Questa estate torrida regala agli amanti della palla nel canestro uno degli appuntamenti più sentiti, quello con il mondiale di basket. Il fuso orario consentirà di guardare le partite degli Azzurri in orari decenti ed i veri appassionati potranno seguire le partite di alcune nazionali davvero interessanti. Favoriti? Ovviamente gli Stati Uniti ma non in maniera così scontata come qualche anno fa. Lo sport più americano ha fatto enormi passi avanti nel resto del mondo, tanto da ridurre la voragine che separava i fenomeni della Nba da tutti gli altri. C’è chi parla di progresso ma a chi ha vissuto l’epopea dell’età dell’oro del campionato più bello al mondo fa un po’ di tristezza. L’elenco delle superstar che hanno deciso di saltare il mondiale è lunghissimo, anche se gli Usa sono reduci da una pessima figura nell’ultima edizione. Di solito, ogni qual volta le prendevano, gli Stati Uniti mettevano in campo i pezzi da novanta, demolendo tutto e tutti. La mente non può che correre al primo, inimitabile Dream Team, quello di Barcellona ‘92, capace di mostrare a tutti che il basket era ancora “roba loro”.
A rendere unica quella squadra fu il fatto che per la prima volta giocavano insieme due superstar la cui rivalità aveva fatto la fortuna della Nba, trasformandola in una gallina dalle uova d’oro. Eppure, quando incrociarono le spade per la prima volta, le finals della Nba andavano in onda in differita, segno di un malessere profondo. Ci volle la loro rivalità, l’essere tanto diversi ma, in fondo, complementari per trasformare la Nba nella lega che definì gli anni ‘80. Non molti, però, conoscono le circostanze del loro primo incontro e di come il risultato a senso unico diede il via alla faida più spettacolare della storia della pallacanestro. Ecco perché questa settimana “Solo in America” vi porta a Salt Lake City per raccontarvi la prima, spettacolare puntata della sfida infinita tra le due stelle più brillanti del basket, Larry Bird ed Earvin ‘Magic’ Johnson.
Le radici dell’odio
Nel corso di due carriere davvero irripetibili, le due superstar che avrebbero definito le franchigie più iconiche della Nba si sarebbero affrontate tantissime volte, sia nella regular season che nei playoff, dando vita ad alcune tra le partite più memorabili della storia del basket. Quella che si giocò nella capitale dello Utah il 26 marzo 1979, nelle finals del torneo Ncaa, sicuramente non merita di entrare nella classifica delle gare più spettacolari della March Madness ma fu una tra le più seguite di tutti i tempi. La differenza, manco a dirlo, la fecero le stelle delle squadre in campo, due predestinati che avevano già fatto perdere il sonno alle franchigie della Nba. In tutta America si parlava di come il talento di Michigan State fosse capace di fare qualsiasi cosa con il pallone, dominando in lungo e in largo. Chi, invece, aveva avuto occasione di vedere le partite di Indiana State, aveva imparato a rispettare lo spirito indomabile e la precisione ultraterrena di quel ragazzone che giocava con una tigna irripetibile.
La partita attirò un’attenzione spasmodica da parte dei media, ansiosi di capitalizzare al meglio le infinite discussioni che mettevano di fronte i sostenitori di due campioni che non sarebbero potuti essere più diversi. Magic era unico, rideva sempre, era fantasioso, un po’ eccessivo, amante delle luci della ribalta. Larry era l’opposto: serio, arcigno, determinato fino all’eccesso, capace di una cattiveria agonistica mai vista. Quando, però, vedeva il canestro, difficilmente toccava il ferro: l’allenatore degli Spartans Jed Heathcote ammise che si aspettava che “ogni tiro di Bird andasse a segno. Più che difenderlo, pregavamo che non fosse in serata”. La stella dei Sycamores, arrivati alle finals imbattuti, fino a quel momento era sembrata davvero infallibile ma non si era mai trovato davanti uno come Magic Johnson. Non giocò affatto male, mise 19 punti e 13 rimbalzi, ma a trionfare fu la stella del Michigan. Larry se la legò al dito: “Non si superano cose del genere, fanno troppo male. Sapevo prima di entrare in campo che avrei dovuto giocare la partita della vita. Non ne fui in grado, delusi le aspettative di tutti”. Perdere in finale dopo una stagione perfetta era successo solo un’altra volta nella storia della Ncaa ma a fare notizia fu il fatto che i due migliori prospetti degli ultimi anni non si stessero affatto simpatici. Larry Bird e Magic Johnson si odiarono per molti anni, impersonando la profonda inimicizia tra i Celtics di Red Auerbach, signori e padroni della Nba e gli ambiziosi Lakers di Jerry Buss, alfieri del basket spettacolo.
