Autostrade, nozze con gli spagnoli di Abertis

Domenica l’annuncio ufficiale. Gli spagnoli primi azionisti con il 37 per cento

Nicola Porro

da Milano

Era allo studio da tempo. Ma ora è fatta. I consigli di amministrazione convocati in tutta fretta domani, vareranno la fusione per incorporazione della holding Autostrade (ieri il titolo ha guadagnato il 2%, anche in previsione della distribuzione di un dividendo straordinario) e la spagnola Abertis Infraestructuras. Nasce un colosso paneuropeo. Con 6.700 chilometri di strade a pedaggio in Francia, Spagna, Portogallo (attraverso la controllata Brisa) e Italia. Ventimila dipendenti in sedici Paesi. Leader negli aeroporti: Luton, Cardiff, Stoccolma, e minori in sud e nord America. In posizione di rilievo nel business dei parcheggi: seconda in Francia e prima in Spagna.
L’operazione è stata studiata per la parte italiana da Merrill Lynch e Unicredito (che fa così il suo esordio in grandi deal europei) e per il versante spagnolo da Lazard.
Si arriverà a una fusione sostanzialmente tra eguali. Con uno scambio di azioni uno a uno. Abertis emetterà nuove azioni. E si procederà a un concambio con quelle di Autostrade: una nuova azione Abertis per una vecchia azione Autostrade. Alla fine dell’operazione scomparirà la holding Autostrade che sarà incorporata in Abertis. Mentre resteranno intatte le diverse società e holding operative. Si può, più o meno, associare al modello Unicredit-Hvb, fatte le dovute differenze. E forse in questo caso il baricentro alla fine sarà più spostato all’estero. La nuova società avrà una capitalizzazione di 25 miliardi di euro. Mentre, considerando il debito, il cosiddetto enterprise value sarà di 45 miliardi di euro. Sul fronte della composizione azionaria «è già stato tutto previsto», come dice quella vecchia canzone. Schemaventotto, che oggi controlla il 52% di Autostrade, resterà primo azionista di «AutoBertis», ma con il 23 per cento. Segue la Caixa con il 13, i costruttori spagnoli di Acs con il 14 e la Caixa d’Estalvis con il 3. Gli spagnoli dunque avranno la maggioranza relativa, con il 30%. Il resto, pari al 47%, sarà flottante. La società sarà quotata sui mercati di Barcellona, Madrid e Milano.
Schemaventotto è controllata al 60% dalla Edizione finance International Sa dei Benetton. A cui sono legati in un patto di sindacato la Fondazione Cassa di risparmio di Torino con il 13,3%, le Generali con il 6,67, Unicredito con una quota uguale e proprio gli spagnoli di Abertis con il 13,33 per cento. Questi ultimi con molta probabilità cederanno la loro quota ai componenti del patto: le Generali sono candidate ad aumentare la loro quota in Schemaventotto. Ma per questo ci sarà ancora tempo. La corporate governance prevede un amministratore delegato congiunto, due presidenti e due vicepresidenti.
La holding che controlla «AutoBertis» avrà sede a Barcellona.

La favorevole legislazione fiscale sull’avviamento sarebbe il motivo principale della scelta. I Benetton hanno dimostrato grande coraggio. Perdono la maggioranza di uno dei loro gioielli. Ma la fanno confluire in un soggetto più grande e dalle ambizioni globali.

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