RomaCè chi minimizza, come Sandro Bondi: «Calderoli non si è dissociato, ha solo detto che il modo migliore per ricordare i 150 anni dellUnità dItalia è applicare il federalismo». Chi si dichiara parzialmente daccordo, come Maurizio Sacconi: «Partecipare è giusto ma è giusto pure che lanniversario non si riduca a retorica sabauda». Chi lo attacca, come il finiano Andrea Ronchi, ministro per le politiche europee: «Parole senza senso». Chi vuole le sue dimissioni, come il Pdci.
Ma la risposta più di peso, anche se indiretta, arriva dal capo dei vescovi italiani. «Io spero - dice il cardinale Angelo Bagnasco - che lUnità dItalia sia nel cuore di tutti. Credo fermamente che sia opportuno partecipare con tutte le energie e nel modo più vario, ma con la consapevolezza che si tratta di un patrimonio generale». Le polemiche, secondo il presidente della Cei, sono incomprensibili: «Il bene comune deve essere la stella polare per tutti. La storia di questi 150 anni di Unità politica testimonia in modo inequivoco come anche nei momenti più difficili, certo non meno di quelli attuali, sia possibile conseguire accordi che per lunghi periodi consentono una convivenza civile di grande qualità. Lunica cosa che dobbiamo temere - afferma Bagnasco - è una cattiva ricerca storica, una propaganda ideologica, di qualsiasi segno, spacciata per verità storica». E guai, conclude, con questa «indifferenza verso le istituzioni», che «è una mancanza grave e crescente, e prelude alle più varie forme di frattura nel Paese che lo renderebbero incapace di affrontare le sfide che gli si presentano».
E Giorgio Napolitano, che oggi sarà a Quarto da dove partirono i Mille, ricorda «il grande contributo dei cattolici e della Chiesa per lUnità dItalia e per la Costituzione». Il capo dello Stato scrive proprio a Bagnasco, in occasione di una giornata di studi organizzata dalla Cei sullargomento, invitando tutti a «riconoscere la dimensione pubblica della religione».
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