L'epicentro della vita di Sergio Scaglietti è stata Modena, la città che gli diede i natali nel 1920. La bella cittadina che risiede nel cuore dell'Emilia ha una cosa in comune con il protagonista di questa storia: la passione per le auto. Non è un caso che a pochi chilometri di distanza si possano fronteggiare due pezzi da novanta come Maserati e Ferrari. Avere l'opportunità, però, di diventare il grande maestro, il venerabile sarto del Cavallino Rampante, il forgiatore dei sogni e il demiurgo delle più incredibile e famose auto del mondo è un privilegio che può competere a un singolo uomo, che corrisponde al nome di Sergio Scaglietti.
La povera gioventù modenese
Scaglietti nasce da una famiglia povera, ma questo non è un freno per le sue aspettative e per coltivare la speranza che un giorno possa realizzare qualcosa di grande. Sviluppa da subito un feeling speciale con le auto, che lui comincia a costruire e modellare già a otto anni, quando con la creta e il fil di ferro sforna i primi modellini. A dodici anni Sergio perde il padre, così l'anno seguente inizia a lavorare in un'officina, perché qualcuno a casa il pane lo deve portare. La paga è una moneta d'argento da 5 lire, che lui tiene nascosta sotto la lingua, per paura di perderla o di farsela rubare. Nel 1937, quando di anni ne ha diciassette, inizia il lavoro nell'officina del fratello Gino in viale Trento e Trieste. Dall'altra parte della strada si scorgono i capannoni della Scuderia Ferrari, quella fondata da Enzo e che conduce le Alfa Romeo a vincere sui circuiti di tutto il mondo.
Le vetture del Biscione, ma con il Cavallino Rampante sulle fiancate, corrono la domenica in pista, mentre il martedì tornano a Modena per essere sistemate, aggiustate e rimesse in sesto. Sergio Scaglietti è l'uomo della cura, che somministra loro la medicina benefica. Lui fa le saldature, i tagli e le modellazioni secondo le esigenze di chi corre. Ci mette, però, sempre un tocco personale. Inoltre, ascolta le parole degli ingegneri, capta le emozioni dei piloti e respira a pieni polmoni la magia delle macchine che tutto il mondo invidia. La cosa che lui ammira di più è il colore rosso, quello che cattura gli sguardi e che tiene alta l'attenzione. Anche il trattore lo vorrebbe con quella tinta.
Un incontro speciale
All'interno della Scuderia tutti gli vogliono bene, gli anziani gli danno qualche dritta e qualche consiglio, che custodisce con cura nel cuore e nella mente. L'incontro che cambia la sua vita arriva nel 1939, quando Sergio Scaglietti è un semplice martellatore lattoniere che modella i parafanghi delle macchine da corsa. Enzo Ferrari, un giorno qualunque, fa visita all'officina dove lavora il giovane Sergio e nota un'Alfa Romeo 12 cilindri con delle modifiche particolari, molto futuristiche e aerodinamiche. Il Drake ne rimane sbalordito, quasi senza parole. Vuole sapere chi è l'autore e, tra un ticchettio e l'altro, tutti gli indicano Scaglietti. Da quel giorno, Ferrari manderà tutti i piloti e i clienti delle sue auto a fare un salto dal bravo Scaglietti per una messa a punto speciale.
Nel 1947 Ferrari si mette in proprio, diventando una realtà autonoma. Nel 1951 tocca a Sergio Scaglietti aprire la propria officina, che diventerà quella di fiducia della fabbrica del Drake, che gli commisiona le carrozzerie per le nuove vetture a cominciare da quella della 500 Mondial. Ci sono appena quindici dipendenti nel garage di Scaglietti, e tutti lavorano rigorosamente a mano, non esistono catene di montaggio. Il risultato finale è sempre oltre ogni immaginazione. Le strade di Scaglietti e Ferrari non si lasceranno mai. Grazie a questa collaborazione stretta, arrivano in scena le varie 250 Testa Rossa, la 250 GT California, la 250 GTO e le 750 e 860 Monza. Questi modelli sono i più preziosi della storia del Cavallino Rampante, delle leggende su quattro ruote che hanno vinto in pista e fatto sognare gli appassionati. Ognuna di queste auto ha un valore storico (e collezionistico) inestimabile.
L'eredità di Scaglietti
A metà degli anni Settanta circa, la Ferrari rileva l'officina di Scaglietti. La qualità impeccabile delle opere, la stima reciproca dei due uomini legati dal destino, viene evidenziata dal fatto che il nome “Scaglietti” resta fissato - e in bella vista - sul tetto del capannone, accanto al marchio del Cavallino. Nel 2003, unico caso nella storia della Ferrari, viene lanciato il modello di punta della gamma che ha nel nome la dedica a una persona vivente: la 612 Scaglietti. Quest'ultima è ispirata alla speciale 375 MM che il designer realizzò, a metà anni Cinquanta, per Roberto Rossellini e Ingrid Bergman. Nel 2011 Sergio Scaglietti lascia questa terra, dopo novantuno anni di vita vissuta intensamente, come il rosso delle sue creature.
Le sue macchine sono ricordate come vere opere d'arte, che hanno reso Ferrari il marchio che è ancora adesso. Pensare che tutte quante sono state modellate a mano, con passione e colpi di martello, amore e forza bruta, un'immagine lontana e romantica rispetto al gusto globalizzato di un mondo digitale e con poca fantasia.
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