I due protagonisti dell'operazione: Lovaglio e Nagel

Chi sono i due manager di Mps e Mediobanca

I due protagonisti dell'operazione: Lovaglio e Nagel

Un manager più anziano, l’altro più giovane, eppure su posizioni “ideologiche” paradossalmente opposte. Luigi Lovaglio, 70 anni, alla guida di Mps con la sua Ops sta cercando di scardinare quello che un tempo era il sancta sanctorum della finanza italiana. Alberto Nagel, 59 anni, è l’ultimo erede di una “dinastia” bancaria che ha fatto della conservazione degli equilibri di potere la propria ragione sociale. Se si guarda all’operato, tuttavia, le azioni intraprese seguono la linea delle carte d’identità. L’esperto Lovaglio è l’uomo del risanamento che ha riportato il Monte dei Paschi di Siena in carreggiata dopo anni di difficoltà. Dall’altra parte, Nagel ha trasformato Mediobanca, evolvendola da simbolo della finanza tradizionale a un gruppo diversificato che punta non solo sul corporate banking ma anche sul wealth management e sul credito al consumo (sebbene Generali resti sempre la gallina dalle uova d’oro). Ma chi sono davvero questi due leader? E cosa li distingue, oltre ai contesti in cui operano? Un viaggio tra le loro biografie ci aiuta a capirlo.

Luigi Lovaglio il risanatore

Luigi Lovaglio è un banchiere dallo stile discreto, ma dall’impatto deciso. La sua carriera inizia nel gruppo Unicredit, dove ha trascorso oltre trent’anni, scalando le gerarchie fino a diventare Ceo della ex controllata polacca Bank Pekao, trasformandola in uno degli istituti più redditizi in Europa centrale, grazie a un mix di rigore gestionale e capacità di valorizzare i talenti locali. Questo approccio pragmatico e focalizzato sui risultati è diventato il suo marchio di fabbrica. Lo stesso tipo di lavoro viene intrapreso dal 2019 al Creval di Sondrio che, sotto le sue cure, torna redditizio e viene successivamente acquisito dai francesi di Crédit Agricole.

Nel 2022 Lovaglio viene chiamato a una missione che sembrava impossibile: salvare Monte dei Paschi di Siena. La banca più antica del mondo era reduce da anni di scandali, perdite miliardarie e da un salvataggio pubblico, resosi inevitabile nel 2017 per non mandare a ramengo l’intero sistema-Paese. Lovaglio, tuttavia, non si lascia scoraggiare. Con un piano di rilancio ambizioso ma realistico, basato su tagli ai costi, riduzione dei crediti deteriorati e un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, riesce a riportare stabilità e fiducia. “Il 16 dicembre 2022 (dopo l’aumento di capitale da 2,5 miliardi) incontrai il ministro dell’Economia (Giorgetti. Ndr) e presentati 3 opzioni: continuare da soli, fare un’operazione fra pari e un’operazione con Mediobanca. Ora è giunto il momento”, ha detto nel corso della conference call con gli analisti.

Alberto Nagel e la spinta “gentile” alla modernità

Se Lovaglio è l’uomo delle crisi, Alberto Nagel è l’architetto della nuova-vecchia Mediobanca. Laureato in Economia alla Bocconi, entra in quella che allora si chiamava Via Filodrammatici nel 1991 e ne segue le dinamiche interne per decenni, fino a diventarne amministratore delegato nel 2008. La sua nomina coincide con un momento di grandi cambiamenti nel sistema finanziario globale, segnato dalla crisi del 2008 e dall’erosione dei modelli tradizionali di business bancario.

Nagel eredita una Mediobanca ancora legata al suo storico ruolo di merchant bank e salotto buono del capitalismo italiano, ma capisce che è necessario cambiare. Gli va ascritto il merito di aver intuito che la crescita nel corporate di Intesa Sanpaolo e di Unicredit (principale azionista dell’istituto fino al 2019 quando cedette il suo 8,4%, aprendo definitivamente il campo a Leonardo Del Vecchio) e la progressiva espansione nel medesimo settore dei grandi concorrenti esteri non consentivano più di camminare sull’unica gamba d’appoggio. Sotto la sua guida Mediobanca diversifica, ampliando il wealth management e il consumer banking e tagliando le partecipazioni industriali, lascito di Cuccia e di Maranghi. Il risultato è un gruppo più agile, in grado di competere in un mercato globale e in rapida evoluzione. In un’intervista recente Nagel ha dichiarato: “La nostra strategia mira a creare un gruppo finanziario moderno, in grado di rispondere alle esigenze di una clientela internazionale e diversificata. L’innovazione è il cuore del nostro lavoro.”

Nagel non è stato immune alle controversie: dalle tensioni con i grandi azionisti come Vincent Bolloré (Delfin e Caltagirone oggi) ai dossier delicati come la vicenda Ligresti, ma se i risultati non fossero stati pienamente soddisfacenti (e se non si fosse meritato la fiducia dei fondi di investimento), non sarebbe durato oltre vent’anni in un ruolo di responsabilità.

Mister Wolf contro Chance il Giardiniere

Il confronto tra Lovaglio e Nagel evidenzia due approcci manageriali profondamente diversi. Lovaglio è un “Mister Wolf” della finanza: la sua forza risiede nella capacità di intervenire in situazioni di emergenza, riportando ordine e prospettive di crescita là dove regnavano incertezza e crisi.

Nagel, invece, potrebbe essere definito un “pragmatico”, capace di adattare l’organizzazione alle esigenze di un mercato in

evoluzione. Più che gestire crisi Nagel costruisce percorsi di crescita, modernizzando le strutture e ampliando il raggio d’azione. Da custode della tradizione è passato al ruolo di innovatore. Un po’ come Chance il Giardiniere.

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