Prima dell’Ikea, la Svezia era famosa per aver esportato in tutto il mondo la musica degli ABBA, oltre ad aver dato i natali a celebri star internazionali della settima arte come l’attrice Greta Garbo e il regista Ingmar Bergman. Forse la personalità più celebre in assoluto è Alfred Nobel, il chimico al quale è stato poi dedicato l’omonimo premio, ma quando si parla di Svezia in campo automobilistico il primo flash accende il nome di Volvo, e non è un errore, ma questo non è l’unico brand venuto dalla fredda terra del nord Europa ad aver lasciato un’impronta decisa e personale in questo settore. Perché un grosso contributo all’automotive lo ha dato anche Saab, oggi scomparsa dai radar dopo un fallimento targato 2010 e vari tentativi di resurrezione mai arrivati al culmine di una rinascita. Eppure, c’è stato un momento storico in cui è stata lei ad aver lanciato una tendenza.
Tutto diventa turbo
Il fenomeno del turbo impazza negli anni ‘80, un decennio in cui lo stile di vita viene condizionato e stravolto dalla ricerca della perfezione e dell’ostentazione. È un momento di grande fermento in tutti i campi, si fanno progressi nella tecnologia e in altre importanti voci dell’esistenza umana. Il consumismo è al suo massimo storico, così come l'esagerazione e il narcisismo. Nasce, in molte persone, un sentimento di rivalsa, bisogna dimostrare a chiunque di essere arrivati, di essere in carriera. C’è una parola che può esprimere al meglio tutto questo concetto ed è proprio turbo. Diventano turbo il tosaerba, gli occhiale da sole, lo spazzolino da denti. Se è turbo è cool, se è turbo è vincente. Gli adesivi con queste cinque lettere magiche compaiono dappertutto, l’industria dell’auto si cimenta, mai come prima di allora, nella produzione di vetture esagerate e turbocompresse. Il turbo alimenta anche le monoposto di Formula 1 o le motociclette più esclusive. Ma chi sono stati i primi a puntare su questo motore? La risposta corretta è BMW e Porsche, rispettivamente nel 1973 e nel 1974, con la 2002 Turbo e la 911 Turbo. Chi, però, lo ha diffuso e importato su un’auto tradizionale, e non su una fuoriserie a produzione limitata come le due tedesche, è stata proprio la Saab con la 99 nel 1978. Un’auto di massa, una berlina per famiglie che di colpo diventa un fenomeno di culto, un oggetto del desiderio e un poster da appendere nella propria cameretta. Tutto grazie a quella sigla: turbo.
Dai camion alle auto
Scegliere prima degli altri di percorrere questo affascinante sentiero è stato, abbastanza, semplice per Saab. Originariamente il marchio scandinavo nasce come costruttore operante nel campo dell’aeronautica, con specializzazione in caccia e jet militari, ma soprattutto grazie a Scania, la sua costola dedicata ai mezzi pesanti, possiede una buona esperienza con i motori sovralimentati da turbocompressori. Certo, bisogna trasferire il know how dei camion a un’auto di serie, ma gli ingegneri svedesi sono meticolosi e precisi. Dopo un lavoro certosino nasce un motore – relativamente piccolo - di due litri con un ridotto turbocompressore dalla potenza di 145 CV. Su strada la 99 Turbo è una vettura spaventosamente veloce, anche per gli standard odierni, grazie a questo propulsore. La missione è vinta, nel 1977 nessuno può vantare una tecnologia del genere. Al volante bisogna fare un po’ di attenzione al ritardo del turbo, ma l’auto è comunque sicura, più di ogni altra in commercio.
Saab, sicurezza al primo posto
Se il Turbo ha fatto breccia a ogni latitudine, dando una bella spinta all’immagine di Saab, ciò che è sempre stato il vero vanto di questo marchio è la ricerca della sicurezza. Ogni vettura con l’effige dell’aquila reale riceveva dei trattamenti e adottava delle soluzioni utili per ottenere il massimo risultato nella protezione dei suoi passeggeri. Paraurti sporgenti e rinforzati con materiali compositi, acciaio più spesso e pesante, nonché altri dispositivi che avrebbero garantito la salvezza dei suoi occupanti, come airbag e ABS di serie. Questa spasmodica voglia di primeggiare sugli altri in fatto di sicurezza aveva come conseguenza un prezzo di listino molto alto per le sue automobili. Le Saab costavano care, ma chi si chiedeva il perché, lo avrebbe scoperto con piacere in caso di incidente. La sicurezza a ogni costo determinò il successo ma anche la fine del marchio, perché il fallimento del 2010 in parte è dipeso anche dalle eccessive spese di progettazione e produzione della Saab. La General Motors, l’ultimo grande gruppo a possedere il marchio svedese, perdeva soldi per ogni vettura realizzata in Scandinavia.
Per questo motivo il gigante di Detroit decise di scaricare le prestigiose vetture europee, abbandonandole al proprio destino. Un fato che da quel momento non ha più riservato gioie a Saab, assente da troppo tempo dalle scene internazionali, nell’attesa che qualcuno si ricordi di cosa sono in grado quei geniali svedesi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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