Mai rivalità fu allo stesso tempo sentita e positiva per lo sport: fu proprio grazie alle sfide tra i Verdi ed i giallo-viola che la lega professionistica riuscì ad uscire dalla crisi e dominare il panorama sportivo degli anni ‘80. La cosa più bella, in fondo, è che non c’era niente di artefatto: quei due mostri non si potevano soffrire. Nella sua autobiografia “When the Game was Ours”, Larry Bird ammette che “cercavamo di batterci anno dopo anno. La gente non faceva che metterci a confronto. Io volevo quello che aveva lui, la fama, la popolarità ma soprattutto volevo vincere. Mi rifiutai di conoscerlo perché sapevo che mi sarebbe stato simpatico. Non potevo permettermelo. Per batterlo in campo doveva starmi antipatico”. Un’inimicizia nata proprio quel 28 marzo, quando i favoriti per il titolo Ncaa dovettero tornare in Indiana con la coda tra le gambe.
Il primo grande scontro
A guardarsi indietro fa impressione come una delle partite più memorabili della storia della pallacanestro non abbia offerto un grande spettacolo. Il basket universitario aveva visto una serie di partite ben più emozionanti ma il pubblico non se ne andò deluso. Erano venuti per vedere due dei talenti più grandi ad aver mai giocato a basket, un ragazzo di una famiglia working class della bruttarella città di Lansing ed uno spilungone bianco che veniva da una cittadina sperduta nelle campagne dell’Indiana del sud. L’Ncaa era in un momento di transizione, prima che le finals di marzo fossero portate a 24 squadre, dopo l’era Wooden. La cosa più sorprendente, in sostanza, fu che i favoritissimi Sycamores vennero ridotti ai minimi termini dalla difesa degli Spartans, rendendo meno devastante del solito l’immenso talento di Larry Bird. La zona di Michigan era stata messa a punto il giorno prima in allenamento, quando era stato proprio Magic a prendere il posto del rivale. I 15000 spettatori uscirono dal palazzetto sicuri di una cosa: di quei due mostruosi talenti avrebbero sentito parlare parecchio. Invece di prendersi i riflettori tutti per sé, come facevano le stelle della Nba in quegli anni, Bird e Magic giocavano in maniera diversa. A loro importava solo una cosa: vincere.
Magic disse qualche anno dopo che la partita fu memorabile perché “giocavamo in maniera efficace, non per le statistiche ma per la squadra. Eravamo due tipi strani, alti ma capaci di palleggiare, segnare dal pitturato, da fuori, trovare il passaggio giusto. Non ci interessava segnare parecchi punti ma solo vincere. Il fatto poi che uno di noi fosse nero e l’altro bianco, che uno sorridesse sempre mentre l’altro fosse sempre serio certo ci ha aiutato”. In fondo, questi due talenti tanto diversi, non solo si rispettavano ma la pensavano allo stesso modo. Larry Bird ammise che “giocare contro Magic fu il massimo per me, visto che avevo finalmente trovato qualcuno che pensava e giocava a basket come si deve, nella maniera giusta”. Quel lunedì sera le squadre avevano avuto percorsi molto diversi: Michigan State aveva avuto una crisi a gennaio, perdendo male contro Northwestern mentre Indiana State, la cenerentola della conference, era stata trascinata da Bird a 33 vittorie e zero sconfitte. Nella vittoria di misura contro DePaul, Bird aveva messo una partita incredibile: 35 punti, 16 rimbalzi, 9 assist, abbastanza da far preoccupare anche un eterno ottimista come Magic. “Come fermare Larry Bird? Non avevamo mai visto un giocatore del genere”.
