La Lincoln Continental crivellata di pallottole ne "Il padrino"

L'auto compare un mucchio di volte nella pellicola sulla mafia italo - americana: nel suo abitacolo trova la morte Sonny, il primogenito di Vito Corleone

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New York nel 1945 è la riserva di caccia di Vito Corleone, immigrato siciliano e padrino dell'omonima famiglia. Dedito da anni all'organizzazione del gioco d'azzardo illegale e ad un racket debordante, è il più potente tra i capo mafia italo - americani in città. La trama de "Il padrino" la conosciamo praticamente tutti: un sistema criminale tentacolare, la stridente distanza tra i valori della famiglia e le cruente modalità con cui vengono gestiti gli affari, la necessità di mantenere sempre alta l'asticella di quel livello di brutalità per non perdere il primato acquisito, visto che le altre famiglie premono per scippartelo.

Vito Corleone - superbamente interpretato da Marlon Brando - ha la iattura di un primogenito impulsivo e iracondo, Sonny, complesso da gestire. Quando il boss rifiuta di finanziare il traffico di droga proposto dall'emissario del clan Tattaglia, Virgil Sollozzo detto "Il Turco", la faida che deflagra è totale. Ogni vicolo diventa quello giusto per un regolamento di conti. E tra i molti a rimetterci la vita c'è proprio Sonny: costretto a fermare la sua Lincoln Continental alla sbarra di un pedaggio, viene crivellato di colpi di mitra dentro e fuori dall'abitacolo. La vettura, aldilà di questa intensa scena, compare diverse volte nel film, diventando a tutti gli effetti la macchina protagonista.

Venne prodotta dalla divisione Lincoln della Ford dal 1940 al 1948 e poi ancora dal 1956 al 2002. Una nuova infornata di modelli è arrivata nel 2016 (fino al 2020), confermando l'appeal di un'auto che si è naturalmente evoluta nel corso di questa lunga era. La Continental è sempre stata associata, nell'immaginario americano, all'auto di lusso per definizione. Era quella sulla quale si spostavano i presidenti Usa: su una di loro venne ucciso Kennedy.

La prima versione era disponibile come cabriolet a due porte e come coupé a quattro porte. Ne sarebbero seguite ben nove, tutte caratterizzate da un obiettivo di fondo assolutamente nitido: non quello di essere la macchina con le migliori prestazioni sul mercato, ma quella che riusciva a posizionarsi in cima alla piramide del lusso su quattro ruote a stelle e strisce. Per questo i particolari erano curatissimi, con molte componenti interne fatte a mano, i sedili in pelle di vitello acquistata direttamente in Inghilterra, l'alloggiamento della ruota di scorta delicatamente messo in rilievo. Lunga oltre cinque metri, veniva sospinta da un motore 6.0 L V8.

Poteva dunque permettersela il ceto medio - alto americano, quello che se la godeva

spesso tranquillamente appollaiato mentre guidava un autista personale. Il posizionamento acquisito dal brand, sinonimo di benessere nell'immaginario del paese, è stato anche la chiave dell'assurda longevità di questo modello.

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