Divisiva. Basta una parola per descrivere la Lancia Thesis, l'ultima grande ammiraglia del marchio torinese, l'ultimo gioiello estrapolato dalla leggendaria storia della casa fondata dal patron Vincenzo Lancia, agli albori del Novecento. Lei è stata l'estrema chance, il jolly terminale per rientrare al tavolo dei più grandi. Giocato male, forse, ma il tentativo era moralmente doveroso. Divisiva, dicevamo, perché come ogni oggetto dalla grande personalità ha creato due fazioni contrapposte: chi la ama e chi la odia. Sicuramente la Thesis non lascia e non ha lasciato indifferenti gli osservatori anche se, probabilmente, piace oggi più di quanto non accadesse vent'anni fa, nel periodo del suo lancio commerciale. Succede per tante cose, che vengano rimpiante e capite con colpevole ritardo, accade così anche per lei. Dunque, svisceriamo uno dei progetti industriali più arditi e al contempo fallimentari, degli ultimi vent'anni di auto all'italiana. Puntiamo dritti al cuore di un capolavoro incompreso, tanto fragile e delicato.
Un'immagine sbiadita
Aurelia, Appia, Flavia, Flaminia, Gamma e Thema. Questi sono alcuni dei celebri nomi delle berline che hanno reso maestosa la Lancia, collocandola tra i più prestigiosi costruttori di auto al mondo. Vetture capaci di incantare per eleganza e raffinatezza, strabilianti oggetti di sofisticata meccanica e comprovata tecnica. Negli anni Novanta, però, il buon nome di Lancia sbiadisce a causa di alcuni modelli, ma in particolar modo della K. Quest'ultima ha l'arduo dovere di sostituire la Thema, ammiraglia porta bandiera del marchio, stupendo veicolo capace di scandire un'epoca, conquistando tanto gli italiani quanto il resto del mondo con la sua sobria e mirabile signorilità. Per sua sfortuna la K ambisce a collocarsi nella stessa fascia di mercato, quella di alta gamma, ma è priva delle stimmate della predestinata, poiché è piatta, amorfa e sgraziata. I suoi contenuti, poi, sono più poveri, i suoi interni meno ricercati e ricchi, quasi scialbi. La sfortuna vuole che sia persino contraddistinta da un'atavica inaffidabilità. Tutto questo allontana gli affezionati clienti al loro marchio di riferimento, scacciando anche coloro che potevano fare più di un pensierino verso una Lancia. Le grandi berline sono costose, meglio depositare il pesante assegno verso un brand più solido e affidabile. La K che cavalca tutta la seconda metà degli anni Novanta, giunge a fine produzione nel nuovo millennio, lasciando attorno a sé terra bruciata. Quando a Torino sono pronti per lanciare la sua sostituta, la Thesis, di nobile stirpe e col sangue blu nei suoi circuiti, intorno alla Lancia aleggia un'aria di sfiducia e scetticismo che spaventa.
Lancia Thesis, anticonvenzionale e barocca
Il Centro Stile di Mirafiori produce alcuni concept per l'erede della K, quello definitivo si chiama Dialogos e omaggia le grandi vetture Lancia degli anni Trenta. Quella è la base di partenza della futura Thesis, che verrà presentata solo negli esterni al Salone di Ginevra del 2001, mentre per la sua forma completa (compreso l'abitacolo) bisogna attendere il novembre dello stesso anno, alla kermesse di Francoforte. Rispetto alla concept car, l'ammiraglia finale si discosta per alcuni dettagli, ma in larga parte ne riprende le forme sinuose e massicce. La Thesis è monolitica, imponente e barocca. Elegante, raffinata, fuori dagli schemi. Sembra uscita dal passato, raccoglie delle eredità stilisticamente pesanti, ma le interpreta in modo suo e personale. Una calandra vistosa integrata nel cofano motore, dei gruppi ottici di forma romboide, i passaruota in rilievo, le ampie cromature, la coda corta e alta, i fari a LED, vera primizia dell'epoca; questi sono tutti elementi distintivi di un'auto che non assomiglia a nessun'altra. La Thesis è unica e inimitabile. È certamente differente dalle varie Mercedes-Benz Classe E, BMW Serie 5 e Jaguar S-Type, con cui entra in diretta competizione. Loro sono molto più convenzionali e questa è certamente una loro forza. Mark Robinson, il designer, la Thesis l'ha voluta proprio così: una voce fuori dal coro. Croce e delizia.
