Nella periferia di Pyongyang, la capitale dello Stato più inaccessibile e imperscrutabile d’Oriente, in mezzo alle immense colate di cemento che si stagliano in verticale e ai palazzi che somigliano più ad alveari che ad abitazioni destinate all’uso civile, sfilano su strade monumentali, dove vengono allestite le tradizionali parate militari, alcune Volvo 144 risalenti agli anni ‘70. Una visione inconsueta per uno stato autarchico e refrattario ad aprire le proprie porte allo straniero, infatti scorgere qui delle auto europee pienamente funzionanti, e in ottimo stato di conservazione, è come trovare una fonte d’acqua gelata nel deserto. Eppure, spesso in queste berline presidenziali siedono degli alti ufficiali in uniforme che si nascondono dietro ai finestrini oscurati. Sembra impossibile, ma in Nord Corea, il “paradiso comunista” per antonomasia è stato gettato un seme di consumismo occidentale, un avversario da combattere e da condannare a ogni costo. Nondimeno queste auto, ormai d’epoca, hanno un trascorso lungo nel Paese e sono sbarcate a queste latitudini a seguito di un accordo antico tra la Svezia e la nazione dominata – oggi - dal despota Kim Jong-un, il dittatore che spesso minaccia l’uso indiscriminato di missili nucleari.
Mille Volvo per la dittatura
La Corea del Nord di fine anni ‘60 non è la nazione che tutti noi oggi abbiamo imparato a conoscere nei tempi più recenti, infatti esiste una maggiore apertura verso l’esterno, ed emerge una chiara e costante volontà di crescere e innalzare il proprio PIL nel più breve tempo possibile. Le crepe del sistema sono comunque all’orizzonte, ma celate dietro a qualche sorriso di facciata. In questo scenario si inserisce con astuzia e tempismo Volvo, che al pari di tante altre aziende occidentali (specie quelle operanti nell’industria mineraria) comincia a tessere dei rapporti commerciali privilegiati con l’emergente stato orientale. La Casa di Göteborg invia 1.000 unità di colore verde della loro ammiraglia 144S nel lontano paese orientale, offrendo i servigi di una berlina che rappresenta il meglio di quanto possa offrire la gamma dei prestigiosi veicoli nati nella rigorosa Svezia. Auto dallo stile squadrato, robusto e massiccio, vetture solide e indistruttibili, pronte a mettersi in moto di fronte a qualsiasi tipo di richiesta. I destinatari purtroppo non sono i cittadini, ma i membri di alto grado del partito. Le blasonate macchine europee sono condannate a servire la bieca dittatura coreana.
Lo scambio commerciale
Dunque, i socialisti scandinavi e un gruppo di industriali svedesi decidono di scommettere sulla parabola vincente dello Stato governato da Kim Jong-il, e l’affare sembra decisamente conveniente e interessante. A giudicare i dati e gli indici di mercato, la Corea del Nord si presenta con tutte le carte in regola al tavolo con gli europei, forte di una crescita annua del 25%. Gli svedesi inserendosi in una terra inesplorata e ricca di risorse minerarie intriganti, pretende di avere un ritorno remunerativo e un canale privilegiato nella riscossione delle materie prime tanto ambite. L’accordo è presto fatto, la fornitura di Volvo arriva a Pyongyang con degli aerei cargo, mentre il governo nordcoreano a sua volta si impegna - con la dovuta calma – a ripagare il primo investimento di qualche milione di corone svedesi con il colosso automobilistico scandinavo. È il 1974, ma in pochi mesi gli europei comprendono che la missione commerciale è un puro fallimento e soprattutto che i nordcoreani non vogliono e non possono saldare i propri debiti. I media del nord Europa, dunque, non mancano di incensare l’opinione pubblica, pubblicando liste più o meno veritiere dei debiti nordcoreani. La rottura è completa.
Un debito insoluto
Quelli che ci rimettono di più in questo naufragio diplomatico sono proprio quelli di Volvo che, nel frattempo, non vedranno mai un soldo indietro. Il garante del debito è l’EKN, la commissione svedese sui crediti d’esportazione: ogni anno viene calcolato l’ammontare del totale dovuto, comprensivo di interessi, relativo a tutti i debiti nordcoreani verso le aziende svedesi, per poi richiedere a Pyongyang il pagamento. Secondo le stime più recenti, il totale ammonta a circa 3 miliardi di corone, più o meno 320 milioni di euro, lo 0,12% dell’attuale PIL nordcoreano. Dunque, Volvo manda due volte all’anno una lettera al governo coreano per ricordare il debito da pagare, senza mai ricevere indietro alcuna risposta. Nel frattempo, le 144S continuano a viaggiare indisturbate per le strade di Pyongyang divenendo una pura attrazione per tutti i turisti che vengono da Occidente. Alcune di queste auto sono utilizzate ancora da funzionari governativi, altre sono state convertite in taxi, ma comunque ognuna di loro continua a funzionare nonostante i quasi cinquant’anni sulle proprie spalle.
La dimostrazione di solidità e di capacità costruttiva dell’Europa ha vinto, la missione commerciale, invece, ha miseramente fallito. Kim Jong-un, dal canto suo, può vantarsi di tenere in ostaggio le vecchie Volvo senza aver sborsato nemmeno una moneta nei confronti dei gentili mittenti, una vittoria di Pirro e un furto epocale a tutti gli effetti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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