Basket, Mps Siena è sul tetto d'Italia Ma Cantù la fa sudare

La Montepaschi conquista il quinto tricolore consecutivo: non accadeva dal ’54. Hairston, Zisis e McCalebb decisivi. I brianzoli sfiorano il pari all’ultimo secondo

Basket, Mps Siena  
è sul tetto d'Italia 
Ma Cantù la fa sudare

Il sesto scudetto di Siena, il quinto tricolore consecutivo esce da una miniera dove la Bennet Cantù ha custodito gelosamente il segreto del gioco e della vita sportiva fino all'ultimo secondo. Una battaglia di testa e di tattica. Vince Siena 63-61. Lo deve alla sua forza di squadra, al senso del gioco di Zizis, all'arte raffinata di Hairston, ma è Shaun Stonerook che fotografa la conclusione correndo alla fine, quando Cantù recupera il rimbalzo su tiro libero volontariamente sbagliato da Markoishvili fallendo però il tiro del pareggio, verso Trinchieri e quello che sussurra all'orecchio del valoroso avversario sconfitto placa tutto: i vincitori concedono ai vinti ben più dell'onore delle armi. Una finale intensa, con tante palle perse e tanti piccoli grandi eroi. La stagione si chiude con la vittoria dei più forti davanti alla squadra più bella che potessero battere.

La testa prima di tutto il resto. Cantù entra nella sfida decisiva camminando, ma vedendo l'avversaria con le mani staccate dal manubrio per un arrivo trionfale, infila le mani fra i raggi della bicicletta dei campioni e li fa cadere: 10-0 per gli sfidanti dopo 4'20". Zizis segna il primo canestro senese dopo 6'20". Guardi e non ci credi. Ma Micov è un artista che danza a ritmi bassi, Scekic la sua spalla d'oro. Siena prova ad accelerare, ma al primo riposo ha la bocca secca: 8-12. La missione impossibile di Cantù diventà l'incubo di chi pensava di avere tutto e subito. Hairston rimette in moto Siena. McCalebb (premiato come miglior giocatore della serie finale) va dove Cantù soffre di più. La rimonta è costruita sulle palle recuperate (10), ma il dominio a rimbalzo di Cantù lascia Pianigiani senza saliva: 10 a 24. Lavrinovic per il 24 pari dopo 20'. La Bennet è libera, non è se stessa, ma la metamorfosi tattica la rende bellissima. Siena è incatenata

Cercare la verità fra i misteri di gara cinque a Fontebranda, dopo una passeggiata storica nella notte da piazza della Lizza a quella del Campo, dove la Mens Sana ha battezzato una squadra completamente nuova rispetto alle quattro che hanno dominato le ultime stagioni. Non erano sicuri nemmeno Minucci, il capitano, la mente, e Pianigiani, l'architetto, di poter dominare ancora, proponendo come favorite altre squadre, ma forse soltanto per dare coraggio ad una concorrenza che si è dissanguata sperperando e non costruendo quasi nulla, a parte Cantù, ovviamente, e Treviso, prima dell'ustionante divorzio dalla famiglia Benetton.
Il mare si è aperto di nuovo per il principe Pianigiani quando ha capito che le accelerazioni di McCalebb avrebbero dato una dimensione diversa al suo gioco, quando si è reso conto che il Kaukenas restituito in pezzi dal Real Madrid non era poi un rottame, nel momento stesso in cui ha parlato con Shaun Stonerook e lo ha trovato poetico e feroce come nel primo giorno a Siena, ispiratore per chi c'era già come Zizis o Lavrinovic, fonte inesauribile per i nuovi come Moss , Rakovic, il Marko Jaric riscoperto in coppa e poi Malik Hairston.

Insieme Pianigiani e Stonerook sono arrivati al quinto scudetto consecutivo, loro e Carraretto che rappresenta l'anima italiana di un gruppo che quest'anno li ha utilizzati spesso i giocatori della nostra scuola, da Ress, ormai veterano, ai nuovi Michelori ed Aradori, buon segno se pensiamo che fra un mese comincia la marcia dell'Italia di Simone verso l'Europeo.

Per la verità anche nel primo scudetto quello del 2003-04 c' era, come prezioso vice di Carlo Recalcati, il Pianigiani che ora potrà dedicarsi totalmente al palio del 2 luglio dove la sua Lupa vorrebbe strapparsi la cuffia della nonna che spetta alle contrade senza vittorie per troppo tempo.

Eguagliato il record di scudetti consecutivi della Borletti di Cesare Rubini (1950-54), 15° trofeo per un allenatore nato nel 1969, 4 meno del grande triestino, gli stessi di Messina anche se a lui

mancano i trionfi europei degli altri due giganti ed è forse questo che lo angoscia se dovesse cambiare strada perché questa squadra ha respiro per le grandi competizioni, forse più delle altre che hanno fatto il poker.

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