mai vincitori sulle auto: ai quattro titoli del grande Edi Orioli con Honda e Cagiva si aggiungono i due di Meoni ed i due di Francesco Perlini con i suoi camion negli anni ‘90.

Dakar Rally tappa 8 4

Quanto costa partecipare?

Questa è davvero una domanda tranello: dipende da cosa intendi ottenere dalla tua partecipazione. Se il tuo scopo è solo di arrivare a destinazione, metterti alla prova e dimostrare di essere più forte del deserto, potresti cavartela con cifre relativamente umane. Se invece vuoi vincere, difficile farlo senza avere l’appoggio di un team ufficiale, dal budget multimilionario. Una volta capito che, come in precedenza con il Safari Rally, vincere la Parigi-Dakar poteva fare miracoli per le vendite delle tue moto o auto, la poesia e la solidarietà del bivacco è stata rovinata dall’arrivo dei team factory e dei loro camion traboccanti pezzi di ricambio.

L’elenco di marchi che hanno deciso di investire sulla corsa più dura al mondo è lunghissima: Land Rover, Renault, Volkswagen, Mercedes, Lada, Mitsubishi, Yamaha, KTM, Husqvarna, Peugeot, Porsche, Citroën, Toyota, Audi, persino le italiane Cagiva e Gilera. Una stima realizzata qualche anno fa, quando si correva ancora in Sudamerica, stimava il costo minimo in una cifra variabile da 75.000 a 150.000 dollari ma sicuramente i costi sono aumentati ora che si viaggia in un paese decisamente meno a buon mercato come l’Arabia Saudita. Dal sito ufficiale si possono ottenere alcuni numeri: 14.800 Euro per pilota più 15.700 per una moto o quad, 25.000 e 26.600 rispettivamente per auto, 37.400 e 37.900 per camion cui vanno, ovviamente aggiunti, costi aggiuntivi per il personale di assistenza. Assicurazione medica e RC inclusa? Neanche a parlarne, quella è extra, come vitto, alloggio eccetera eccetera. Insomma, difficile davvero anche stimare quanto possa venirvi a costare l’avventura della vita nel deserto dell’Arabia. Sicuramente non poco.

Dakar Rally riposo

La sinistra reputazione della Dakar

Nonostante gli organizzatori facciano di tutto per nasconderla sotto il tappeto, parte del fascino di questa gara fuori dal mondo è dovuto al fatto che, spesso e volentieri, quando ti metti a confronto con l’enormità della natura, rischi parecchio. Fin dalla prima edizione eroica ed improvvisata del 1979, sono state più le gare funestate da incidenti mortali di quelle che sono andate lisce. Il conto delle fatalità è particolarmente pesante: 31 morti, ultimo dei quali, il motociclista francese Pierre Cherpin, nel 2021, proprio nel deserto arabo che ospita l’edizione di quest’anno. L’edizione peggiore, la Parigi-Tripoli-Dakar del 1991, nella quale furono quattro i piloti a perdere la vita, tutti francesi, tre su auto ed uno su camion, solitamente il mezzo più sicuro. Due gli italiani che purtroppo non sono riusciti a tornare dal sogno di una vita, entrambi motociclisti: Giampaolo Marinoni nel 1986 ed il grande Fabrizio Meoni nel 2005. Il campione toscano perse la vita dopo aver vinto due edizioni della Dakar di seguito, nel 2000 e 2001, dimostrandosi uno dei più grandi dakariani di sempre sulle due ruote. Particolarmente pericoloso affrontare il deserto su due ruote, di gran lunga il mezzo meno sicuro alla Dakar. A parte le morti dei corridori, non sono mancati gli incidenti che hanno coinvolto gli spettatori, una tassa particolarmente odiosa quando si correva in paesi dove le condizioni di vita sono indubbiamente complicate. D’altra parte, il rischio ha sempre fatto parte della fascinazione degli avventurieri per il deserto e per l’Africa, malattia che lo stesso creatore della Parigi-Dakar pagò carissimo. Il 14 gennaio 1986, mentre era in volo con l’elicottero dell’organizzazione per recuperare dei piloti dispersi, fu sorpreso da una tempesta di sabbia tanto feroce quanto imprevedibile. Nonostante la bravura del pilota lo schianto fu inevitabile, uccidendo tutti i cinque occupanti dell’elicottero. Una reputazione sinistra che però è entrata a far parte della mistica della Dakar, gara insensata ma profondamente affascinante.