Il talento dell’Indiana sapeva di dover trascinare i suoi ma la zona di coach Heathcote lo frustrò per tutta la partita: “mi coprivano bene, raddoppiavano in maniera sistematica, non potevo giocare”. Insomma, non ci fu mai partita: il piano di Michigan State funzionò in pieno, garantendo agli Spartans una comoda vittoria di 11 punti, una delusione atroce per chi si sentiva già l’anello di campione al dito. Quando nel 2013 Indiana State decise di dedicare una statua a Larry Bird, il campione dei Celtics ammise di non aver mai rivisto quella partita e di non averne la minima intenzione: “So come è andata a finire”. Magic Johnson non riuscì a trattenersi da una delle sue solite battute fulminanti: “Non c’è problema, l’ho riguardata talmente tante volte da bastare per entrambi”. Subito dopo, però, il talento di Lansing ammette che “senza Larry Bird non ci sarebbe stato un Magic Johnson”, un’ammissione non da poco per un tipo come lui, cui certo non fa difetto l’autostima. La rivalità più grande della storia del basket era appena nata.
La partita che fece la NCAA
Se nel corso degli anni ‘80 le sfide tra le due stelle più brillanti del basket avrebbero riempito le prime pagine dei giornali, fa impressione come il primo scontro tra questi due personaggi sia poco conosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli amanti del basket universitario. La cosa davvero memorabile è che quella storica partita ebbe un effetto incredibile sullo sport, tanto da rendere possibile l’esplosione della pallacanestro negli anni successivi. La finale tra Indiana State Sycamores ed i Michigan State Spartans è tuttora la partita di college basketball più vista della storia: la partita, trasmessa in diretta dalla Nbc fece ascolti spaventosi, 24,1. Negli anni ‘80, l’epoca d’oro della Ncaa, solo la sfida del 1985 tra Villanova e Georgetown si avvicinò ma senza riuscire ad intaccare il primato. Ora che i canali sono migliaia e l’attenzione del pubblico è continuamente distratta, numeri del genere sono quasi impensabili.
Len DeLuca, responsabile dei palinsesti della Cbs, intervistato dal Los Angeles Times, provò a mettere in prospettiva il dato: “due persone su cinque che avevano la televisione accesa quella sera stavano guardando la finale. Fu un salto epocale per il basket, il traino ideale per entrare negli anni ‘80”. Gli effetti sul basket universitario e, più tardi, sulla stessa Nba sarebbero stati devastanti. Quando nel 1982 la Cbs strappò i diritti della Ncaa alla Nbc fu costretta a pagarli il triplo. Da quel momento in avanti, ogni volta che vennero ridiscussi, i network a stelle e strisce furono costretti a pagare cifre sempre più importanti: 96 milioni nel 1985, 166 nel 1988 e così via. Il boom fu alimentato anche dalla crescita verticale delle pay tv via cavo ma senza la sfida del 1979 nessuno sarebbe stato così pronto ad investire cifre importanti. Il telecronista Al McGuire ricorda come “il college basket era già sulla rampa di lancio ma ci volle la sfida tra Bird e Magic per farlo decollare davvero”. Fu davvero la tempesta perfetta: due stelle tanto diverse, la sfida tra la dominatrice della Big Ten e la piccola università di Terre Haute, fornirono una serie di chiavi di lettura irripetibili. “Fu come mettere assieme il Fantasma dell’Opera, Via col Vento e le Olimpiadi”.
Il producer della Nbc Don Ohlmeyer, se la prese con un suo assistente che aveva preparato un servizio su Bob King, l’allenatore di Indiana State che si era dimesso prima dell’inizio della stagione. Il telecronista ricorda come “non sapesse niente di basket ma sapeva cosa voleva il pubblico americano. La vera storia era la sfida tra Bird e Magic”. McGuire è convinto che quella partita fece bene al basket: “resero sexy i passaggi. Fino a quel momento, le prime pagine se le guadagnavano gli schiacciatori. Loro dimostrarono che potevi giocare per la squadra e diventare comunque una star”. Una lezione che il basket mordi-e-fuggi dei nostri tempi distratti farebbe bene ad imparare...
