Se non avessero già avuto nel “cassetto” quelle due iconiche lettere (IF) avrebbero potuto chiamarla IP (talian Pride) ossia orgoglio italiano. Perché qui manca solo l’Inno di Mameli e gli ingredienti ci sono tutti. Nata dalla visione di quella che attualmente si definisce una “cordata” di imprenditori tutti accomunati dal desiderio di distinguersi e se vogliamo far la differenza e mettersi in gioco. Giusto per darvi qualche info, qui è praticamente tutto Made in Italy, telaio, freni, sospensioni e soprattutto il “cuore”, cioè il motore. Insomma, è tutto di Isotta Fraschini compresa la proprietà “intellettuale” dell’intero prodotto. Cosa ormai rara di questi tempi. Chi l’avrebbe mai detto che qualche lungimirante investitore si sarebbe preso la briga, oltre che finanziaria, di resuscitare un brand come Isotta Fraschini e soprattutto fare tutto ciò in pompa magna. Non staremo qui a scomodare ciò che fu Isotta Fraschini dal 1900 fin dai suoi esordi, dove fiumi di inchiostro sono stati versati, ma contenendoci in tre righe spiegheremo il valore che assunse nel mondo Automotive, quello per cui un brand come IF risulta a pieno titolo nell’olimpo dei grandi brand mondiali di tutti i tempi e soprattutto la sua visione di futuro.
Alessandro Fassina, ex pilota e presidente della società Isotta Fraschini Automobili Milano, cosa ha spinto un imprenditore molto impegnato nel mondo automotive ad imbarcarsi in un progetto così impegnativo?
"È stata la voglia di uscire dalla mia “comfort zone”. Mi spiego meglio, mi ritengo una persona molto impegnata ancor prima di iniziare questa avventura, ma su cose molto tradizionali e per me routine. Lo stimolo è stato quello di andarmi ad interessare di argomenti completamente nuovi, come la parte industriale della macchina insieme ad altre valutazioni legate al progetto, questo è stato molto stimolante e mi ha attratto enormemente".
Da chi è venuta l’idea del rilancio di un brand come IF?
"L’idea del rilancio di IF non è partita da me, ma sono salito a bordo circa 7 o 8 mesi fa avvicinato dagli altri investitori, che a loro volta avevano già iniziato tempo addietro nella trattativa di acquisizione del brand. Sono stato coinvolto con piacere ho fatto delle veloci riflessioni fiutando quello che poteva essere lo sviluppo di un progetto così ambizioso e ora sono qui".
Bugatti con i suoi errori e con le sue soluzioni è stata una sorta di apripista che vi ha in un certo senso agevolato il progetto, o a chi vi siete ispirati (se lo avete fatto)?
"Bugatti non è stato un riferimento per noi, anche perché se pur a tiratura limitata, ha comunque un processo industriale che si può chiamare tale. Mi spiego meglio, è un’auto con un infotainment molto sviluppato ed è una macchina diversa da quelli che sono i nostri obbiettivi. Noi come IF facciamo un’auto che sarà assolutamente prestazionale e simile alle macchine da gara. Concentrandoci più sull’essenza e non su quelle che su una vettura Race risulterebbero “distrazioni” a noi interessa scaricare cavalli al suolo e leggerezza che vanno in contrasto con tutto quello che si può definire “superfluo”.
In futuro come “HyperBrand” la visione sarà seguire il mercato, o meglio declinare verso GT più “umane” restando sempre nell’altissimo di gamma?
"Nel nostro business plan abbiamo già in programma una Hypercar stradale con tutte le omologazioni. Come avrete già letto, la prima macchina sarà consegnata nel 2026. Abbiamo in mente poi di fare una GT che ad oggi non è inserita in nessun programma di costi ricavi. Stiamo facendo delle valutazioni e più di qualcuno del nostro Board vorrebbe realizzarla. Al momento però non esiste niente di più.
Horatio Pagani altra Special Factory di nicchia ha preso delle nette posizioni sul futuro dell’auto in relazione ai motori e alla transizione energetica, quando anche la stessa Bugatti ha dichiarato di abbracciare un futuro solo elettrico. Lei hai la stessa visione, ossia di non rinunciare a sviluppare endotermico anche unito all’elettrico?
"La pensiamo come Pagani. Ad ora non abbiamo in mente di sposare una visione che sial soltanto elettrica. La nostra visione potrebbe essere termica-Ibrida, o anche solo termica ma comunque nel rispetto del regolamento. La nostra vocazione oggi è di avere una macchina endotermica".
Con la IF Tipo 6 avete raggiunto quanto prefissato o è venuto fuori qualcosa di più, o meglio tutto il “core” di un brand come IF secondo te verrà percepito come valore aggiunto dai futuri clienti?
"Siamo molto soddisfatti degli obbiettivi raggiunti con la Tipo 6, per quanto fatto finora siamo in linea con le aspettative considerando che abbiamo puntato in alto".
Quale è stato il maggior ostacolo per la messa a punto della IF che ora vediamo?
"Fino ad oggi non ci sono stati ostacoli per la messa a punto della macchina. A dire il vero soltanto per le omologazioni che fortunatamente toccano solo aspetti burocratici e non di sostanza meccanica. Come saprete ci sono diverse omologazioni in quanto questo tipo di auto non sono Go Kart evoluti ma delle vere e proprie automobili a tutti gli effetti".
Se può dirmelo, a lei personalmente uomo di motori ancor prima che imprenditore, cosa dà essere presidente di un brand così importante?
"Sono consapevole dell’importanza del marchio e del fatto che il brand sia importantissimo. Lei lo chiama “Stellare” però io tenderei a dimenticarmi del passato, anche perché non dipende da noi, meglio concentrarci sul futuro perché c’è tanta strada da fare".
La sfida dei prossimi mesi quale sarà?
"Sarà quella di riuscire a trasmettere ai nostri potenziali clienti il perché Isotta Fraschini è diversa dalle altre Hypercar, mostrando loro quanto sarà veloce in pista e quanto lo sarà altrettanto in strada. E per veloce non intendo solo prestazionale nell’accelerazione bruciante, ma in frenata in curva regalando ai futuri clienti emozioni derivate non solo dal sound spaventoso, anche perché tutte le Hypercar lo sono già, ma tutto un insieme di caratteristiche che coinvolgano a 360 gradi chi starà seduto al volante della nostra IF.
Cosa vi aspettate in un mondo Automotive ormai saturo di Hypercar blasonate, vedi Porsche, Pagani BMW , Bugatti, addirittura Peugeot la stessa Mercedes tanto per
citarne qualcuna, tutte ormai consolidate da sempre e straconosciute ai più, correndo magari il rischio di dover inseguire il gruppo?"Vogliamo dimostrare che gli italiani sanno costruire auto e lo sanno fare meglio".
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