L’anatocismo si è guadagnato gli onori delle cronache anche a causa dei tanti imprenditori che ne hanno denunciato i meccanismi facendo in modo che, nel 2004, la Corte di cassazione intervenisse per redimere la questione, facendo sì che la giurisprudenza lo vietasse al di fuori di certe condizioni.
Nonostante ciò, l’anatocismo è motivo di disaccordo tra clienti e istituti di credito anche perché, chi in passato lo ha contestato, si è trovato spesso al centro di diatribe che durano anni e, benché prima del 1999 il problema non fosse emerso con tutto il suo fragore, molti casi non sono ancora del tutto chiusi.
Cos’è l’anatocismo
È il fenomeno per il quale gli interessi vengono conteggiati nel computo di altri interessi. Per fare un esempio, il correntista bancario che fosse in rosso di 5.000 euro e pagasse in prima istanza 100 euro di interessi, il secondo calcolo degli interessi verrebbe fatto sulla cifra di 5.100 euro e non su 5.000, procedendo così nel tempo e quindi supportando un ulteriore aggravio.
L’ articolo 1283 del Codice civile ha sempre vietato l’anatocismo, almeno sul piano generale, disponendo che gli interessi possono maturare soltanto sul capitale e non sugli interessi maturati. Poiché il medesimo articolo cita che l’anatocismo è vietato fatti salvi gli usi contrari e, considerando che negli ambiti bancari è stato ampiamente usato, si è entrati in una sorta di circolo senza una chiara via di uscita. Questo fino al 1999 quando, al di là dell’uso continuato che se ne facesse soprattutto nei circuiti bancari, la giurisprudenza ha cominciato a metterne in forse la liceità.
Negli anni a seguire hanno preso piede diverse interpretazioni le quali, dando alcune volte ragione ai clienti e altre volte alle banche, hanno contribuito a creare confusione.
Cos’è successo a partire 1999
Il decreto legislativo 342 del 4 agosto 1999 ha tentato di tirare una linea tra i rapporti bancari esistenti e quelli futuri, delegando al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr) il compito di stabilire le modalità e i criteri per i quali fosse legittima la produzione di interessi sugli interessi maturati, purché venissero conteggiati nello stesso modo e con la stessa periodicità sia per gli interessi passivi sia per quelli attivi (ovvero sia per i conti con un saldo a favore delle banche, sia per quelli con un saldo a favore dei clienti).
Il Cicr ha provveduto in questo senso con la delibera del 9 febbraio 2000 e si è quindi stabilito un regime per il quale le capitalizzazioni (ovvero il calcolo degli interessi sugli importi comprensivi di interessi) avvenute prima del 9 febbraio 2000 erano sanate ma che, nello stesso tempo, i contratti stipulati prima di tale data potessero continuare ad applicare l’anatocismo purché rispettando le norme contenute nella delibera stessa. Concetto che è rimasto indigesto alla Corte costituzionale la quale, con la sentenza 425 del 17 ottobre 2000 ne ha dichiarato l’incostituzionalità.
Quindi, dopo un lungo dialogo tra le parti e l’intervento delle autorità preposte, si è ritornati praticamente al punto di partenza facendo però un passo in avanti: l’anatocismo è rimasto legale a patto però che fosse considerato con la stessa periodicità anche sui conti correnti con saldi positivi.
Cosa è successo tra il 2004 e il 2016
Il dibattito non si è placato, tant’è che la Cassazione, con sentenza 21095 del 4 novembre 2004, ha stabilito che tutte le pratiche anatocistiche – quindi anche quelle antecedenti al 1999 – fossero da ritenersi nulle perché attuate in violazione dell’articolo 1283 del Codice civile.
Il 27 dicembre del 2013 è stato modificato l’articolo 120 del Testo unico bancario (Tub) e l’anatocismo è stato eliminato del tutto a partire dal primo gennaio del 2014. Le discussioni sono però continuate a causa della scarsa chiarezza di alcune definizioni riportate nel Tub al quale, nel 2016, sono state apportate ulteriori modifiche dando forma a un anatocismo subordinato al consenso del cliente. In altre parole l’anatocismo è possibile soltanto se previsto nel contratto e viene calcolato una volta l’anno e non trimestralmente o mensilmente.
In linea generale, così come spiega la Banca d’Italia, l’anatocismo è vietato e valgono queste regole:
- Gli interessi passivi maturati non devono produrre altri interessi
- Gli interessi passivi e attivi vanno calcolati con la medesima periodicità
- Il periodo del conteggio degli interessi non può essere inferiore a un anno e avviene di norma il 31 dicembre anche nel caso di contratti stipulati durante l’anno solare
- Gli interessi passivi calcolati al 31 dicembre sono dovuti al primo marzo dell’anno successivo.
La Banca d’Italia fornisce anche delle note per i clienti, affinché siano informati dei propri diritti.
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