Magic contro Bird, i numeri
Da lì in avanti, parlare di basket senza citare una delle due superstar più indimenticabili sarebbe stato praticamente impossibile. La Nba degli anni ‘80 fu dominata in lungo e in largo da Magic e Bird, in maniera impensabile ai nostri giorni. Tra il 1980 e il 1989 solo per due volte il titolo non finì al Fabulous Forum o al Garden, con i gialloviola a vincere il duello per 4 a 3, grazie alle imprese dei Sixers nel 1983 e dei “Bad Boys” di Detroit nel 1989. I tifosi dei Verdi fanno notare come i tre titoli di Mvp consecutivi di Bird dal 1983 al 1986 abbiano fatto la storia ma i sostenitori dei Lakers fanno notare come lo stile di Magic fosse inimitabile. Si potrebbe discutere all’infinito ma, per fortuna, i colleghi di Sporting News, a suo tempo, provarono a tradurre in numeri la sfida infinita tra le due superstar. Delle loro sfide ricordiamo solo quelle nei playoff ma Johnson e Bird si incrociarono ben 18 volte nella regular season, gare sentitissime che facevano ascolti da record e, di solito, vedevano trionfare i Lakers. I gialloviola vinsero 11 volte, trascinati da un Magic ispirato, ma il confronto in quanto a statistiche non sorride al talento del Michigan: Larry Bird mise due punti in più (21,7 contro 19,4), quattro rimbalzi in più ed una percentuale da 3 punti decisamente superiore (47,4 contro 31,6). A vantaggio di Magic, però, gli assist: 11,5 contro i 6,5 dell’alfiere dell’Indiana. Tra le gare più memorabili, quella del 15 dicembre 1989, quando Magic Johnson mise ben 21 assist: solo il grandissimo John Stockton avrebbe avuto più partite con più di 20 assist nella sua carriera. Larry Bird rese il favore all’amico-rivale il 15 febbraio 1991, quando si incontrarono per l’ultima volta nella regular season: fu l’unica volta che riuscì a mettere a referto un triple double, impresa non male, visto che aveva la schiena a pezzi.
Anche se ce li ricordiamo sempre assieme, impegnati a darsele di santa ragione, in realtà Larry Bird e Magic Johnson si affrontarono solo 19 volte nei playoff, in tre serie di finale. Bird vinse nel 1984 mentre Magic riuscì a portarsi a casa le altre due, nel 1985 e 1987. Il verdetto delle statistiche è però diverso: nonostante le 11 vittorie ad 8 dei gialloviola, fu il capitano dei Celtics a mettere più punti (25,3 a 20,7) e rimbalzi (11,1 a 7,5). Magic dominò ancora nel conto degli assist (13,5 a 4,6) e nelle percentuali dal campo (53,3 a 46) con Larry che si conferma più preciso dall’arco e dalla lunetta. Le gare più memorabili? Gara 4 delle Finals 1984, con l’incredibile prestazione di Larry Bird, che chiuse con 29 punti e 21 rimbalzi: solo altri sei ali grandi nella storia della Nba hanno chiuso una partita delle finals con un 20-20. Gli amanti dei Celtics ricorderanno poi gara 7, con il primo titolo dopo l’era di Bill Russell con l’ennesimo double-double di Larry Bird, cui risponderà Magic tre anni dopo in gara 2. Quel giorno Magic fu incontenibile, mettendo 22 punti e 20 assist: secondo il sito Basketball Reference, Johnson è l’unico giocatore nella storia dell’Nba ad essere riuscito in un’impresa del genere. Come dimenticare poi il gancio cielo a fil di sirena in gara 4 nel 1987, uno dei momenti più memorabili della carriera di Magic.
Anche i numeri, però, non riusciranno a mettere la parola fine alla discussione. C’è chi dice che i Lakers erano nettamente superiori e, in effetti, i quintetti dei gialloviola erano una collezione di talenti incredibile. I tifosi dei Verdi ricordano come Bird fosse stato perseguitato dagli infortuni per buona parte della carriera e che quindi i suoi numeri valgono di più ma, in fondo, non è che cambi molto. Chi era giovane in quegli anni ha avuto la fortuna di crescere guardando in azione due dei talenti più grandi di sempre. Quando scendevamo noi sul parquet lo spettacolo non era certo al loro livello ma, almeno, potevamo sognare in grande. Fu in quegli anni irripetibili che la Nba costruì le fondamenta del suo mito, diventando il parco giochi più bello del pianeta. Se il basket moderno, quello dei campioni influencer, della politica infilata in ogni angolo, delle scelte furbette vi fa venire tristezza, fatevi un giro su Youtube e guardatevi uno degli scontri tra Lakers e Celtics. Fatelo vedere ai vostri figli, anche se non gli va. Almeno per il sottoscritto, quello rimane il basket vero, quello che ci faceva sognare.
Diranno che è roba da boomer ma, alla fine, se ne innamoreranno anche loro. Magari non servirà a far sparire il basket di plastica dei nostri giorni ma, se non altro, vi farà bene al cuore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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