Un salotto aristocratico
Aprire lo sportello di una Thesis equivale a scoperchiare un forziere carico di gemme. Sedersi al suo interno è come prendere un tè delle cinque a Backingham Palace, perché si è al cospetto di un salotto aristocratico e nobiliare. Un tripudio di pelle a profusione, della più ricercata che solo Poltrona Frau è in grado di concepire. In alternativa si può avere la pelle Nappa, o la pur sempre apprezzata Alcantara, al pari della lana "Panno Lancia". Ci si può perdere tra le rifiniture in puro legno levigato "a poro aperto", in cui il mogano fa la voce più grossa. Le porterie sono in magnesio e pelle, nel lunotto posteriore ci sono le tendine azionabili elettricamente e, poi, è previsto un impianto di climatizzazione così sofisticato che si snoda attraverso piccolissimi fori tramite i quali passa l’aria climatizzata creando un flusso debole ma ampio, mai invasivo. Infine, la plancia dallo sviluppo tradizionale può contare sul navigatore satellitare, il telefono GSM e persino il televisore. Per renderla ancora più ricca, si può scegliere l'impianto Hi-Fi Bose Sound System con caricatore, otto altoparlanti e 300 W di potenza, oppure dotarla di tetto apribile elettronicamente con celle solari. Un equipaggiamento straordinario e completo, anche più di quello della concorrenza. Per far funzionare tutto, però, la Lancia adotta decine di centraline. E queste, spesso, si sono rivelate deboli. In ogni caso, la firma su questo abitacolo è di Flavio Manzoni, oggi prima matita dello stile Ferrari. Non una persona qualunque.
Gamma motori
Per la Thesis viene costruito un pianale dedicato, molto sofisticato e votato al comfort, con motore anteriore trasversale e trazione anteriore. Il comparto sospensioni è di prim'ordine e a bordo dell'ammiraglia di Lancia si viaggia come su una nuvola. Bruciati dalle esperienze passate, la gamma motori si dota di un turbo diesel 2.4 jtd da 150 CV e di vari benzina: 2.0 da 175 CV, 2.4 da 170 CV, 3.0 V6 (di derivazione Alfa Romeo) da 215 CV. Successivamente la lista verrà ampliata con altre unità, tutte di sicuro affidamento e votate più al turismo puro che alle prestazioni nette e trancianti. In fondo su questa macchina ci si deve rilassare e lasciarsi trasportare nella massima armonia. La scelta di puntare su questi propulsori, poi, è in prospettiva di un dilagare europeo, seguendo una strategia di respiro internazionale. Cosa che non accadrà.
Cenerentola del mercato
Le previsioni iniziali di Lancia sono di vendere per il primo anno 13.000 unità fino a salire a 25.000, per i periodi successivi. Da subito si intuisce che queste premesse verranno disattese. Le motivazioni sono molteplici: un'estetica di rottura e fuori dagli schemi, incomprensibile per molti; caduta del fascino del marchio Lancia, che agli albori del nuovo millennio paga un appeal appannato per gareggiare con contendenti molto agguerriti; infine, una rete di assistenza incapace e impreparata a mettere le mani su un gioiello sofisticato e complesso. Dal 2002 al 2009, vengono prodotti appena 16.000 esemplari di Thesis, per lo più destinati al parco macchine del governo italiano. Tutt'ora fa il suo dovere come ammiraglia del Presidente della Repubblica. In ogni caso, l'industrializzazione della Thesis è costata qualcosa come 500 milioni di euro, mai ripagati. Chi ha cuore il marchio Lancia, adesso non può fare a meno di possederne una.
Lei è l'ultima di una dinastia speciale, chi prova un briciolo di passione per questa casata ha l'obbligo di salvarne una e metterla nel proprio garage. Ne sarà ampiamente ripagato. Infine è lecito sapere che per guidarla non servono i suoi cavalli, ma bisogna essere un cavaliere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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