Ci sono italiani in gara nel 2023?

Fin dai tempi eroici degli esordi, la Parigi-Dakar ha esercitato un grande fascino sugli appassionati di motori italiani, entusiasmo trasformatosi spesso in partecipazioni da record. Vista la situazione economica complicata, i numeri degli anni ‘90 sono un lontano ricordo ma anche quest’anno non mancheranno certo i rappresentanti tricolori nel deserto dell’Arabia. Alla partenza erano ben 69 i partecipanti italiani, divisi tra le varie categorie. Ben 36 fanno parte degli equipaggi della sezione Classic, dedicata alle auto storiche, seguiti dalla nutrita pattuglia dei motociclisti, unica categoria dove l’Italia sia riuscita a trionfare. Il binomio che ha ricevuto più attenzioni è quello messo in campo dall’italianissima Fantic Motors, che schiererà due moto affidate al veterano della Dakar Franco Picco e l’ex campione del mondo di enduro Alex Salvini, al suo primo raid rally. Non ce l’ha invece fatta a ripetersi l’ex pilota di MotoGP Danilo Petrucci, vincitore di una tappa al debutto nel 2022: ha preferito concentrarsi sulla preparazione per il prossimo sbarco in superbike. A fare notizia anche il numero 117, alla guida di una Honda privata, più per il nome che per altro: Ottavio Missoni. Il centauro varesino porta lo stesso nome del nonno, ex ostacolista e grande stilista morto nel 2021. Il figlio di Vittorio, morto nel 2013 in un incidente aereo nei Caraibi, condivide la grande passione per le due ruote del padre, con il quale avrebbe voluto correre assieme alla Dakar. Missoni non è un neofita, è arrivato 12° nel Rally dell’Andalusia e sogna di arrivare al traguardo, dedicando questa sua impresa al padre.

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Dove vedere la Parigi-Dakar in tv

Visto che si tratta di una competizione di lunga durata su distanze decisamente complicate da gestire dal punto di vista di una produzione televisiva, seguire la Parigi-Dakar in diretta è sempre stato un sogno proibito degli appassionati dei motori. Nonostante avvenga in un periodo morto dal punto di vista motoristico, l’interesse per la Dakar rimane alto anche in Italia, con diverse opzioni per seguire le notizie in arrivo dall’Arabia. L’organizzazione dell’ASO non prevede una copertura totale dell’evento, come succede ad esempio per il Tour de France, ma una serie di feed satellitari riassuntivi durante la giornata di gara. Gli orari dettati dai tempi fisici della produzione televisiva avevano reso le dirette complicate quando si correva in Sudamerica ma ora che il fuso orario gioca a nostro favore, è possibile seguire un programma riassuntivo in prima serata. Alle 21:00 su Eurosport 1 ci sarà il racconto della tappa del giorno, affidato alla voce del noto telecronista Nicola Villani. Gli approfondimenti quotidiani saranno poi disponibili sulla rete on-demand Discovery+ e sulla piattaforma di DAZN. Sky e Mediaset, media “designato” dall’ASO, offrono sezioni dedicate all’evento nei rispettivi siti internet ed ampi spazi all’interno dei notiziari sportivi o su Sky Sport 24, dove ogni sera potrete seguire un riepilogo della giornata. Sport Mediaset avrà anche approfondimenti e contenuti inediti, dedicati a questa corsa davvero particolare.

Questo è tutto quel che c’è da sapere sul Dakar Rally, il raid più fascinoso e storico del panorama motoristico mondiale. Non sarà più quella sfida alla natura eroica e leggermente fuori di testa degli anni ‘80, è tutto molto più organizzato, più preciso e professionale.

Il rischio di affrontare la natura a viso aperto, però, rimane molto reale, come testimoniato dagli incidenti avvenuti anche in questa edizione che hanno coinvolto piloti estremamente esperti. La massima di Sabine rimane valida anche oggi: “una sfida per chi parte, un sogno per chi rimane a casa”. Magari sognando un mondo più semplice, dove sfide del genere richiedevano coraggio, incoscienza e poco altro.

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