Un risiko di fiduciarie, di fondi esteri e di trust creato con un solo obiettivo: nascondere il tesoro estero di Gianni Agnelli, metterlo al riparo sia dai diritti del fisco che dalle mire di Margherita, l'unica figlia ancora in vita, in rotta di collisione col resto del clan. Nelle 99 pagine decreto di sequestro eseguito dalla Procura di Torino a carico di John, Lapo e Ginevra Elkann a fare impressione sono sia l'ammontare delle cifre che la complessità del sistema architettato dai tre fratelli, cui il giudice Antonio Borretta riserva parole severe: «Hanno agito con finalità di profitto nonostante la loro condizione di indiscutibile benessere economico-finanziario, così dimostrando indubbia pervicacia nel conseguire ulteriore profitto».
La «strategia capillare attuata in oltre un decennio» ruota intorno al conto intestato alla Bundeena Consulting nelle Isole Vergine Britanniche, aperto nel 2004, l'anno successivo alla morte di Gianni Agnelli. Il vero «buco nero» dell'inchiesta è per ora l'origine dei soldi che approdano sul conto della Bundeena, visto che le rogatorie internazionali si scontrano con la rigidità di uno dei paradisi fiscali più famosi del mondo. L'unica certezza è che il «profilo cliente» indica che la beneficiaria dispone di un tesoro colossale, di 900 milioni di dollari di cui 500 in contanti e titoli. Ma non è tutto: per le spese «correnti», Donna Marella utilizzava il conto corrente a Vaduz intestato alla Sikestone Invest Corp., anch'essa delle Isole Vergini, dove sua figlia Margherita le versa 583mila euro al mese, in base agli accordi del 2004 con cui la secondogenita dell'Avvocato accetta di uscire dall'asse ereditario.
Dove gli «artifizi» per evitare le tasse di successione di cui parla il giudice mostrano tutta la loro complessità è nella gestione dei due trust costituiti ale Bahamas, le cui tracce emergono da una perquisizione nello studio del commercialista Gianluca Ferrero. Si chiamano Providenza Settlement e Providenza Settlement 2, il secondo è stato costituito il 29 luglio 2004, in contemporanea con il fondo Bundeena alle Isole Vergini, e indica come beneficiario la sigla MCA, ovvero Marella Caracciolo Agnelli, e secondi beneficiari GE, JE e LE, cioè i tre fratelli Elkann. Quando muore Marella, nel febbraio 2019, sui due trust ci sono complessivamente 4,3 milioni di quote di una società lussemburghese di gestione fondi, la Private Wealth Management Global, gestita dalla celebre banca d'affari Pictet. Le quote del fondo nel 2019 valevano 137,38 euro, per cui i trust ospitano circa 597 milioni di euro. Appena Marella muore, i tre figli subentrano come beneficiari e nelle loro dichiarazione dei redditi riappaiono come dal nulla le quote della Providenza Settlment, che nel frattempo hanno continuato a crescere di valore. Per la Guardia di finanza, questa è la prova evidente che si è trattato di una eredità a tutti gli effetti, «si trattava quindi di disponibilità finanziarie pervenute ai fratelli Elkann a seguito della morte della nonna Caracciolo Marella (...) i trust in oggetto dovevano considerarsi meri schermi giuridici volti a sottrarre beni alla massa ereditaria della defunta».
Il conto della Bundeena alla Morgan Stanley di Zurigo viene aperto da Siegfried Maron e Matt Johannes. Chi sono costoro? «Maron Sigfier era stato il consulente finanziario di Agnelli Giovanni e aveva ricoperto la funzione di preposto al family office di Agnelli Giovanni». Il fondo «aveva inoltre tra gli amministratori Christian Bolleter, uomo di fiducia di Elkann John». Il presidente di Stellantis «era il referente che curava e gestiva concretamente gli investimenti del fondo lussemburghese anche prima della morte della nonna». A dimostrare il ruolo diretto del maggior degli Elkann ci sono le prove che «ha avuto nel corso del tempo diversi incontri con Giovanni Viani, equity partner di Pictet».
«Le attribuzioni delle quote del fondo effettuate da Caracciolo Marella a favore dei fratelli Elkann dovevano rientrare tra i beni e i diritti componenti l'attivo ereditario».
Tradotto: John Elkann gestisce i fondi della nonna, e quando lei muore se li spartisce con i fratelli senza pagare un euro di tasse di successione all'Italia: lo Stato in cui Donna Marella viveva, come - sempre secondo il decreto di sequestro - hanno dimostrato le indagini. Da qui l'accusa di truffa allo Stato.
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