Ha un desiderio impresso in testa fin da bambino, Henry Hill. Sogna di diventare un gangster. Sono gli anni Cinquanta e New York è popolata da famiglie italo-americane che si contendono il potere con modalità cruente, scalando violentemente verso il successo. La visione onorica di Hill - intepretato dall'indimenticato Ray Liotta - si materializza crescendo, grazie alla frequentazione di quell'ambiente mafioso, che protegge, ma espone anche costantemente al rischio. Il film è ovviamente Goodfellas, Quei bravi ragazzi nella versione italiana.
Diretto da Martin Scorsese nel 1990, è considerato uno dei capolavori del cinema gangster. Adattato dal libro "Wiseguy" di Nicholas Pileggi, sgomita nell'Olimpo delle pellicole di ogni tempo per il suo stile visivo innovativo, l'uso della voce fuori campo e una colonna sonora iconica. Le performance di un cast eccezionale, composto da calibri come Joe Pesci e Robert De Niro, contribuiscono a renderlo un capolavoro che se ne infischia dello scorrere degli anni. Scorsese esplora temi come l'amicizia, il tradimento e la caducità del potere, creando un ritratto indimenticabile di un'epoca e di una cultura. La sua influenza è palpabile e finisce per influenzare generazioni di cineasti e appassionati di cinema.
Come spesso accade, nei film americani - specie quelli di mafia - lo schermo è in condivisione. Ci sono gli attori in carne ed ossa, certo, ma c'è poi tutta la scena che si prendono le altre grandi protagoniste, le macchine. In Quei bravi ragazzi ne sfilano tante, ma quella più presente, già dalla primissima scena, è una Pontiac Grand Prix del 1968. Fedele servitrice, è deputata ai trasporti più fantasiosi: serve per gli spostamenti dei gangster, per dare un passaggio alla ragazza di turno, per infilare un cadavere in bauliera o per pressare della cocaina nel cruscutto.
Si tratta dell’auto con cui, nella scena iniziale, Ray Liotta-Henry Hill, Joe Pesci-Tommy DeVito e Robert De Niro-Jimmy Conway pensano di stare trasportando nel bagagliaio il cadavere dell’affiliato Billy Bats interpretato da Frank Vincent, fin quando non sentono dei colpi e capiscono che non è ancora morto. Quella del film è una prima serie della Pontiac GP, una coupé di grandi dimensioni equipaggiata con motore V8 da 6,6, 6,9 oppure 7 litri.
Venne lanciata sul mercato nel 1962, presentandosi come una coupé sportiva allestita in modo differente rispetto alla vettura base, la Pontiac Catalina. A differenza di questa aveva delle cromature aggiuntive e gli interni sfoggiavano un'aggressività sportiva: addio ai classici divanetti all'americana, i sedili erano singoli.
I motori utilizzati, si diceva, erano un V8 da 6,4 L di cilindrata e 303 CV di potenza, montato di serie, ma anche dei V8 da 6,6 L, 6,9 L e 7 L. Esisteva inoltre una versione potenziata, da 350 CV. La Grand Prix si basava sul pianale B della General Motors e il motore era collocato in posizione anteriore. Quanto ai cambi messi a disposizione, era possibile scegliere tra due trasmissioni manuali, una a tre e l'altra a quattro rapporti, e un cambio automatico a tre marce.
Nata per le tasche delle classi borghesi, quelle che se la passavano meglio, questa versione proseguirà fino al 1968, quando sarà rimpiazzata da una seconda serie. Non prima, tuttavia, di aver lanciato sul mercato anche il modello cabriolet, nel 1967.
Il film, uscito nel 1990, generò un sentimento di profonda nostalgia nei confronti della vettura, tanto che molti proprietari privati si videro recapitare offerte in serie e riuscirono a rivendere gli esemplari ad un prezzo superiore a quello di mercato. Sperando che gli acquirenti la usassero per scopi diversi da quelli di Henry Hill.
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