Banche, soluzione senza sconfitti

Una situazione non semplice alla luce dei tassi di interesse

Banche, soluzione senza sconfitti
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Nella storia economica non si trova traccia del concetto di extraperdite per marcare le fasi più difficili dell'economia, in particolare di quella bancaria. «Parallelamente - osserva Antonio Patuelli, presidente dell'Abi - non possono esistere gli extraprofitti». Giusto, Patuelli ha ragione, e sebbene il concetto non sia nuovo, vale ribadirlo visto che dopo un anno il tema è tornato al centro del dibattito. Con l'identico scopo: un prelievo fiscale extra a carico delle banche per gli utili eccezionali realizzati soprattutto per effetto dei tassi alti. Ovvio che il mondo del credito sia irritato, è un po' come cambiare le regole in corsa. Ma cosa dovremmo rispondere a quanti fanno notare che il ripetuto rialzo del costo del denaro - un danno grave per privati, imprese, conti pubblici - è l'anello finale di una catena di disastri e di anomalie che proprio nel sistema bancario (in particolare quello americano, ma non solo) ha i principali responsabili? Naturalmente non tutti i banchieri hanno le stesse responsabilità; anzi tra di loro ci sono non pochi benemeriti. Ma alla fine anch'essi beneficiano di questa pioggia munifica di utili prodotta da una dinamica perversa cui, è bene sottolineare, hanno contribuito anche le banche centrali con il loro bel carico di responsabilità. Sicché diviene difficile non condividere il ragionamento del ministro Giorgetti, che chiede a banche e assicurazioni un contributo aggiuntivo per evitare che l'eventuale onere dell'aggiustamento di bilancio ricada interamente sul contribuente. Naturalmente c'è modo e modo per chiedere questo sforzo aggiuntivo. Esattamente dodici mesi fa, con una operazione a dir poco maldestra il governo varò un decreto che colpiva direttamente gli utili delle banche oltre il dovuto, senza alcun preavviso o valutazione delle conseguenze. Un agire d'imperio che squassò il mercato, con i titoli bancari in caduta libera e gli interessi sul debito pubblico schizzati verso l'alto: mai cambiare le regole del gioco senza aver preventivamente informato i diretti interessati. È il peccato peggiore che si possa commettere agli occhi del mercato, e considerata l'entità del nostro debito pubblico è un peccato che non ci possiamo permettere. Ciò è talmente vero che quel decreto legge, per evitare conseguenze di lunga durata, è stato via via trasformato fino ad essere svuotato dello scopo primo per il quale era stato varato. In altri termini, non ha portato alcun beneficio alle casse dello Stato né ha prodotto alcun rafforzamento della struttura patrimoniale delle banche che non sia stato deciso dal management prima e indipendentemente dalla nuova norma. Sono rimasti però il danno reputazionale e il costo di quella rottura.

L'auspicio è che la lezione sia servita, cosa di cui abbiamo ufficiosa conferma viste le consultazioni in programma tra banchieri e vertici del ministero dell'Economia alla ripresa di settembre. Che l'imposizione avvenga attraverso il rialzo degli interessi a favore dei correntisti o in altro modo è materia che andrà valutata. L'importante che sia frutto della consapevolezza di tutti gli attori.

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