Il fango non ha orari. Le 6 del mattino sono un'ora come un'altra per iniziare a spalare. Così le prime telefonate a Radio Padania arrivano dal Veneto, in un fiume di «mona» arrabbiato come la piena di questi giorni, straripamenti e allagamenti e morti e migliaia di famiglie sul lastrico, ché pure le bestie sono affogate qui. Parlano di Gianfranco Fini, però, all'alba su Onda Libera. Il collegamento col leader Fli è presto fatto: «Noi siamo qui a spalare m... e quello arriva con le sue balle da prima Repubblica, è il peggio!» s'infuria Vittoriano.
C'è altro. C'è che Fini non ha lesinato critiche all'impronta filo leghista del governo, confermando così i sospetti di aver «messo in piedi questa manfrina solo per bloccare il federalismo», come annota anche Luca Rodolfo Paolini, deputato e segretario nazionale delle Marche. «Ha detto che Tremonti per noi è sempre pronto col bancomat: proprio in questi giorni, col Veneto in questa crisi, se lo poteva evitare!», «è chiaro che i poteri romani si sono mossi per scatenare questo casino e fermare la riforma».
La recriminazione è chiara: «Se solo Silvio avesse ascoltato l'Umberto! La via maestra è quella del voto anticipato e Bossi gliel'aveva già indicata prima dell'estate, a Berlusconi». L'opinione di Marta è quella dei più, annota Matteo Salvini, che conduce la prima parte della diretta. «Ma perché ha aspettato tanto? Silvio doveva cacciarlo subito» ruggisce Livia di Albizzate. Invece eccoci qui, «con quelli del Fli che in Parlamento tessono la tela di Penelope, invece di dire sì o no temporeggiano e lasciano il federalismo impantanato».
Tema conduttore, il fango. Quello che «noi ci spaliamo senza aspettare lo Stato, perché ci fosse un Tg che parla del Veneto, tutti a dire di Pompei, Napolitano che lì sì, è subito intervenuto, e noi a rimboccarci le maniche da soli». Quello che però, dice il popolo leghista, adesso deve fare da detonatore. A fine giornata la linea è tracciata. Che a chiamare sia la sciura milanese oppure il quarantenne da «Piemont liber», il consiglio non cambia: «Dobbiamo farcelo da noi il federalismo fiscale, se aspettiamo il resto d'Italia non ce lo daranno mai». La via, dicono al telefono o via sms, passa proprio dal Veneto, dove il governatore leghista Luca Zaia supportato dagli industriali locali ieri ha minacciato la rivolta fiscale: «Ora che Fini ha scoperto le carte, ora che è chiaro che il federalismo per via democratica non ce lo daranno, la Lega se la sente di far dilagare l'incendio veneto in tutto il Nord?» chiede Giorgio da Gallarate. Concorda Anna da Padova: «Il disastro veneto nell'indifferenza nazionale deve essere la prima scossa, il cortocircuito che libererà la Padania». Claudio da Milano dà la stura ai forconi: «Mi meraviglia che la Lega ancora pensi che il federalismo, anche se annacquato, si possa ottenere gandhianamente».
Il resto è «l'incapacità e l'imbarazzante insipienza di Fini», con Dario Galli il presidente della provincia di Varese, la «gente del Nord che laùra e paga», Sergio da Brescia che dice: «Fini chiede le dimissioni, però lui mica le dà: a Perugia c'era il cognato che abita a Montecarlo?».
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